Miriam Mafai, la Repubblica 22/4/2009, 22 aprile 2009
ARMA ANTICA PAURA MODERNA
Un´arma antica, primitiva, impugnata dai popolani cantati dal Belli e disegnati dal Piranesi, è riapparsa da qualche tempo in mano ai romani.
Con un coltello è stato ucciso pochi giorni fa a Roma un padre di famiglia nel corso di una banale lite per un parcheggio. Qualche giorno prima un ragazzo di diciannove anni è stato accoltellato, a Roma, al Testaccio, da un ragazzo di due anni più giovane. Il sabato, a Roma, è la giornata tradizionalmente dedicata allo «struscio», alla passeggiata in centro. Gruppi di giovani e di ragazze arrivano in centro, occupano i pochi chilometri che vanno da Piazza Venezia a Piazza del Popolo per stare assieme, in gruppo, guardare e commentare le vetrine, mangiare gelati, spintonarsi. Sabato scorso, tra due gruppi di minorenni è scoppiata una rissa con parolacce e spintoni. Apparentemente niente di grave.
Per fortuna prima che passassero a vie di fatto sono stati bloccati da un paio di poliziotti. I due ragazzi, «di buona famiglia» osserva la polizia (ma cosa significa esattamente «di buona famiglia»? ) che si stavano fronteggiando nascondevano sotto il giubbotto un coltello a serramanico con la lama di una decina di centimetri. Capace di ferire e di uccidere.
E´ passato esattamente un anno da quando la coalizione di centrodestra si è insediata in Campidoglio. Ricordiamo tutti quella campagna elettorale, l´accusa irridente di «buonismo» che veniva rivolta alla precedente amministrazione e personalmente all´allora sindaco Veltroni. «Buonista», quindi pavido, incapace di combattere e sconfiggere la delinquenza dilagante in città.
E adesso? Quale il consuntivo del sindaco Alemanno dopo un anno di amministrazione? Nella nostra città la violenza non è diminuita. Al contrario. Sembra esplodere in continui episodi di aggressività contro gli immigrati (si vedano gli ultimi episodi a Tor Bellamonaca e in altre periferie). Non solo. Sembra evolvere verso forme di aggressività sempre più primitive e gratuite, improntate al gusto della irrisione e del divertimento a danno dei più deboli. E coinvolge uomini sempre più giovani, che sembrano voler scaricare così un rozzo, elementare primitivo bisogno di sfida. Il coltello, facile da comperare, facile da usare, è diventato in qualche modo il simbolo di questo desiderio di sopraffazione.
Nessuno di noi pensa, naturalmente, di dare ad Alemanno e alla sua amministrazione la responsabilità di questo inasprirsi e diffondersi della violenza. Ma credo che dovremmo non sottovalutare il fenomeno, individuarne le cause, e cercare insieme le misure idonee a combattere un fenomeno che rischia di infettare la nostra città, senza esclusione di quartieri, di ceti sociali o di gruppi di età.
Forse lo abbiamo sottovalutato. Ricordo a questo proposito la giustificazione esibita con disinvoltura da alcuni giovanotti autori, a Roma, di un paio di stupri all´inizio di quest´anno. «Volevamo divertirci» hanno detto. Certamente volevano «divertirsi» anche i ragazzi di buona famiglia che sabato cercavano la rissa al Corso nascondendo nei giubbotti i loro preziosi coltelli a serramanico.
Viviamo in una società che riconosce come vincente il più aggressivo, il più violento, che irride al più debole, al più mite, al più fragile. Abbiamo bisogno di un´altra cultura. Le misure più severe recentemente adottate contro le violenze alle donne e lo stalking vanno già in questa direzione. Ma abbiamo bisogno anche di genitori che non siano pronti, come spesso oggi accade, a giustificare gli errori le colpe le violenze piccole o grandi dei loro ragazzi. Abbiamo bisogno di una scuola che funzioni, che non liquidi come «ragazzate» gli atti di bullismo a danno dei più deboli. Abbiamo bisogno insomma di una cultura della mitezza, della pazienza, persino delle buone maniere. Se non vogliamo essere costretti a mettere il metal detector all´ingresso delle nostre scuole, se non vogliamo che siano a rischio anche le nostre passeggiate del sabato pomeriggio per le strade della e città.