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 2009  aprile 14 Martedì calendario

COL REFERENDUM RISCHIO-FASCISMO"


La Lega si opporrà assolutamente all’accorpamento del referendum sia alle amministrative che alle Europee. «E degli oneri - dice Roberto Calderoli - se ne facciano carico chi ha promosso il referendum, i Guzzetta, i Segni e gli altri... Qui c’è di mezzo la tenuta democratica del Paese: dal referendum verrebbe fuori una legge elettorale mostruosa: una tirannide. Oggi c’è Berlusconi, domani c’è un altro premier e non si può permettere a chi ha ottenuto il 25% dei voti di avere il 55% dei seggi in Parlamento. Neanche nel periodo fascista è stata fatta una cosa del genere. Si possono avere quattro, anche tre partiti, ma non un partito solo...».
Ministro, anche Berlusconi sta valutando l’ipotesi di accorpare il referendum alla tornata elettorale di giugno: vuole utilizzare i soldi risparmiati a favore dell’Abruzzo.
«Guardi, questo discorso di volere attribuire a noi la volontà di una maggiore spesa, mi ricorda la favola del lupo che accusava l’agnello, che beveva nella parte bassa del fiume, di sporcargli l’acqua. Sono stati i referendari a volere un referendum dannoso, che non serve a niente. In 60 anni di storia repubblicana non si è mai accorpato un referendum abrogativo con elezioni a suffragio universale. Sono due istituti completamente diversi, regolamentati da articoli diversi della Costituzione. Nelle elezioni Europee come quelle Politiche l’elettore ha il diritto e il dovere di votare. Per il referendum invece è previsto anche l’astensione. Alle Europee e alle Politiche, anche se votasse l’1%, le elezioni sarebbero valide. In una consultazione referendaria con effetto abrogativo si deve raggiungere il quorum. Ecco, con l’abbinamento si crea un anomalo volano che consente di raggiungere il quorum indipendentemente dal quesito referendario. Non è un caso che in tutti i referendum abrogativi che sono stati fatti finora, mai nessuno è stato abbinato ad altri tipi di voto».
A parte gli aspetti tecnico-giuridici e le motivazioni costituzionali, c’è una questione politica che divide la Lega dal Pdl, quantomeno ad una parte del Pdl. Ne vogliamo parlare?
«Un attimo. Ci sono altri motivi che impediscono l’abbinamento. La segretezza del voto verrebbe meno. Se tu non hai intenzione di partecipare al referendum, non ti presenti al seggio. Ma se facciamo l’accorpamento, devi ritirare le schede per le Europee e le amministrative, e se non intendi votare per il referendum lo devi dire. Nel momento in cui fai questa dichiarazione al seggio, viene meno il segreto del voto. Questo è un ulteriore motivo di incostituzionalità. Tra l’altro, dovresti fare una legge ad hoc: anzi, anzi visti i tempi, un decreto legge. Ma il Parlamento si è già espresso, bocciando gli emendamenti che accorpavano i referendum alle Europee. E i regolamenti di Camera e Senato prevedono che un provvedimento che ha il medesimo contento già bocciato non può essere assegnato in commissione prima dei sei mesi».
Allora, la data di questo benedetto referendum quando andrebbe fissata? Il 14 giugno, tra il primo e il secondo turno delle amministrative?
«Potrebbe essere fissata anche il 14 giugno o in un altra data ancora. Certo non il 6-7 giugno in coincidenza con le Europee e il primo turno delle amministrative, ma nemmeno con il secondo turno».
Per voi il referendum è come la peste nera.
«Ma la Lega non c’entra niente: noi la guerra al referendum l’abbiamo sempre fatta, non ci siamo svegliati oggi. Qui nessuno ha capito il merito: si vuole far credere che il referendum rimedia a dei mali quando invece li amplificano. La legge elettorale che uscirebbe è un attentato alla democrazia del Paese!».
La Lega sarebbe costretta a unirsi al Pdl in un listone unico.
«Qui non è in gioco l’esistenza della Lega, ma quella di tutti partiti. Ripeto: non è una democrazia quella in cui un partito che prende il 25% ottiene il 55% dei seggi in Parlamento. E non sarebbe un partito ad avere la maggioranza assoluta, ma una lista in cui puoi mettere dentro cani e porci. L’abbiamo superata la fase dei listoni: non li vuole più nessuno, neanche il Pd».
La verità è che la Lega vuole rimanere autonoma.
«Forse non ci siamo capiti: non è una questione di autonomia della Lega, che può continuare ad esserci perché è l’unica forza politica che ha avuto il coraggio di andare da sola con l’uninominale e con i vecchi sistemi elettorali. Noi, quando decidiamo di andare da soli, ci andiamo: non abbiamo paura di finire all’opposizione. Non voglio che, con il premio di maggioranza, un partito abbia i numeri per cambiarsi la Costituzione da sola, senza nemmeno rischiare la spada di Damocle del referendum».
Tra i referendari ci sono anche molti vostri alleati.
«Non me ne frega niente. Un conto è avere raccolto le firme ai tempi del governo Prodi che sopravviveva con dieci partiti nella coalizione e due senatori, un altro discorso è oggi: è cambiata la fase politica, e gli stessi referendari non li vedo così carichi».
Berlusconi però ne vuole parlare.
«Fa benissimo, ma questi aspetti di incostituzionalità ancora non li conosce nessuno. Adesso ci andiamo a fondo. Berlusconi ha studiato diritto: non può essere insensibili alle motivazioni che ho spiegato in questa intervista».