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 2009  aprile 15 Mercoledì calendario

FRANCO GIUBILEI PER LA STAMPA


Cinzia Banelli, l’ex «compagna So» – nome di battaglia quando militava nelle Brigate Rosse – lascia il carcere di massima sicurezza per approdare agli arresti domiciliari. Secondo il tribunale di sorveglianza di Roma «si può dire raggiunto l’obiettivo del recupero alla società di una persona che si è dimostrata estremamente pericolosa». Condannata a 12 anni di reclusione per l’omicidio di Massimo D’Antona, e a 10 anni e 5 mesi per l’uccisione di Marco Biagi, la Banelli comunque non tornerà a casa sua a Vecchiano, in provincia di Pisa: d’ora in poi avrà una nuova identità, percepirà un sussidio e vivrà in una località segreta sotto protezione insieme al marito e al bambino che ha partorito in carcere 5 anni fa, come prevede il programma per i collaboratori di giustizia predisposto dal Viminale.

La scarcerazione dell’ex terrorista arriva nello stesso giorno in cui la Corte d’assise d’appello di Bologna pubblica le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo di una dei protagonisti dell’agguato mortale al professor Biagi, Diana Blefari Melazzi. Cinzia Banelli invece sconterà i cinque anni di pena che le restano fuori dalle mura dell’istituto di Sollicciano, e questo perché «il tribunale di sorveglianza ha riconosciuto la bontà e la serietà del percorso collaborativo», come spiega uno dei suoi legali, Grazia Volo. C’è voluta una sentenza della Cassazione perché alla Banelli venissero riconosciute le speciali attenuanti previste per i collaboratori di giustizia e questo «malgrado la sua imponente collaborazione alle indagini», spiega l’avvocato Volo.

La Banelli, che ha 45 anni ed era dipendente dell’ospedale di Pisa, era stata arrestata il 24 ottobre del 2003 nell’ambito delle indagini che avevano portato all’arresto di Nadia Desdemona Lioce, poi condannata a due ergastoli per gli omicidi D’Antona e Biagi. Nel 2004 aveva cominciato a collaborare con gli inquirenti, rivelando elementi decisivi per l’inchiesta come le password che permisero agli investigatori di accedere all’archivio informatico delle Br. «Nell’agosto del 2004 ha deciso di confessare le sue responsabilità – aggiunge la Volo ”. Ma l’iter era già cominciato prima, nel febbraio 2003, quando aveva nascosto ai suoi compagni di un tempo di essersi sposata e di voler avere un figlio». Segni inequivocabili, a detta dei difensori, che il distacco dai terroristi era un processo avviato da tempo. La stessa corte d’appello di Bologna ieri ha individuato nella gravidanza «un validissimo e credibile movente per la scelta collaborativa».

Il cammino processuale però in un primo tempo era andato in un’altra direzione, fino alla condanna a 15 anni e 4 mesi in appello a Bologna, una sentenza che la Cassazione ha poi annullato, proprio perché l’attenuante della collaborazione non le era stata riconosciuta. Il 12 marzo di un anno fa, la corte d’appello di Bologna ha condannato la Banelli a 10 anni e 5 mesi, accordando questa volta l’attenuante speciale per i collaboratori di giustizia. Oggi la donna ha scontato oltre un quarto della pena, mentre l’indulto è intervenuto sui reati relativi alle armi. Due anni fa la decisione del ministero dell’interno di ammetterla al programma di protezione. Oggi Cinzia Banelli potrebbe essere già fuori dal carcere.