Pierangelo Sapegno, La stampa 15/4/2009, 15 aprile 2009
IL MISTERO DEI LINGOTTI SCOMPARSI ALL’ALBA
Nella città dell’oro, l’unica maledizione è quella dell’oro. Ieri a Valenza hanno rapinato una ditta, e non c’è una goccia di sangue, non un vetro rotto, e non c’è nessuno ora, dietro al portoncino che si apre elettronicamente in via del Commercio, nella piana industriale della città, dopo quel muro che delimita il cortile. Non ci sono nemmeno più 500 chili di lingotti, che valgono più o meno 10 milioni d’euro. A dirla così, sembrerebbe un colpo perfetto. Ma il mistero di questa rapina sfiora altre storie, come una maledizione.
Davanti al cancello, in questa pianura di edifici bassi che radunano tutti i sogni dell’oro, non c’è altro che la macchina dei carabinieri e raggi di sole che hanno bagliori crudi come una lampada al neon. Questa è una storia di bagliori. Qui intorno ci sono 1200 aziende - «e prima della crisi che ha colpito anche noi erano 1400», dice il presidente degli orafi valenzani, Bruno Guarona - e un mondo fatto per inseguire i ricchi, circondato da telecamere e sigillato da sistemi sofisticatissimi.
Le rapine non sono mai tante, e quando ci sono tutte strane: un finto colpo inventato dal proprietario e smascherato dai dipendenti, o banditi travestiti da Babbo Natale che si nascondono dietro grandi vasi di fiori. Mai però un bottino come questo, da Ocean’s eleven. Un colpo nel buio, costruito da fantasmi. Se ne sono accorti alle 7 del mattino, quando cominciava appena ad albeggiare, e i vigilantes della Cestel sono arrivati come tutte le mattine davanti alla «Coppo Luigi srl» per disinnescare il sistema d’allarme prima dell’arrivo dei dipendenti. Solo che il sistema era già disattivato.
C’era una finestra aperta sul cortile. Ma il resto era tutto in ordine. Anche dentro era tutto abbastanza in ordine. Soltanto in un ufficio, piccolo e chiuso come uno sgabuzzino, c’era un uomo che gemeva, legato e imbavagliato. Era l’amministratore Pier Giuseppe Ponzano, 39 anni. Lui era arrivato alle 5 - «presto, ma era solito fare così soprattutto dopo che la fabbrica restava chiusa per qualche giorno», hanno raccontato i colleghi -, aveva tolto gli allarmi e aperto le porte. Dopo aver aperto l’ultima porta che separa il corridoio dal caveau, aveva fatto in tempo ad avvertire un rumore che proveniva dalla parte anteriore del laboratorio. Mentre stava lì a cercare di capirli, l’hanno colpito al volto e ha fatto in tempo a vedere quattro uomini incappucciati che lo legavano per bene, lo imbavagliano e lo chiudevano in una stanza senza luce.
Aveva già fatto tutto lui, involontariamente, il lavoro per loro. Gli aveva tolto gli allarmi, aperto le porte, e poi le cassaforti e il caveau. Come ci fossero arrivati non si sa. L’avevano seguito nella notte. Possiamo immaginare un furgone avanzare lentamente dietro di lui, producendo un suono attutito. Quattro banditi che scavalcano il muro dopo che l’amministratore ha spento gli allarmi e aprono la finestra che dà sul cortile per entrare nei laboratori.
La Coppo Luigi è una delle aziende più importanti di Valenza. Fa buoni affari ed è a posto. Ponzano è uno dei nipoti del fondatore, che è morto poco tempo fa. Il padre di Pier Giuseppe si chiamava Pier Giorgio, ed era «un uomo di grande onestà e di grande puntiglio», come lo descrivono a Valenza, che aveva lavorato anche lui nella stessa ditta, quand’era qui dietro, in via Cunietti. S’era messo in proprio, ma, ci ha raccontato Rodolfo Castellaro, «alla fine gli affari non erano andati troppo bene e quando le banche gli avevano tolto il credito lui s’era tolto la vita nella sua casa di Rivarone».
Adesso, per la Coppo Luigi, la rapina di ieri è un brutto colpo, perché solo una parte di quei 500 chili d’oro era assicurata. Aveva un sistema d’allarme molto sofisticato e per questo, quando la fabbrica restava ferma per qualche giorno, Ponzano veniva parecchio tempo prima per disinnescare gli allarmi e aprire le porte. Gli altri orafi dicono che «ognuno ha le sue abitudini. C’è gente che gli basta venire anche 5 minuti prima». I banditi, in compenso, dovevano conoscere bene le abitudini di Ponzano. Ora ci sono due categorie di persone che non fanno molte domande, come dice Cormac McCarthy: quelle che sono troppo stupide e quelle che non ne hanno bisogno. I carabinieri dovevano averne bisogno perché ne avevano parecchie da fare. Però alla fine non hanno trovato nessuna pista. Dice Guarona che le rapine qui sono poche e che di solito li prendono sempre. Ma non è così vero. E soprattutto non erano mai state così ricche.
L’ultimo colpo era di qualche mese fa, settembre 2008, ma era un colpo finto, perché il proprietario del laboratorio orafo Mastropietro aveva nascosto tutto l’oro nel suo giardino, 700 mila euro dentro i vasi. Due giorni dopo se n’erano accorti i dipendenti e avevano fatto scattare le indagini. Nel 2006, sotto Natale, invece i banditi si erano travestiti da finanzieri, erano saliti al quarto piano, si erano fatti aprire e consegnare oro per centomila euro. Sempre a Natale, nel 2008, si erano nascosti da Babbo Natale per sfuggire le telecamere, avanzando dietro grandi vasi di fiori prima di entrare nel laboratorio. Adesso hanno solo pedinato la vittima nel buio della notte lasciando che lui aprisse qualsiasi cosa davanti a loro, come delle ombre, senza una minaccia. Tutti colpi strani, per la maledizione dell’oro. Ma dicono che solo la verità deve essere sempre semplice. Cioè, dev’essere semplice per forza. Dev’essere abbastanza semplice perché la capisca pure un bambino. Altrimenti a cosa serve?