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 2009  aprile 11 Sabato calendario

I TERREMOTI E LA SCIENZA FAI-DA-TE


Mentre la terra trema ancora in Abruzzo, uno sciame di polemiche, denunce, dispute scientifiche sull’effettiva prevedibilità di quel devastante sisma sta creando un «caso» intorno alla «profezia» del tecnico Gian Paolo Giuliani, ricercatore nei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Sulla base di studi sulle concentrazioni di radon, un gas che si manifesta in quantità superiori alla norma durante i sismi, il tecnico aveva annunciato un disastroso terremoto. La sua dichiarazione - rimbalzata con grande evidenza sui giornali - aveva suscitato le ire del capo della Protezione civile Guido Bertolaso, che lo aveva «denunciato per procurato allarme». In verità la sua previsione non si era avverata, a conferma del fatto che la correlazione statistica tra concentrazione di radon e attività sismica non dice nulla sul dove, precisamente, colpirà il sisma, quando e con quale magnitudo, cosa che - come risulta evidente anche ai non addetti ai lavori - rende impossibile l’attivazione di piani d’evacuazione mirati. Annunciata per la notte tra domenica 29 e lunedì 30 marzo a Sulmona, la «devastante» scossa non aveva avuto luogo, provocando in compenso una psicosi collettiva nella città e nel territorio, tenendo le autorità del luogo in una condizione di gravissima incertezza sulle decisioni da assumere.
Depurata da questo non insignificante dato di fatto, la previsione del tecnico è tornata prepotentemente in campo e ha conquistato credito dopo il disastro. La ricerca di un capro espiatorio ha sempre accompagnato le grandi tragedie collettive, come le epidemie di peste e di colera hanno visto folle inferocite dare la caccia e linciare sulle pubbliche piazze i presunti «untori». In questa drammatica circostanza è stato prontamente individuato - oltre che nel sottosegretario Bertolaso, colpevole di aver sottovalutato l’allarme - nella rigidità delle gerarchie di enti e istituzioni di ricerca e nella protervia delle solite «baronie» dell’establishment scientifico-accademico che si ostinerebbe - per supponenza e superbia - a non dar credito ad un tecnico che non può vantare uno straccio di laurea in sismologia o geofisica e, per questo, tenuto ai margini della comunità scientifica. Un incompreso, un perseguitato, insomma, ostacolato dalla scienza ufficiale e dalle autorità.
Anatemi, insulti e denunce si rincorrono nei blog e in numerosi siti di informazione on-line, dove sono minoritarie le voci di quanti sostengono, a ragione, la necessità di una buona informazione scientifica, che dovrebbe, intanto, segnalare che per decenni, nelle aree più a rischio del pianeta, come il Giappone, sono state condotte indagini che non hanno fornito risultati scientificamente rilevanti sul rapporto tra radon e terremoti. La verità, quindi, è che quella teoria, non nuova, non ha prodotto alcuna evidenza scientifica affidabile, se si accetta il metodo scientifico che si basa su ipotesi formulate, sulla verifica, la validazione o confutazione delle stesse. La differenza tra scienza e pseudoscienza risiede nella disponibilità alla critica e al confronto rigoroso con le esperienze degli altri.
Così il terremoto nelle terre d’Abruzzo ha fatto venire alla luce un nuovo «caso di Bella», come è comunemente indicata la vicenda del mite professore modenese, diventato un eroe popolare, la cui terapia anticancro sconvolgeva i protocolli tradizionali senza superare la prova della sperimentazione ufficiale. In quel «caso» - al centro, per mesi, di un durissimo scontro ideologico, istituzionale e politico - il principio di validità, anziché fondarsi sul giudizio della comunità scientifica internazionale, quasi unanimemente negativo, si fondò sugli umori dell’opinione pubblica. E l’Italia fu forse l’unico Paese avanzato al mondo in cui una sperimentazione scientifica, grazie alla complicità di alcuni giudici e di una parte della classe politica, fu avviata a furor di popolo. Una lezione perduta se, all’indomani di una grande tragedia nazionale come questa, mancheranno ancora gli strumenti per comprendere che, prima di poter essere accettata e condivisa, una «verità» scientifica richiede la presentazione di prove adeguate.