Francesco Billi, 15/4/2009, 15 aprile 2009
CASO EUROPA 7
La storia è vecchia di 10 anni. Era il 1999 quando Europa 7, ovvero Francesco Di Stefano (originario di un paese in provincia dell’Aquila, tra l’altro...), vinse l’assegnazione delle frequenze per diventare un’emittente nazionale. Ma quelle frequenze sono rimaste occupate da Rete4.
Si deve sapere che in Italia non esiste un’ottava frequenza nazionale, per cui Europa 7 doveva entrare al posto di qualcuno (3 reti Rai, 3 reti Mediaset, e Tmc) e Rete 4 nel 1999 non aveva ottenuto il rinnovo.
Rete 4 è però, per dieci anni, rimasta «in proroga» su quelle frequenze grazie a interventi dei governi, ora di di centro-destra ora di centro-sinistra, che rimandavano il trasloco. Di Stefano: ”La colpa è di tutte le istituzioni, di tutti i governi, di tutti i ministri che si sono succeduti in questi anni. Sono tutti ugualmente colpevoli».
Nel gennaio 2008 la Corte Europea aveva riconosciuto a Europa 7 i suoi diritti: doveva prendere il posto di Rete 4 e quella sarebbe finita sul satellite. Cinque mesi dopo il Consiglio di Stato stabilì che fosse il governo a pronunciarsi. E il governo si è pronunciato nel dicembre 2008 per mano del sottosegretario Paolo Romani (PdL) che ha assegnato a Europa 7 una nuova frequenza nazionale: la UHF 8.
Tecnicamente si tratta della banda di trasmissione utilizzata da Raiuno che, a seguito di una nuova canalizzazione, ha creato lo spazio per un’ottava frequenza nazionale. In conclusione Rete 4 resta dov’è ed Europa 7 potrà attivare gli impianti a partire dal 1 luglio 2009 (e non oltre il 30 giugno 2011). Di Stefano però sostiene che la UHF 8 non permetterebbe di raggiungere la copertura minima dell’80% del territorio nazionale e del 95% della popolazione, ma si fermerebbe al 10% del territorio e il 18% della popolazione. Quale che sia l’effettiva copertura bisogna comunque tenere presente che Di Stefano nel 1999 aveva pronti 700 dipendenti e un centro di produzione di 20 mila metri quadrati con 8 studi, adesso quel circuito televisivo si è notevolmente ridimensionato e conta cinque emittenti che coprono poco più di cinque regioni.
In ballo ci sono ancora cause civili per centinaia di milioni di euro e i 300 mila euro al giorno che la Corte di Giustizia Europea ha chiesto all’Italia per ogni giorno di ritardo nella concessione è probabile che dovremo pagarli fino al luglio prossimo.
Aldo Grasso dopo aver visto una puntata di Report sull’argomento (22 marzo 2009):
" una storia tutta italiana, quella di Europa 7 raccontata da Bernardo Iovine per Report di Milena Gabanelli. la storia di un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro. la storia di un Paese che legifera non per porre delle regole (l’ Inghilterra, patria del Servizio pubblico, già negli anni 50 aveva una legge per lo sviluppo delle tv commerciali) ma per ratificare l’ esistente, spesso per sanare una situazione selvaggia (la «legge Mammì», 1990, e la «legge Maccanico», 1997, sono il frutto di un estenuante iter parlamentare, con un’ infinità di emendamenti e di compromessi, un vero obbrobrio). la storia di come, per ragioni politiche, si possano disattendere sentenze della Corte costituzionale e della Corte di giustizia della Comunità europea. Europa 7 non è solo vittima delle mire espansionistiche di Berlusconi ma di un patto scellerato (è la mia interpretazione) fra maggioranza e opposizione che ha come punto di svolta la nascita di Raitre, o meglio l’ affido delle terza rete al Partito comunista (1987). Da quel momento la sinistra diventa complice, alla Baudrillard, del «delitto perfetto» e si castra”.