Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  aprile 15 Mercoledì calendario

LA MODA FA I CONTI CON GLI ESUBERI


«Sono andato nel nostro negozio in via Montenapoleone per raccomandare agli addetti alla vendita, in questo momento di crisi, di coccolare i clienti come bebè. Sa che cosa mi hanno risposto? "Dottore, saremmo anche disposti ad andare a catturarli sul marciapiede davanti alle vetrine: purtroppo non ci sono passanti"». Non è una battuta quella dell’amministratore delegato di un big brand che, ovviamente, preferisce mantenere l’anonimato: nel Quadrilatero milanese come in Bond Street a Londra, in avenue Montaigne a Parigi e a Omotesando, "cuore" del lusso della capitale nipponica, per non parlare della Fifth Avenue a New York, lo shopping è ridotto allumicino.Tranne i pochi marchi che, per tradizione o per buon rapporto qualità-prezzo, hanno addirittura le code davanti ai monomarca, nel mondo della moda imperversa il pianto greco. I department store statunitensi selezionano sempre più i marchi da esporre in vetrina e, ormai dallo scorso autunno, hanno lanciato una massiccia campagna di sconti che sta "drogando" il mercato internazionale. Costringendo non pochi retailer a fare altrettanto, visto che i consumatori di tutto il mondo non sembrano più disposti a spendere le "vecchie" cifre che ora appaiono fuorimercato. E intanto iniziano a suonare i primi campanelli d’allarme nelle aziende più importanti: è il caso della Aeffe di San Giovanni in Marignano, quotata alla Borsa italiana, che controlla tra gli altri i marchi Alberta Ferretti e Moschino. «Sono in corso trattative con i sindacati di Rimini – spiega il direttore generale MarcelloTassinari – per valutare un eventuale piano di ridimensionamento del personale, in particolare degli addetti che si occupavano di due licenze che ora non fanno più parte del nostro portafoglio, cioè Narciso Rodriguez e Basso & Broke ». Gli esuberi, secondo i sindacati, sono 84, mentre per l’azienda il numero non è ancora stato definito. E i competitor? Interpellate dal Sole 24 Ore, le aziende più prestigiose della moda made in Italy forniscono risposte variegate. «In Italia ”risponde Stefano Sassi, amministratore delegato della Valentino – non stiamo tagliando risorse, anche se c’è il blocco del turn over, mentre all’estero abbiamo chiuso negozi diretti non profittevoli ». Per Giancarlo Di Risio, amministratore delegato della Versace, «da noi c’è soltanto un’attenzione spasmodica alla struttura dei costi »,così come sta avvenendo alla Prada: «Non c’è un blocco delle assunzioni – spiega un portavoce – anche se il ricambio viene valutato caso per caso». «Nulla in programma nel gruppo Tod’s», precisa un portavoce, mentre «nessuna dichiarazione » sul tema arriva dal quartier generale della Giorgio Armani. Ovviamente, tra le situazioni da risolvere, va rilevato il commissariamento della It Holding e della controllata Ittierre, alla quale stanno lavorando i tre commissari nominati dal ministro Scajola. Alla Filtea-Cgil, il sindacato maggioritario nel settore, non risultano, al momento, richieste di alcun genere da parte dei bigplayer,anche se i rumori parlano di cassa integrazione imminente per un gruppo sopra il miliardo di euro di fatturato. «Siamo molto preoccupati – spiega Valeria Fedeli,segretario nazionale – perché molte griffe boccheggiano e stanno già tagliando le commesse ai terzisti: temiamo che anche per alcune "firme" la crisi esploda presto, tra una ventina di giorni e al massimo entro giugno. Del resto, la situazione a monte nel tessile italiano è pesantissima e le aziende coinvolte sono in gran parte proprio fornitrici dei grandi nomi». I numeri della crisi sono eloquenti: al 31 marzo scorso, secondo una rilevazione nazionale curata da Filtea-Cgil, erano 133 le imprese della filiera tessile- moda e pelle-cuoio coinvolte (con decreti firmati) in cassa integrazione straordinaria e contratti di solidarietà (15, per la cronaca), per oltre 11mila addetti sui 13mila complessivamente in organico. «Siamo l’unico settore industriale – aggiunge Fedeli – che a metà dicembre ha sottoscritto un documento di politica industriale e di politica del lavoro con tutte le associazioni imprenditoriali, in primis Smi-SistemamodaItalia. indispensabile uno sforzo unitario per salvaguardarele figurepiù specializzate della nostra manodopera: in caso contrario, quando ripartirà il mercato, perderemo anche la fascia produttiva medio- alta».