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 2009  aprile 15 Mercoledì calendario

I veleni dello Strega MAURIZIO BONO PER LA REPUBBLICA Di sospetto in sospetto, a 63 anni il più prestigioso e redditizio (in copie) tra i premi letterari italiani ha finito per assomigliare sempre più irresistibilmente a una variante esagerata del mistero della camera chiusa: 400 personaggi in uno smisurato salotto assieme a una dozzina di ”vittime” designate, poi cinque, infine un sopravvissuto solo con l’alloro in fronte, mentre tutti sono indiziati, per gruppi, affinità e soprattutto parentele editoriali, di aver sparso sangue innocente

I veleni dello Strega MAURIZIO BONO PER LA REPUBBLICA Di sospetto in sospetto, a 63 anni il più prestigioso e redditizio (in copie) tra i premi letterari italiani ha finito per assomigliare sempre più irresistibilmente a una variante esagerata del mistero della camera chiusa: 400 personaggi in uno smisurato salotto assieme a una dozzina di ”vittime” designate, poi cinque, infine un sopravvissuto solo con l’alloro in fronte, mentre tutti sono indiziati, per gruppi, affinità e soprattutto parentele editoriali, di aver sparso sangue innocente. Fino al colpo di scena di oggi: Daniele Del Giudice, il candidato più indicato per l’ipotetico successo (e dunque suo malgrado per complicità col branco, in base al cui prodest), non ci sta e decide di non partecipare. La caccia allo Strega quest’anno l’aveva iniziata, ai primi di marzo, lo scrittore e candidato al premio l’anno scorso Mario Fortunato: sul suo blog nel sito dell’Espresso aveva riportato quello che si sentiva sussurrare negli ambienti editoriali: Del Giudice (Einaudi) vincente, Scurati (Bompiani) piazzato, tutti gli altri sono lì solo per partecipare. Forza dei numeri: fra i 400 "Amici della domenica" (scrittori, uomini di editoria, d’arte e d’accademia) quelli vicini (come autori, consulenti, interlocutori) a Mondadori ed Einaudi sono all’incirca i voti che servono a vincere, quelli vicini (come autori, consulenti, interlocutori) a Rizzoli e Bompiani sono all’incirca i voti che servono a perdere bene. Gli altri, non contano. Di lì in poi, accuse, calcoli e battute sono diventate rivolta. E alla fine a difendere il principio che votano i singoli e non le scuderie è rimasto per dovere d’ufficio solo il presidente del premio Tullio De Mauro. Ma a ogni buon conto qualche ombra deve pur vederla, se ha introdotto per nuovo regolamento giurie parallele più impermeabili alle amicizie come la Società Dante Alighieri (titolare di un voto collettivo) e l’obbligo di votare personalmente o per posta (provocando la battuta che così le case editrici avrebbero speso una fortuna in francobolli). Troppo tardi, a quel punto a disertare sono stati gli editori non così grandi da poter vincere e non così piccoli da accontentarsi di farsi vedere: Longanesi e Feltrinelli. Fino al colpo di teatro del vincitore in pectore, con le pacate ragioni della lettera di oggi a Repubblica con cui annuncia il ritiro. Così la residua credibilità dello Strega, nello stesso anno fatale del collasso del Grinzane Cavour, ora si gioca nell’immediato futuro: un copione già visto prevede che la casella lasciata vuota da Orizzonte mobile di Daniele Del Giudice sia occupata da un libro e da un autore con lo stesso background editoriale, capace di coalizzare due editori forti. E che la contromossa siano alleanze allargate, sacrifici multipli, scambi per ripagarli, arrivo sul filo di lana: da tre anni nessun vincitore Strega ha mai preso metà dei voti più uno (quello che c’è andato più vicino è stato Veronesi nel 2006 con 177), quindi la gara in teoria è aperta. Oppure ci sarebbe un copione mai scritto e forse neppure recentemente immaginato: uno Strega ideale dove gli editori fanno un passo indietro (basterebbe per esempio rinunciare alle "primarie" informali con cui si designa un campione di casa o di gruppo per non disperdere consensi) e i libri corrono da soli, coi marchi utili, come le copertine e le magliette, solo a distinguerli tra loro. Un plot così originale da meritare il premio dei premi, senza neanche una polemica.