Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 19 Domenica calendario

NICCOL ZANCAN

Stesso carcere, stessa casanza, come chiamano i pasti quelli che vivono dentro: farfalle in bianco, rolata di tacchino e un’arancia per pranzo. I fratelli Soria sono di nuovo vicini, come li ritiene vicini la Procura di Torino nel piano di distrazione di fondi pubblici per usi privati. Vicinissimi, anzi complici.
Il dirigente della Regione, Angelo, finanziava il professor Giuliano, appoggiandosi sul Premio Grinzane Cavour e altre società collaterali. Ora potrebbero quasi guardarsi dalle sbarre di un carcere, che fa paura solo a osservarlo da molto lontano.
Casa Circondariale Lorusso e Cutugno. Giuliano Soria è nel blocco E, entrando a sinistra, dove la comunità Arcobaleno si occupa del recupero dei tossicodipendenti. Lui però non incrocia nessuno. in isolamento per motivi di sicurezza. Cella singola al piano terra, piccola zona d’aria personale, sempre guardato a vista. Ha due tavolini, vicino al letto, pieni di libri che non legge: «Non ci riesco, non voglio vedere neppure i giornali. Mi manca invece il parlare con qualcuno».
Giuliano Soria sta fraternizzando con gli agenti della polizia penitenziaria che si alternano nella sorveglianza: «Sono qui ormai da trenta giorni - dice con voce pacata - quando è che mi fanno uscire?». Una risposta che nessuno, ieri pomeriggio, poteva dargli. Tuta blu, qualche chilo in meno, due cassette piene di biscotti ai piedi del letto e una piccola televisione quasi sempre accesa. Soprattutto per passare lunghe notti difficili: «Non riesco a dormire, soffro di insonnia». All’onorevole del Pdl Osvaldo Napoli, che durante un sopralluogo in carcere, proprio ieri pomeriggio, ha voluto sincerarsi delle sue condizioni, ha detto: « terrificante passare da una vita normale a questa vita qui. Non avrei mai immaginato di ritrovarmi in condizioni del genere». Le stesse che sta sperimentando il fratello Angelo, in queste ore. Il professore ha saputo dell’arresto dalla televisione.
Angelo Soria è rinchiuso in una piccola cella - anche questa singola e di massima sorveglianza - nella sezione nuovi giunti. Dove finiscono cioè tutti gli ultimi arrestati. Ieri dodici in tutto, su un totale di 1611 detenuti: spacciatori africani, piccoli rapinatori, disperati.
Angelo è il più solo. Non può vedere nessuno, a parte il legale di fiducia, Marco Scagliola. «Siamo stupiti per non dire sconcertati - spiega l’avvocato - riteniamo che l’arresto non fosse davvero necessario. Nei giorni scorsi Angelo Soria non ha visto nessuno, non ha parlato con nessuno. sempre stato buono e tranquillo. Non comprendiamo le esigenze cautelari».
Gli hanno tolto la cintura e le stringhe dalle scarpe, come vuole la procedura. Gli hanno lasciato i vestiti che si era scelto in fretta, quando venerdì sera alle 22, la Guardia di Finanza ha suonato alla porta della sua villetta di Castiglione d’Asti.
Tiene tutto in una piccola valigia gialla consumata dal tempo: magliette pulite, spazzolino da denti, poco altro. Aspetta. Studia le tre mila pagine dell’inchiesta che gli ha portato in cella il suo avvocato. Non ha ancora deciso se risponderà alle domande del gip, domani mattina, durante l’interrogatorio di garanzia. «Il mio cliente è stupito di trovarsi in questa situazione, ma studia le carte, resta sereno e fiducioso».
Il fratello Giuliano, intanto, nel blocco E aspetta anche lui: «Ho visto un uomo estremamente dignitoso - dice l’onorevole Osvaldo Napoli - è seguito con grande professionalità dalla polizia penitenziaria». Angelo e Giuliano, fratelli nella bufera.
Una storia di famiglia che sembra ripetersi. Come testimonia un ritaglio di giornale ingiallito. Primavera del 1979. C’era sempre la Finanza al lavoro, vino alterato e un’evasione fiscale di 4 miliardi e 525 milioni di lire. In carcere, all’epoca, era finita una signora che gestiva una piccola bottega in frazione Sant’Anna, nel comune di Costigliole d’Asti: Iolanda Beccaris, la mamma di Angelo e Giuliano.