Enrico Girardi, Corriere della Sera 19/4/2009, 19 aprile 2009
BERGAMO
Come pittore è noto «in tutto il mondo e... in altri siti» – così direbbe l’altro Donizetti, l’illustre Gaetano – poiché le sue tele sono esposte nei musei e nelle gallerie che contano. Ma pochi sanno che Mario Donizetti possiede una seconda anima artistica, quella di musicofilo incallito che nella sua meravigliosa casa-torre-castello di Bergamo alta organizza soirées di musica da camera, che a sua volta si diletta nello scrivere melodie al pianoforte e che ora ha deciso di lanciare una sfida a Guido d’Arezzo, inventando un nuovo sistema di notazione musicale a suo dire più facile da apprendere di quello su pentagramma.
Gioco? Boutade? A vedere come lo illustra agli ospiti in una delle soirée di cui sopra, non lo si direbbe. Donizetti ne è convinto. E ha persino trovato maestri di musica disposti a insegnare il suo sistema alle nuove generazioni di allievi, facendolo così oggetto di sperimentazione. Ma di che si tratta? Tutto nasce dall’insofferenza per i cosiddetti «tagli addizionali», estensioni del pentagramma che permettono di notare l’altezza di suoni estremamente acuti o gravi. Di lì l’idea di collocare tutte le note su un unico asse orizzontale sul quale disporre anche l’apparato di segni per definirne dinamica, durata, fraseggio e tutto il «corredo» necessario, oltre naturalmente all’altezza. Il risultato è quello che si vede nell’immagine, dove le prime battute della «Sonata per pianoforte» op. 27 n.2 di Beethoven sono «tradotte» in salsa donizettiana; salsa che prevede soluzioni audaci anche per la «decodifica » di partiture più complesse a livello armonico e polifonico. Ulteriori studi potrebbero inoltre permettere di completare il sistema con la rete di figurazioni necessaria alla musica contemporanea, che di per sé è già oggetto di riflessione tra i compositori (meglio un sistema universale o meglio che ciascuno si crei il proprio bagaglio di indicazioni?).
Ma farà proseliti il «Sistema Donizetti»? Impossibile perché la notazione tradizionale sfrutta ambedue gli assi spaziali (quello orizzontale per la successione dei suoni, quello verticale per la loro simultaneità), mentre quest’altro ne sfrutta uno solo che resta dunque appesantito da eccessivo carico semantico. Impossibile, perché la notazione solita dà idea della forma del brano, qui irriconoscibile. Impossibile soprattutto perché una pagina tradizionale è mille volte più bella allo sguardo di una nella nuova notazione: il che, un pittore di vaglia come Donizetti lo dovrà riconoscere senz’altro.
Enrico Girardi