Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 18/4/2009, 18 aprile 2009
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«Punto, punto, punto». Non sembrerebbe un gran messaggio, anche dopo la traduzione dal codice Morse: si tratta, in fondo, soltanto della lettera «S»
«Punto, punto, punto». Non sembrerebbe un gran messaggio, anche dopo la traduzione dal codice Morse: si tratta, in fondo, soltanto della lettera «S». Ma quando lo ricevette in Terranova, la tetra mattina del 12 dicembre 1901, Guglielmo Marconi capí che stava iniziando una nuova era, per lui e per il mondo: quella delle comunicazioni intercontinentali. Il messaggio arrivava infatti dall´altra parte dell´Oceano Atlantico ed era giunto a destinazione dalla Cornovaglia, dopo un viaggio di tremilacinquecento chilometri. Marconi aveva allora soltanto ventisette anni, ma stava sperimentando con la comunicazione senza fili già da un pezzo. Il suo primo esperimento l´aveva condotto a vent´anni in casa, o meglio, nel granaio di Villa Grifone a Bologna, lanciando un segnale elettromagnetico a un ricevitore posto nel giardino. La conferma dell´avvenuta ricezione fu data dal fratello Alfonso con uno sventolio di fazzoletto. Il passo successivo era far superare un ostacolo al segnale: la ricezione oltre la collina fu annunciata, questa volta, da un tiro di schioppo. Nel 1896 Marconi depositò il suo primo brevetto e ne fece dono al Governo Italiano, che glielo rimandò indietro. La madre, inglese, capì l´antifona e portò il figlio a studiare in Inghilterra, dove l´accoglienza non fu migliore: i doganieri volevano distruggere la prima radio della storia, temendo che fosse una bomba. La madre dichiarò: «Lo è, ma non del tipo che credete voi. Non farà saltare il mondo per aria, ma abbatterà i suoi muri». L´anno dopo Marconi aprì la sua prima azienda, e nel 1898 risolvette il problema essenziale per la comunicazione senza fili: come evitare che due segnali interferiscano fra loro. Il numero del famoso brevetto 7777 divenne una metafora dell´invenzione, che era un vero uovo di Colombo: bastava che i quattro circuiti degli apparati trasmittente e ricevente e delle loro antenne usassero tutti la stessa frequenza. Dopo essere riuscito a comunicare a distanze sempre più lunghe, Marconi tentò l´ultimo passo: la trasmissione intercontinentale. L´esperimento del 1901 sembrava però destinato ad arenarsi di fronte alle difficoltà. In Inghilterra infuriava il vento e l´antenna continuava a cadere a terra. In America le tempeste costrinsero Marconi a trasferirsi da Cape Cod alla Terranova. Anche là, l´antenna non poté essere fissata e la si dovette installare su palloni atmosferici e aquiloni giganti, molti dei quali andarono perduti. Finalmente il 12 dicembre Marconi ricevette un segnale, ma debole. Per tre giorni ne ricevette vari altri, ma tutti dello stesso tenore. Il 16 dicembre convocò allora un fotografo, fece fare una foto di gruppo e annunciò il lieto evento ai giornalisti. Solo in seguito si riuscì a capire l´inghippo: il rudimentale ricevitore non poteva affatto ricevere le onde lunghe lanciate dall´altrettanto rudimentale trasmettitore. Marconi captò soltanto qualche onda corta di disturbo: una specie di rumore di fondo associato al vero messaggio, che non arrivò mai al destinatario. La cosa importante fu che qualche onda arrivasse comunque, perché fino ad allora pochi credevano che un segnale lanciato dall´Europa potesse curvarsi attorno alla superficie terrestre e giungere in America, invece di disperdersi diritto nello spazio. Alexander Graham Bell, inventore del telefono, mise in dubbio i risultati dell´esperimento: preferiva pensare che i fili, di cui aveva ricoperto gli Stati Uniti e il fondo dell´oceano, fossero indispensabili. Lo stesso Marconi, comunque, non era immune da interessi: aveva fatto un mutuo di 50.000 sterline per finanziare la sua compagnia, i suoi trasmettitori erano stati installati sulle navi delle maggiori potenze europee e anche la marina statunitense aveva mostrato interesse. Si poteva dunque dubitare della sua buona fede, anche se non tutti lo fecero: ad esempio Thomas Edison, inventore della lampadina, che dopo l´esperimento dichiarò che qualunque cosa dicesse Marconi doveva essere vera. Se anche la trasmissione senza fili funzionava, nessuno sapeva però perché. Lo intuirono quasi subito, nel 1902, Arthur Kennelly e Oliver Heaviside: la Terra doveva essere avvolta in una sfera riflettente, una specie di specchio all´interno del quale le onde radio rimbalzano. Sembra strano, ma l´acqua ha lo stesso effetto per pesci e sub: guardando la superficie del mare da sott´acqua, si vede riflesso il fondo (basta provare con una bottiglia trasparente posta sul tavolo). Solo nel 1924 Edward Appleton dimostrò che questa era effettivamente la spiegazione corretta, meritando il premio Nobel del 1947. Oggi sappiamo che la sfera riflettente attorno alla terra, detta ionosfera, è causata dall´azione della radiazione elettromagnetica del Sole sull´atmosfera terrestre e si trova a un centinaio di chilometri di distanza dalla Terra. Nel frattempo gli esperimenti e la carriera di Marconi procedettero a ritmo serrato. Nel 1902 l´inventore effettuò il primo collegamento transatlantico bidirezionale. L´anno seguente (1903) inaugurò il primo servizio di agenzia su un transatlantico, che permise di stampare regolarmente i giornali per i passeggeri durante il viaggio. Nel 1909 ricevette il premio Nobel per la fisica, di cui si celebra quest´anno il centenario. Nel 1914 tenne a battesimo il primo servizio radiotelefonico. Nel 1916 comprò la famosa nave Elettra, che divenne il suo laboratorio personale. Nel 1919 rappresentò l´Italia alla Conferenza di Pace di Parigi. Nel 1930 accese da Genova le luci del municipio di Sidney. Nel 1931 inaugurò la Radio Vaticana e illuminò dal suo ufficio a Roma la statua di Cristo a Rio. Nel 1933 fece i primi esperimenti per il radar, alla presenza degli Alti Comandi. Nel 1934 dimostrò che una nave poteva essere completamente radioguidata. Quando Marconi morì, nel 1937, le radio di tutto il mondo tacquero per un muto canto funebre di un minuto. Il loro primo vagito, quel 12 dicembre 1901, aveva aperto le porte alle trasmissioni senza fili: forse la rivoluzione più appariscente del Novecento, assieme ai motori. La Terra è dunque avvolta, ormai, da una «radiosfera» in continua espansione che oggi è spessa cento anni luce, cioè la distanza che le onde radio hanno potuto percorrere dal momento del fatidico esperimento di Marconi. Il bordo esterno della radiosfera ha raggiunto Sirio nel 1910 e oggi si trova nella costellazione di Andromeda. Possiamo immaginare che qualcuna del mezzo migliaio di stelle che la radiosfera ha già raggiunto abbia pianeti abitati da esseri «intelligenti», in grado di costruire radio e televisioni. Se così è, questi esseri possono ascoltare e guardare le nostre trasmissioni con tanti anni di ritardo quanti sono gli anni luce che li separano da noi. Fermi si chiedeva come mai gli alieni, se ci sono, non siano ancora venuti a trovarci. La risposta è semplice: hanno sentito la nostra radio e visto la nostra tivù, e si tengono ben alla larga da noi.