Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 16 Giovedì calendario

ROSSINI, DA MOANA AL SISMA «ORA TEMO UNA BOMBETTA»


Non dev’essere un po­sto troppo tranquillo, L’Aquila, se il procuratore della Repubblica Alfredo Rossini ammette adesso di temere «una bombetta», nel caso rivelasse al­la stampa dov’è il magazzino delle ma­cerie sequestrate. Vuole dire che qual­cuno, nel disperato tentativo di cancel­lare le prove di un lavoro malfatto, po­trebbe addirittura ordire un attentato al capannone.

Alto, elegante, schivo, la barba cura­ta, il gessato grigio. Il dottor Rossini, però, non è tipo da lasciarsi intimidi­re: a Roma da giovane si fece le ossa col terrorismo, indagando sui Nuclei armati proletari. Poi ha fatto anche al­tro: dalla tragedia dell’Heysel (39 tifo­si morti negli scontri prima di Juve-Li­verpool) alla crociata anti-porno («Convocai Moana Pozzi. Volevo capi­re se in quel mondo sfruttavano le donne e i minori. Trovai in lei una per­sona coraggiosa, vittima di una specie di cupio dissolvi, quasi volesse auto­punirsi...»). C’è un po’ di malinconia nella sua voce. Ne ha viste tante, il procuratore: da Roma a Rieti, dall’Aquila all’Anti­mafia. Indagò perfino sulla Commis­sione censura del ministero che aveva dato il via libera alla messa in onda di Ultimo tango a Parigi; ha combattuto gli speculatori edilizi nel Reatino con il fedelissimo pm Fabio Picuti (che l’ha seguito anche qui sulle macerie aquilane). Ha scovato una parte il teso­ro di Ciancimino riciclato proprio in Abruzzo.

Sul comodino tiene il Candido di Voltaire e La città del sole di Tomma­so Campanella. Dice di sé: «Sono agno­stico, non credo in Dio, il mio modo di procedere è laico, sereno, neutra­le ». Non ha fama di giustiziere, « ma quanno ce vo’ ce vo’... » chiosa in per­fetto stile romanesco, essendo – ri­corda con orgoglio – figlio del prefet­to Gualtiero, nato in piazza Vittorio.

Anche lui è uno sfollato del terre­moto dell’Aquila, tra le macerie del Tribunale ha perso la toga. Ora la sera va a dormire dalla sorella, a Rieti, ma ogni mattina è puntuale al suo posto, a seguire «la madre di tutte le inchie­ste », come l’ha definita. Ieri, mentre il presidente Fini ha invitato a vigilare sulle infiltrazioni mafiose, Rossini ha lanciato un appello ad inviare video e foto utili all’inchiesta e ha disposto il sequestro delle aree crollate: dalla Ca­sa dello studente al Palazzo di Giusti­zia, dall’Ospedale San Salvatore al Ca­tasto, ai palazzi privati dove ci son sta­ti dei morti. preoccupato: «Vedo ca­mioncini sospetti, non vorrei che cer­cassero di portar via qualche calcinac­cio di troppo...». I «suoi» periti, intan­to, hanno scoperto le prime grandi anomalie: negli incastri dei pilastri, nella composizione della malta. La strage, insomma, non è stata solo col­pa del terremoto.

Dice d’ispirarsi alla costituzione americana: per lui, sopra tutto, conta­no «la vita, la libertà e la ricerca della felicità umana». Ma anche le gite in Sardegna con sua moglie (sono sposa­ti dal ”76, non hanno figli). Il giorno del compleanno, il 26 febbraio (non svela l’età), organizza una festa nella sua casa romana con 150 invitati: «Per­ché credo nell’amicizia vera, non mi sono mai fatto amici per interesse né li ho cercati. Non sono un moralista né un bacchettone. Io sono morale».