Cinzia Di Cianni, La Stampa 15/4/2009, 15 aprile 2009
L’OROLOGIO GARANTITO 10MILA ANNI
Farà tic, ma il tac arriverà solo l’anno successivo. Batterà un rintocco ogni secolo, mentre il cucù segnerà l’ingresso in un nuovo millennio. E andrà avanti così, con precisione svizzera, per almeno 10 mila anni.
Sono le promesse dell’Orologio del Lungo Presente, il congegno più complesso, visionario e poetico che sia mai stato progettato dopo il Big Ben. Forse, quando fra migliaia di anni sarà ritrovato in una caverna nel cuore del Nevada, desterà lo stesso rispetto che oggi nutriamo per le Piramidi o per il meccanismo di Antikythera, il più antico calcolatore meccanico e orologio astronomico conosciuto. Perché il «Long Now Clock» non è un mistero del passato, ma del futuro. L’ha ideato Danny Hillis, il geniale «computer scientist» che negli Anni 80 al Mit di Boston ha inventato l’architettura «massive parallel» per i supercomputer. La sua «Connection Machine», inizialmente destinata a confrontarsi con l’intelligenza artificiale e il calcolo simbolico, ha fatto la fortuna dell’animazione della Disney.
Con altri visionari del calibro di Stewart Brand, Peter Schwartz e del musicista Brian Eno, Hillis ha stabilito a San Francisco la «Long Now Foundation», un’istituzione no-profit che promuove la responsabilità collettiva a lungo termine e un pensiero lento, lungimirante e profondo, capace di attraversare i millenni. «Il pensiero a breve termine, che realizza le aspirazioni immediate a spese del futuro, ci sta uccidendo», nota Brian Eno nella prefazione al libro «Il lungo presente - Tempo e responsabilità» (scritto da Brand e tradotto da Davide Bocelli). Il futuro non è più quello di una volta: si accorcia di anno in anno. Dunque che fare per invitare la gente a pensare in modo diverso? Semplice: creare un mito, è stata la risposta di Hillis, e si è messo a progettare un orologio di proporzioni fantastiche.
Il «Long Now Clock» è, o meglio sarà, un orologio che pensa digitale e agisce meccanico, coniugando l’antica sapienza astronomica e le più sofisticate tecnologie informatiche. Ironicamente definito il computer più lento del mondo, il meccanismo si basa su un ingegnoso sistema binario meccanico-digitale talmente rivoluzionario che ha generato nove brevetti, ma allo stesso tempo è tanto semplice che - sostiene Hillis - «un bravo orologiaio avrebbe potuto costruirne uno nel XV secolo». La sua precisione deriva dal calcolo digitale a 32 bit di profondità, accurato con un rapporto di uno su 7 milioni (vale a dire un giorno su 20 mila anni), ma allo stesso tempo può correggersi automaticamente, sincronizzandosi sul Sole di mezzogiorno. Di fatto i «Serial Bit Adder», gli anelli addizionatori digitali brevettati da Hillis, ruotano lentamente sopra un disco, su cui sono posizionati degli aghi che rappresentano varie costanti, ad esempio 29,5 giorni per il ciclo lunare. I calcoli sono eseguiti a mezzogiorno e a mezzanotte, minimizzando così l’usura meccanica.
Il progetto deve rispettare vari principi, validi per ogni manufatto di lunga durata: affidabilità e robustezza; semplicità di funzionamento e manutenzione; trasparenza e flessibilità progettuale; scalabilità, cioè la capacità di creare progetti che si traducano in modelli funzionanti a qualunque scala di grandezza. A questo si aggiungono altre sfide: usare materiali facilmente reperibili e a basso costo, per scongiurare furti e permettere riparazioni «a cuore battente». E infatti l’orologio è stato pensato come una macchina del tempo da spedire in un futuro che potrebbe essere catastrofico. Se e quando sarà ritrovato, chiunque dovrà essere in grado di comprendere che cosa sia e di intervenire, usando tecnologie da Età del Bronzo.
Un primo prototipo, di 2,5 metri, è esposto al «Science Museum» di Londra. E’ stato messo in moto il 31 dicembre 1999, in tempo per battezzare il nuovo millennio con due rintocchi di un gong zen. E, visto che il «Long Now Clock» è in continua evoluzione, in seguito sono arrivati i prototipi di alcune parti della versione successiva, visibili nel museo della Fondazione, al «Fort Mason Center» del porto di San Francisco. L’Orrery, il quadrante planetario, è una sorta di sfera armillare alta oltre 2 metri, che rappresenta il Sistema Solare. E’ fatta di «monel», una lega nickel-rame, e di acciaio inossidabile, mentre i pianeti sono sfere di pietre naturali: indica l’anno secondo il calendario gregoriano (facilmente convertibile in tutti gli altri calendari oggi noti); la posizione del Sole e l’ora del giorno; la posizione della Luna e le sue fasi e la posizione relativa dei sei pianeti visibili a occhio nudo. Il meccanismo, naturalmente, tiene conto della precessione degli equinozi, che completa un ciclo in 25.784 anni.
Al momento, Hillis, il project manager Alexander Rose, quattro ingegneri e un paio di macchinisti sono impegnati nella costruzione di alcune sezioni a grandezza naturale del carillon ideato da Brian Eno, un nuovo manufatto che, utilizzando un particolare algoritmo, potrà salutare i visitatori con uno scampanio diverso per ognuno dei suoi 3,5 milioni di giorni di vita e diventare una sorta di calendario sonoro per i prossimi 10 mila anni. Eno ha raccolto le sue intuizioni in merito nell’album intitolato «07003», proprio per ricordare che la Fondazione utilizza uno zero aggiuntivo nelle date in modo da scongiurare il baco del passaggio al 10° millennio.