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 2009  aprile 22 Mercoledì calendario

LE NUOVE CROCIATE DELLA BELLEZZA ETERNA


Lei si chiama Irena, sinonimo di pace, ma oggi il suo nome suona negli States come un grido di battaglia. L’ex top model dalle curve pronunciate, bionda consorte del magnate di Hollywood Mike Medavoy, da qualche tempo è diventata la Giovanna d’Arco di tutti quelli che sono inciampati nella corsa per l’eterna giovinezza.
Irena è l’ultima sirena della bellezza mal riuscita, della lotta contro i filler-killer, i lifting e gli interventi di estetica che invece di abbellire devastano. Attrice, primadonna del jet set, Irena ha incrociato le armi con l’Allergan, colosso produttore del botox, ricavato dalla tossina botulinica, detta anche ferro da stiro per la sua capacità, paralizzando i muscoli, di spianare grinze e rughe.
Il bel veleno oggi domina incontrastato alla Mecca del Cinema sovraffollata di attori con la faccia alla Tutankhamon (guardare per credere Marcia Cross, la fredda Bree Van De Kamp di «Desperate Housewives», Sarah Jessica Parker, Nicole Kidman e infiniti altri ancora). Amatissima da milioni di aficionados disseminati in tutto il globo, la tossina - in America è stata consumata da 8 milioni di persone con vendite per 650 milioni nel 2004 e per un miliardo e rotti nel 2007 - è stata iniettata in ben 86 dosi sul collo e sul cuoio capelluto della Medavoy. Per curarla dall’emicrania, le è stato detto. Il mal di testa però è aumentato, l’attrice è stata colpita da problemi respiratori, febbre, dolori muscolari.
Così ha portato in tribunale la casa produttrice e il suo medico per non essere stata informata delle possibili conseguenze. Irena ha perso la causa ma ha dato voce all’altra faccia del lifting e dintorni: al cinquantenne avvocato che ha versato al dermatologo mille e 800 dollari per visita, ed è rimasto per mesi con un sopracciglio su e uno giù; all’agente di spettacolo che a Los Angeles ha trascorso settimane in clinica senza deglutire dopo una microinfiltrazione nel collo; all’attrice di soap con la turgida bocca semiparalizzata.
Oggi il numero delle vittime che traslocano dal ritratto di Dorian Gray a quello di Frankenstein, è in gran crescita: a denunciarlo è la giornalista del «New York Times» Alex Kuczynski nell’esplosiva inchiesta «La Bella & la Bestia» (Elliot editore) dove racconta tutti i risvolti nascosti dello squilibrato universo che promette «bellezza eterna», come recita il sottotitolo del libro.
Ci vuol poco per mutare da «bella» in «bestia», avverte la saggista: il rischio lo si corre, per esempio, in uno dei diffusissimi safari chirurgici dove vengono offerti pacchetti-viaggio di bellezza low cost, all’insegna del «vai, ti rifai e torni».
A ciascun paese la sua specializzazione e anche la sua incognita: liposuzione in Brasile, cambio di sesso in Thailandia, botox week end in Giamaica con possibilità di trombosi al ritorno, infezioni, scarsa assistenza medica. Un viaggio-lifting può essere anche di sola andata. Come per la first lady nigeriana Stella Obasanjo che è volata in Spagna per un ritocchino. E non è più tornata.
Anche le manipolazioni estetiche considerate scarsamente invasive a volte chiedono contropartite: uno scotto si può pagare per il lifting russo (filo uncinato sotto gli zigomi), la restrizione dell’alluce per indossare stiletti di 12 centimetri, l’impianto di grasso autogeno (preso dal lato B e inserito nei solchi del viso), i denti a pressione (sorriso da Julia Roberts accompagnato da nevralgie e insonnia), le microiniezioni di acido ialuronico.
I guai possono prendere la forma, per esempio, di labbroni giganteschi - come per le attrici Jessica Simpson e Daryl Hannah - o di pustoloni sottocutanei (la deputata Pdl Margherita Boniver ha visto comparire sul suo bel viso bolle che l’hanno trasformata «nell’immagine di un babuino. Deturpata, oltre che ingannata»).
Anche liposuzioni, rinoplastiche, dermoabrasioni, incremento del seno, a volte praticati da medici sprovveduti, non lesinano brutti scherzi. A cui si aggiungono vagine dimezzate (dalla labiaplastica per ringiovanimento-rinverginamento), cosce sciancate, palpebre rovesciate, bypass gastrico che invece di far dimagrire procura osteoporosi e anemia.
Come reagiscono ai tanti imprevisti le case farmaceutiche produttrici del ben di dio che ci dovrebbe rendere perennemente appetibili? Esemplare l’Hynes Center di Boston, dove si riunisce la Società Americana di Chirurgia Plastica ed Estetica, che espone cateteri per antidolorifici, gel e pomate per cicatrici, fondotinta coprilividi, cucitrici per tenere ossa e carne viva e così via.
Che fare? Rinunciare? Il 51 per cento degli americani si dichiara insoddisfatto del proprio aspetto ed evidenzia che la cosiddetta «sindrome della bruttezza immaginaria» non si arresta. La domanda di chirurgia estetica si incrementa dell’11, 2 per cento all’anno, la spesa nel mondo, si aggira intorno ai venti miliardi.
A mali estremi, allora, estremi rimedi: ecco farsi largo la Undo Plasty, la cosiddetta chirurgia di ritorno. E’ questo il gran momento delle «riparazioni» e delle «risistemazioni». Rappresentano oggi il 20-25 per cento degli interventi estetici: in un via vai del tipo taglia-cuci-scuci e ricuci.