Gian Antonio Stella, Corriere della sera 22/4/2009, 22 aprile 2009
ITALIANI A STRASBURGO: ASSENZE RECORD TRA I 20 PEGGIORI META’ SONO NOSTRI
L’ onore dell’Italia in Europa lo salva un tedesco. Si chiama Sepp Kusstatscher, è sudtirolese, fa parte del gruppo dei Verdi e su 270 sedute plenarie ne ha bucate 2.
Evviva. Su gran parte degli altri è meglio stendere un velo. Basti dire che tra i primi cento eurodeputati più presenti a Strasburgo i nostri sono 3.
Meno di un terzo dei tedeschi e degli inglesi, un quinto dei polacchi.
In compenso, sono nostri 10 dei 20 più assenteisti. Da arrossire.
I dati sono stati raccolti da Flavien Deltort, un giovane assistente che, dopo avere lavorato in passato con Marco Pannella, si è messo cocciutamente a raccogliere uno dopo l’altro tutti i documenti ufficiali a disposizione. Con l’intento di metterli on-line. Un lavoro certosino. Interminabile. Deciso per supplire alla riluttanza dimostrata dall’Europarlamento nel fornire i dati che potrebbero consentire ai cittadini dell’Unione di vedere come lavorano i loro rappresentanti a Bruxelles e a Strasburgo.
Riluttanza confermata nell’ottobre scorso quando il radicale Marco Cappato chiese ufficialmente, per avere infine un panorama chiaro, le tabelle delle presenze di tutti gli europarlamentari. Richiesta respinta dal segretario generale Harald Rømer, che gli spiegò: lei, come deputato, può chiedere solo i dati suoi. E basta: «Non esiste alcun documento consolidato che riporti il numero totale di presenze per Deputato alle diverse riunioni ufficiali» e il regolamento «non obbliga in alcun modo le Istituzioni a creare documenti per rispondere ad una richiesta».
Una scelta da più parti contestata. E corretta tre mesi fa, nelle intenzioni, dal voto di una risoluzione presentata dallo stesso Cappato e approvata dall’assemblea a larga maggioranza: 355 a favore, 18 astenuti e 195 contrari, tra i quali quasi tutti i membri del Popolo delle libertà. Si trattava solo di una dichiarazione d’intenti. Ma esplicita: impegnava infatti l’assise continentale a «varare, prima delle elezioni europee del 2009, un piano d’azione speciale per assicurare sul proprio sito web, ad esempio nel quadro dell’iniziativa e-Parlamento, una maggiore e più agevole disponibilità di informazioni ». Ci si arriverà davvero? Difficile. Anzi: ormai, agli sgoccioli della legislatura, sembra praticamente impossibile. Peccato. Perché solo quei dati ufficiali potrebbero spazzare via polemiche, contestazioni e accuse di assenteismo e «fannullonismo » che si trascinano da anni un po’ in tutti i paesi. Ma soprattutto in Italia.
Basti ricordare, tra i tanti, lo studio dell’Università tedesca di Duisburg che nel 2004 accertò come nella legislatura che si chiudeva, la presenza italiana alle sessioni di voto fosse stata del 56,2%, contro l’80,9 dei greci o l’ 82,5% dei tedeschi.
Capiamoci: non c’è stata occasione in cui i dati siano stati accettati senza rivolte corali. «Non contano le presenze alle assemblee plenarie, conta il lavoro in commissione!». «Non conta il numero degli interventi in aula, conta il loro peso politico!». «Non contano le interrogazioni in aula, contano i risultati che si ottengono magari con un solo dossier!». Per carità, osservazioni legittime. Come è legittima la prudenza nel maneggiare lo studio dal quale attingiamo i dati di oggi. La sostanza delle cose, però, è inequivocabile.
Prendiamo il lavoro nelle commissioni. I deputati che ne fanno parte possono provare la loro presenza mettendo la firma su due diversi registri: quello della commissione o quello generale. Ma tra i due c’è una differenza sostanziale. Il primo è pubblico e consultabile (con un po’ di pratica) da tutti, il secondo no: segreto. Risultato: ogni parlamentare beccato con un numero di presenze basso può sempre cavarsela giurando di avere partecipato molto più di quanto risulti.
Anche a prendere i numeri con le pinze, però, ci sono domande che non trovano risposta. Come è possibile che pur avendo l’Italia un decimo dei seggi europei (78, come la Francia e la Gran Bretagna: solo la Germania coi suoi 82 milioni di abitanti ne ha di più: 99) ci ritroviamo con soli 6 rappresentanti nella classifica dei 250 più presenti nelle varie commissioni? Come mai possiamo schierare solo Vittorio Prodi (345 presenze), Umberto Guidoni (270), Patrizia Toia (255), il solito Kusstatscher (195), Pia Elda Locatelli (192) e Pasqualina Napoletano (155) per un totale appunto di sei parlamentari contro 13 dell’Olanda (che ha poco più d’un terzo dei nostri seggi), 22 della Spagna, 26 della Gran Bretagna e addirittura 49 della Germania? Gli italiani che in questa legislatura fino al 31 dicembre scorso si sono avvicendati sulle 78 euro-poltrone (una girandola pazzesca, frutto del disinteresse che la nostra classe politica prova nei confronti dell’Europa, vista troppo spesso soltanto come fonte di stipendi e prebende e benefit spettacolari) sono stati 109: è un disguido se solamente 25 risultano fra i 500 (cinquecento!) deputati più presenti nelle commissioni? un disguido se su 921 euro-deputati transitati per Strasburgo in questa legislatura (anche negli altri paesi capita che alcuni scelgano di abbandonare, sia pure molto meno che da noi) quelli che risultano oltre la 800esima posizione sono addirittura 37 e oltre la 900esima ben 9? Quanto alle presenze alle sedute plenarie, come dicevamo all’inizio, la situazione è forse ancora più pesante. Non solo abbiamo solo tre parlamentari (Kusstatscher, Francesco Ferrari e Pasqualina Napoletano) tra i primi cento più assidui ma ne abbiamo soltanto 10 tra i primi trecento. Contro 17 spagnoli (che hanno ventidue seggi in meno), 25 britannici, 39 tedeschi. In compenso dominiamo le posizioni di coda, quelle oltre il 900esimo posto, con Fabio Ciani, Gianni De Michelis, Gian Paolo Gobbo, Armando Veneto, Alessandra Mussolini, Rapisardo Antinucci, Paolo Cirino Pomicino, Raffaele Lombardo, Adriana Poli Bortone e Umberto Bossi.
Qualcuno, come ad esempio Pomicino e Bossi, può invocare problemi di salute. Altri no.
«Pesati» i valori massimi e i valori minimi, i più presenti e i più assenti, i più loquaci e i più muti, i più attivi nel presentare interrogazioni e i più pigri, le tabelle offrono anche una specie di classifica finale. Da cui viene fuori che, tra i primi cento deputati europei, ne abbiamo otto. Con in testa, unica tra i primi dieci, Luisa Morgantini. Può bastare, insieme con la presenza di un po’ di «mediani » che fanno dignitosamente il loro lavoro, per consolarci?