Massimo Gaggi, Corriere della sera 10/4/2009, 10 aprile 2009
E ORA RIPARTE LA FABBRICA DELLE TASSE
Arnold Schwarzenegger, divenuto anni fa governatore repubblicano della California con i suoi slogan antitasse, è stato ora soprannominato «esattore-capo» dai suoi stessi elettori, furiosi per la raffica di aumenti dei tributi (dall’imposta sui consumi a quella di circolazione) scattati il primo aprile. In Illinois il governatore democratico Pat Quinn, che ha appena sostituito Rod Blagojevich (quello finito in galera perché voleva vendersi il seggio senatoriale lasciato libero da Obama), è riuscito a guadagnarsi un’istantanea impopolarità avanzando la proposta di un forte incremento della tassa locale sui redditi e dell’estensione dell’imposta sulle bevande gassate anche a caffè e tè. Così facendo ha addirittura risvegliato il fantasma della tassa sul tè imposta dagli inglesi alle colonie americane e che fu all’origine della rivolta del 1773: quella che, tre anni dopo, portò all’indipendenza.
Un insperato spiraglio per la destra conservatrice, da mesi alle corde: quella che ora accusa Obama di aver varato un bilancio «socialista», preludio di un forte aumento delle tasse, basato su un’enorme dilatazione della spesa pubblica. I democratici respingono come ridicoli i riferimenti al socialismo ma, a microfoni spenti, ammettono che, prima o poi, Obama dovrà incrementare il prelievo. Un passo simile appare inevitabile non solo perché il salvataggio del sistema bancario e le misure a sostegno dell’economia andranno comunque ripagati, ma anche perché il pensionamento della generazione del baby boom è destinato a raddoppiare in pochi anni il volume di oneri previdenziali e sanitari a carico dello Stato.
Probabilmente, azzardano i democratici, l’aumento arriverà non ora ma fra quattro anni, a recessione finita e dopo la rielezione di Obama. Ma polverizzato: se la Casa Bianca per ora si limita a studiare aumenti dei tributi sui redditi elevati da applicare non prima di 18-24 mesi, Stati e città stanno già decidendo aumenti a raffica. A New York aumentano subito le tasse immobiliari e quelle sul reddito dei benestanti, ma non si salvano nemmeno la poverissima Detroit, né l’Arizona di John McCain. Dove il nuovo governatore repubblicano, Jan Brewer, ha dovuto proporre, contro il suo stesso partito, un aumento dei tributi in funzione antideficit.
Che le tasse non siano più un tabù lo dimostra il fatto che persino la rivista liberista Forbes ormai chiede una politica di risparmio energetico basata su un nuovo sistema di tasse e incentivi da applicare su base volontaria e che, promettono i proponenti, dovrebbe essere a saldo zero. In sostanza chi aderisce al programma riceverebbe un sussidio per l’acquisto di un veicolo ecologico, ma poi dovrebbe pagare imposte aggiuntive qualora con quella vettura percorresse più miglia di quanto previsto negli accordi. Democratici e repubblicani, intanto, discutono dietro le quinte il varo di un nuovo prelievo sui contributi sanitari.
Non solo un tabù è caduto, ma la «fabbrica delle tasse » si è già rimessa in moto a pieno ritmo.