Alessandro Alviani, La Stampa 19/4/2009, 19 aprile 2009
giusto che uno Stato spenda miliardi per salvare le banche che hanno acquistato titoli tossici ma lasci a mani vuote i cittadini che hanno puntato sugli stessi titoli? Hannelore Sporberg non ci ha pensato su due volte: non solo non è giusto, ma è addirittura incostituzionale
giusto che uno Stato spenda miliardi per salvare le banche che hanno acquistato titoli tossici ma lasci a mani vuote i cittadini che hanno puntato sugli stessi titoli? Hannelore Sporberg non ci ha pensato su due volte: non solo non è giusto, ma è addirittura incostituzionale. Così, a 68 anni, dopo aver perso metà del suo patrimonio in certificati-spazzatura firmati Lehman Brothers, questa pensionata di Monaco di Baviera è scesa in campo contro lo Stato tedesco, depositando un ricorso alla Corte costituzionale. Il suo obiettivo: essere «protetta», al pari di Commerzbank o Hypo Real Estate, dal fondo salva-banche di quasi 500 miliardi varato in autunno da Berlino. Come gli istituti possono dirottare i loro titoli tossici in quel fondo, argomentano i suoi avvocati, anche i privati caduti nella stessa trappola devono poterlo fare. Del resto l’articolo 3 della Costituzione federale parla chiaro: «tutti i cittadini sono uguali». Nonostante un annuncio messo sui giornali, però, la Sporberg non ha trovato nessun altro risparmiatore disposto a sostenerla e ha così deciso di intraprendere da sola la sua battaglia legale. L’incubo, per questa ex dipendente di uno studio dentistico, inizia nel marzo del 2007 con una telefonata. All’altro capo della cornetta un giovane impiegato di Dresdner Bank le suggerisce di acquistare certificati di Lehman Brothers. La Sporberg è cliente di Dresdner da quarant’anni, non ha motivo di dubitare. E non sospetta dei possibili rischi. Così sceglie di acquistare titoli per 40 mila euro, metà del suo patrimonio. Un anno e mezzo dopo la Lehman fallisce e Hannelore Sporberg si ritrova tra le mani dei certificati senza alcun valore. Proprio come gli altri 50 mila tedeschi che avevano affidato i loro risparmi all’istituto statunitense o i 30 mila ammaliati dagli alti interessi promessi dalla Kaupthing, la prima banca islandese, nazionalizzata lo scorso ottobre. Per la prima volta la Sporberg, che vive da sola dopo la morte del marito e non ha mai avuto problemi economici, è costretta a rivedere le sue spese. E negli stessi giorni in cui la crisi finanziaria bussava alla sua porta, Berlino metteva su in fretta e furia un programma da 480 miliardi di euro per salvare le banche in crisi. A gestire gli aiuti è un apposito fondo, il Soffin, che, oltre a offrire garanzie e misure di ricapitalizzazione, può anche riacquistare titoli-spazzatura fino a un massimo di cinque miliardi di euro per ogni istituto di credito. Il fondo è già andato in soccorso di big come Commerzbank o Ikb. Ma non di Hannelore Sporberg: la legge non prevede infatti che a usufruirne siano anche i clienti delle banche. Un ostacolo che potrebbe restare immutato: per gli esperti il ricorso della Sporberg alla Corte costituzionale non ha molte chance di successo. La pensionata-pasionaria di Monaco di Baviera, però, non ha intenzione di mollare.