Alessandro Longo, L’Espresso, 16 aprile 2009, 16 aprile 2009
ALESSANDRO LONGO PER L’ESPRESSO 16 APRILE 2009
All’e-commerce piace la crisi Abbigliamento, elettronica, polizze: grazie ai siti che comparano i prezzi, il business elettronico sta volando
Graziano Cucù è uno stilista, disegna calzature ed è uno dei titolari di Loriblu, un’azienda artigiana molto popolare tra le signore della nuova borghesia russa. Per loro le sue scarpe sono simbolo del made in Italy, che vedono ai piedi di star come Maria Grazia Cucinotta e Michelle Hunziker. Il signor Cucù a novembre scorso ha pensato che questo non gli bastava più: voleva espandersi nei mercati europei. Grazie a Internet. Detto, fatto: "Nel giro di tre mesi abbiamo aperto un negozio di commercio elettronico, per primi nel nostro settore, quello delle calzature artigianali made in Italy", dice Cucù. Lo scopo è soddisfare richieste da clienti di vari paesi, che con la vendita tradizionale non riusciva a raggiungere. "Appena abbiamo aperto il sito, una signora lettone ha speso 800 euro in una volta sola per dei sandali e una borsa". La marchigiana Loriblu conta di ricavare circa un milione di euro nel 2009, ossia il 5 per cento del proprio fatturato, che ora per il 75 per cento viene dalle vendite in Russia. "Pensiamo così di recuperare subito la spesa per fare il sito, tra i 500 e i 600 mila euro".
Il tuffo di Loriblu nel mondo dell’e-commerce è tante storie in una. Racconta un fenomeno che, per la prima volta, complice la crisi, ha fatto innamorare del commercio elettronico molte aziende tradizionali italiane. Anche quelle fedeli a criteri di produzione vecchio stampo, con sola manodopera nazionale, come appunto Loriblu.
" successo che l’e-commerce sta crescendo tanto, all’opposto del mercato tradizionale, e se ne sono accorte molte aziende italiane che fino a poco tempo fa, per cultura o mancanza di competenze, avevano evitato di cogliere quest’opportunità", spiega Roberto Liscia, presidente di Netcomm, il consorzio del commercio elettronico italiano. "Il punto è che la crisi riduce sì i consumi, ma rende gli acquirenti più accorti e così li spinge sull’on line", aggiunge. Non solo per risparmiare, ma anche per fare acquisti più oculati: su Internet è possibile confrontare tanti prodotti e leggere i giudizi di chi li ha già comprati prima di noi. Lo testimoniano anche le storie dalla crisi, migliaia di interventi che Repubblica.it ha collezionato dai lettori a marzo: alcuni dicono che hanno cominciato a comprare su Internet per riuscire ad arrivare alla fine del mese. Parlano anche le cifre: l’ultimo rapporto e-commerce del Politecnico di Milano (’Una crescita che sfida la crisi’) dice che nel 2008 i fatturati sono arrivati a 6,090 miliardi di euro (con un più 21 per cento dal 2007). E una conferma viene dal rapporto Casaleggio Associati, uscito due settimane fa: prevede un aumento a due cifre nel 2009, in linea con il 2008.
E il settore che sta crescendo di più, nelle vendite on line, è proprio l’abbigliamento (più 43 per cento). "Il made in Italy, dopo tanti indugi che gli hanno fatto sprecare occasioni importanti per competere meglio sui mercati esteri, ha decisamente abbracciato il commercio elettronico", dice Liscia. Ci sono marchi come Armani, Prada, Gucci, Energie, Diesel, Pinko, Bata. L’ultimo arrivo è Furla, con un sito europeo a novembre e, a marzo, uno rivolto agli utenti americani. "Contiamo quest’anno di fatturare on line come da un negozio medio normale della nostra catena e cioè circa un milione di euro. Ma è solo l’inizio, poi l’e-commerce crescerà", dice Paolo Fontanelli, amministratore delegato di Furla. "Lo scopo è aumentare il fatturato, raggiungendo il pubblico di città dove non c’è un nostro negozio. Per esempio in Germania ce ne sono soltanto tre. Ma anche dare più visibilità al marchio e migliorare la comunicazione con il cliente", aggiunge.
Ma visti i tempi che corrono, "un altro fenomeno importante sono gli outlet virtuali, siti dove trovi grandi marche scontate fino al 50 per cento. A gennaio-febbraio di quest’anno in Italia hanno aumentato i fatturati del 130 per cento rispetto al 2008, dice Liscia. Sono Born4shop, Saldi privati, Buyvip, Vente.privee. Sommati, ricavano qualche decina di milioni di euro l’anno.
Questo clima di grande prudenza negli acquisti ha fatto la fortuna anche dei siti cosiddetti di shopping comparativo. Sono motori di ricerca specializzati, dov’è possibile confrontare con pochi clic i prezzi di diversi prodotti, su vari negozi, e, più di recente, anche le loro caratteristiche una per una. "Negli ultimi sei-otto mesi abbiamo visto crescere molto i nostri utenti, del 16 per cento, e i nostri ricavi. Tanto che questi ultimi saranno, nel 2009, del 25 per cento più alti rispetto al 2008", conferma Pierpaolo Zollo, country manager italiano di Kelkoo, uno dei principali siti di shopping comparativo in Europa. Questi siti guadagnano come intermediari di acquisto tra l’utente e il negozio scelto attraverso la comparazione.
La febbre del confronto arriva a estendersi anche in altri settori del commercio. A marzo è nato così 6Sicuro.it (gruppo Assiteca), il primo sito che permette di confrontare, gratis, le tariffe assicurative per auto e moto delle 18 principali compagnie italiane. Dai dati statistici elaborati da 6Sicuro (con circa 1.700 preventivi fatti al giorno) risulterebbe che la tariffa più economica costa in media la metà rispetto a quella più cara.
"Un’altra novità è che pure la grande distribuzione italiana si sta affacciando all’e-commerce, anche se più lentamente rispetto alla moda", dice Liscia: "Ha tardato per paura di minacciare, con i siti, il business dei propri punti di vendita fisici", continua, "ma dal momento che questi ultimi ora subiscono il crollo delle vendite, si sono resi conti che l’e-commerce può dare vantaggi". Della serie: di necessità virtù. "Hanno capito che l’e-commerce non solo dà nuovi ricavi, ma rende anche più fedele la clientela e persino porta consumatori al negozio fisico. Una parte consistente del fatturato del Mediaworld fisico viene da persone che hanno conosciuto il prodotto sul sito", dice Liscia. A Mediaworld, come in altri negozi sbarcati on line, l’hanno accertato grazie al sistema dei coupon (trovi un buono sul sito, lo stampi, e lo porti al negozio) e a sondaggi presso la clientela. "Nel 2008 abbiamo fatturato 36,5 milioni di euro dall’e-commerce, in crescita del 14 per cento sul 2007, e nel 2009 prevediamo almeno un più 30 per cento", dice Pierluigi Bernasconi, amministratore delegato di Mediamarket (che detiene il marchio Mediaworld). "Notiamo che ora comincia a comprare on line un pubblico nuovo, che prima se ne stava alla larga: donne e anziani. Ci risulta che l’80 per cento dei nostri utenti e-commerce fa acquisti anche nei negozi fisici Mediaworld", aggiunge.
Va nella stessa direzione un sondaggio commissionato da Euronics a Miller & Browns, "secondo cui il 27 per cento degli italiani, nel 2008, si informa on line sui prodotti prima di andare nel negozio. Nel 2007 era il 20 per cento", dice Roberto Cuccaroni, direttore generale Euronics. così che ha deciso di investire di più sul sito e-commerce: circa 300 mila l’euro l’anno, il doppio del 2008, lanciandone una nuova versione a marzo. "E adesso pensiamo di ricavarne 15 milioni di euro nel 2009, l’80 per cento in più rispetto al 2008, che ha segnato un incremento del 27 per cento sul 2007", dice Cuccaroni. Il nuovo sito sposa le ultime mode in fatto di e-commerce: la comparazione dei prodotti e una migliore interazione con i clienti tramite forum, blog, video.
Le aziende specializzate in commercio elettronico, invece, cercano nuove frontiere. il caso di Ibs.it (37 milioni di euro nel 2008, da vendita di libri, musica, film): "Da aprile offriamo anche musica in mp3 e, per il prossimo anno scolastico, presenteremo una società per la vendita on line di libri di testo", dice Mauro Zerbini, amministratore delegato di Ibs: "Avrà gli elenchi ufficiali di tutte le scuole d’Italia e anche libri usati". Così le famiglie potranno risparmiare pure sulle spese per i figli.