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 2009  aprile 19 Domenica calendario

WASHINGTON

Alla vigi­lia del negoziato con la Chry­sler lunedì, Ken Lewenza, il se­gretario del sindacato canadese dell’auto (Caw), la ha ammoni­ta che gli operai hanno già fatto grossi sacrifici e che tocca farli alle grandi banche americane (Jp Mor­gan, Citigroup, Morgan Stan­ley e Goldman Sachs i princi­pali le principali) da cui la casa di Detroit ricevet­te un prestito di oltre 7 miliardi di dollari. «Se la Chrysler finirà in bancarotta non sarà per col­pa nostra» ha dichiarato. «Il suo futuro non è nelle nostre mani bensì in quelle di Wall street. Cosa possiamo dare se le banche non danno nulla?». Dal Canada, dove a febbraio ha regi­strato incredibilmente un boom delle vendite, provengo­no un terzo delle vetture della Chrysler.

La protesta di Lewenza, da un anno e mezzo al comando della Caw, un sindacato con 265 mila iscritti, è scaturita dal­la richiesta della Chrysler che le maestranze, oltre 8 mila perso­ne, accettino una riduzione dei salari di circa 16 dollari america­ni all’ora. La Chrysler è prossi­ma a un accordo con il sindaca­to americano dell’auto (Uaw), in base a cui esso si assumereb­be l’onere di metà dell’assisten­za sanitaria dei pensionati dell’ azienda, in cambio di circa il 20 per cento delle azioni, la stessa quota della Fiat. Ma è necessa­rio ridurre ulteriormente i co­sti, ha asserito Bob Nardelli, il suo presidente, in una lettera a Lewenza, e la Caw deve accetta­re la richiesta.

Dai calcoli di Nardelli e di To­ni Clement, il ministro canade­se dell’industria, che lo spalleg­gia, gli operai sono pagati sui 65 dollari americani l’ora. Lewenza lo contesta ribattendo che la cifra include i contributi dell’azienda allo stato e per le pensioni. «A marzo» ha ricorda­to «noi concordammo con la General motors una riduzione dei salari di 6 dollari all’ora, ed eravamo disposti a farlo con la Chrysler, che invece sospese la trattativa». Il segretario del Caw, che ha alle spalle 35 anni di attività sindacale, insiste che le banche americane debbono «adattarsi» a un rimborso di 1 miliardo di dollari e a una parte­cipazione azionaria della casa di Detroit.

Lewenza ha anche denuncia­to «l’interferenza» del ministro Clement, a cui giudizio «per la Chrysler è incominciato il con­to alla rovescia» e l’unione con la Fiat è l’unica via di salvezza. Ma il margine di manovra del segretario del Caw è limitato. Il Canada ha versato 1 miliardo di dollari all’azienda ed è disposto a versarne altri insieme con i 6 miliardi promessi dalla Casa Bianca, a patto che essa si uni­sca alla Fiat. I negoziati tra il sin­dacato canadese e la Chrysler procederanno in parallelo a quelli delle banche in vista della scadenza del 30 aprile. Difficil­mente l’uno o le altre vorranno assumersi la responsabilità dell’ amara bancarotta della terza ca­sa automobilistica americana. Con l’indotto, ne andrebbero di mezzo i posti di lavoro di 180 mila persone. E secondo Auto­motive news la partita Fiat-Chry­sler potrebbe anche allargarsi a pezzi di Gm, come Gm Europe (che comprende la Opel) e le at­tività in America Latina. Come dire: l’operazione salvataggio potrebbe prevedere più tappe.

Ennio Caretto


* Le banche, piuttosto del rimborso di appena un miliardo di dollari su sette «preferirebbero il fallimento, da uno «spezzatino Chrysler» calcolano di poter ricavare da tre a cinque volte tanto. Ma il pressing della Casa Bianca con­tinua, forte delle decine di mi­liardi versati proprio per i sal­vataggi finanziari: possono ora, i già poco amati banchie­ri, passare per quelli che spedi­scono in bancarotta un pezzo essenziale di industria ameri­cana? La controfferta, attesa nei prossimi giorni, darà la ri­sposta» (Raffaella Polato).