Mail dell’8/4/2009, 8 aprile 2009
Cari colleghi, il voto per il parere preventivo sul direttore designato Ferruccio De Bortoli dovrebbe essere chiuso e lo spoglio non iniziato
Cari colleghi, il voto per il parere preventivo sul direttore designato Ferruccio De Bortoli dovrebbe essere chiuso e lo spoglio non iniziato. Mi sembra quindi un momento corretto per iniziare a ragionare sui principi e sul contesto generale. Parto da quando il Cdr ci ha informato che il direttore designato, richiesto di firmare con le carte del Corriere anche l’impegno sui numeri delle redazioni, ha detto di poter sottoscrivere un testo dove afferma che ”nell’attuale e difficile congiuntura dell’economia, non solo italiana, non può e non sarebbe serio assicurare il mantenimento del livello attuale degli organici”. Nel suo discorso ha aggiunto che ”dovremo fare dei sacrifici, dei duri sacrifici”. E’ una linea legittima per un direttore designato. Ma è fondata su una sua opinione. Altri personaggi autorevoli la pensano diversamente. L’attuale direttore responsabile del Corriere, per esempio, da designato fu richiesto dal Cdr di firmare un impegno coerente con il principio che nel primo quotidiano d’Italia non aveva senso affrontare la crisi (già in arrivo nei giornali) con tagli nelle redazioni. Paolo Mieli aveva garantito subito gli organici, redazione per redazione. Ha poi esteso verbalmente l’impegno fino a quando fosse rimasto direttore, anche dopo l’esplosione della più grave crisi economica dal dopoguerra. Nel suo saluto in Sala Albertini ha aggiunto valutazioni rassicuranti sullo stato economico e sulla solidità del Corriere. In passato l’opinione del direttore designato era dominante. Quasi tutti - non solo negli Stati Uniti, ma anche nei governi (di ogni colore) e tra i potenti di industria e finanza nell’Ue - esaltavano il primato della creazione di valore per gli azionisti rispetto agli interessi di lungo termine dell’impresa e dei suoi dipendenti. A Bruxelles si arrivava a livelli da pensiero unico. C’è la crisi e i profitti calano? Si tagliano costi e posti di lavoro! Ora i disastri del capitalismo speculativo hanno creato ripensamenti. Per fronteggiare il rischio di sei milioni di disoccupati nell’Ue entro il 2010 (e le conseguenti tensioni sociali) si invocano il capitalismo produttivo più lungimirante e il modello sociale europeo. Il Consiglio dei ministri Ue del Lavoro ha stabilito che i lavoratori dovrebbero restare nel sistema produttivo fino a quando non si uscirà dalla crisi e ha sconsigliato i prepensionamenti anche per non appesantire la spesa degli Stati (Corriere del 9 marzo 2009). Il commissario per gli Affari economici Almunia ha esortato a proteggere i lavoratori e a tenerli al lavoro il più a lungo possibile (Corriere del 5 aprile 2009). Il ministro dell’Economia Tremonti ha detto che è sbagliato creare valore solo per gli azionisti e che si deve creare valore per tutta l’impresa, dipendenti compresi (Corriere del 4 aprile 2009), e che licenziare non aiuta la ripresa (Corriere del 5 aprile 2009). Il premier Berlusconi si è espresso sulla stessa linea e ha detto di pensarla come Obama (Corriere del 6 aprile 2009). Perché, a Praga, perfino dal presidente degli Stati Uniti, patria del capitalismo più esasperato, ho sentito affermare – senza esitazioni - che la crisi si affronta creando posti di lavoro. Torelli Viollier ci ha insegnato dal primo numero del Corriere a non sopravvalutare queste parole dei politici, che si contrappongono all’opinione del direttore designato. Ma la notizia resta ed è che esistono almeno due scuole di pensiero. Il direttore designato potrebbe così ripensarci, garantire gli organici come il suo predecessore e scegliere la linea dello sviluppo. Darebbe un bel segnale di fiducia in se stesso e nella redazione. Ma resta suo diritto non farlo, se non gli sembra serio e se crede più utili i sacrifici. In questo secondo caso, però, il cambio di direzione al Corriere potrebbe mettere in discussione un valore primario su cui si è basato il successo del più grande quotidiano italiano, che è il poter contare su una grande redazione. Un valore che è interconnesso con gli altri fondamentali. Perché un adeguato organico redazionale si è dimostrato essenziale per mantenere il primato delle copie vendute e qualità, completezza e autorevolezza dell’informazione. In più la grande redazione del Corriere è stata decisiva per conseguire ottimi risultati economici, senza i quali non è facile difendere l’indipendenza. Con la grave crisi del trasporto aereo post 11 settembre Alitalia tagliò e Ryanair puntò sullo sviluppo. Indovinate chi poi ha perso e chi ha guadagnato? I casi aziendali sono tanti e vari. Ma nell’informazione la strategia dei tagli si è dimostrata spesso perdente. Sapete di grandi quotidiani che, dopo aver ridotto costi e giornalisti, abbiano aumentato le vendite e migliorato in qualità, completezza, autorevolezza e indipendenza? Alcuni hanno puntellato il bilancio. In molti giornali i tagli hanno portato meno pagine, notizie riciclate di seconda, terza e quarta mano, cronisti incatenati ai video-terminali, a volte la chiusura. Non è con i tagli e i sacrifici che il Corriere di Torelli Viollier, dei fratelli Albertini o di Ugo Stille è diventato un’istituzione, ha battuto record di copie vendute, ha sbaragliato la concorrenza e ha aiutato a crescere socialmente e culturalmente milioni di lettori. In ogni caso per il Corriere della Sera oggi non se ne dovrebbe nemmeno parlare. Il quotidiano di via Solferino e la Rcs Quotidiani hanno prodotto ottimi utili per molti anni e godono di prestigio nazionale e internazionale. Il direttore responsabile, nel suo saluto, lo ha confermato. Certo, nessuno sa come evolverà la crisi. Ma le perdite dovrebbero toccare principalmente agli azionisti, che in passato hanno guadagnato. Nei giornali cambia molto. Una grave crisi la subiamo da anni. Da tempo servono potenziamenti importanti e mirati per riguadagnare lettori e copie vendute. I direttori dovrebbero avere idee innovative e varare piani di rilancio adeguati a un contesto mondiale dove la stampa ha perso editori puri e, soprattutto, tanta credibilità. Pensiamo alle direzioni dei giornali che si sono bevute la superbufala di Bush sulle armi di distruzione di massa e che in Italia hanno scambiato un poveraccio romeno per un mostro stupratore. Giorgio Bocca critica la generazione dei direttori-mediatori, efinendoli poco inclini ai contenuti, al messaggio civile e sempre più intenti a galleggiare (Corriere del 12 novembre 2008). Un altro decano del giornalismo, Seymour Hersh, ha sostenuto più volte che nei media spesso si baratta l’onestà per la vicinanza al potere. Si parla dei direttori perché hanno i poteri per guidare un giornale. Sono loro che possono scegliere la linea dei duri sacrifici o quella delle idee, dei piani di rilancio e del recupero di credibilità davanti ai lettori. Ma anche tutti noi giornalisti, nel nostro piccolo, dovremmo fare un po’ di autocritica, soprattutto quando c’è da difendere diritti collettivi. Perché altrimenti non possiamo lamentarci a posteriori quando prevale la linea - spesso perdente - dei tagli e della cosiddetta flessibilità: favorita, attuata e condivisa dalla Fieg e dal vertice della Fnsi nell’incredibile ipotesi di accordo sul contratto di lavoro. Ivo Caizzi NOTA DEL CDR INCONTRO CON IL DIRETTORE DESIGNATO Come da prassi, il Cdr ha incontrato questa mattina il direttore designato Ferruccio de Bortoli per consegnargli le carte che tradizionalmente vengono sottoposte ai direttori del Corriere della Sera: lo Statuto e la Carta dei diritti. De Bortoli si è impegnato ad esaminarle e a firmarle prima dell’incontro con cui si presenterà alla redazione. Per quanto riguarda il tema degli organici, il Cdr ha chiesto a de Bortoli di sottoscrivere un impegno analogo a quello preso da Paolo Mieli. De Bortoli ha dato la disponibilità a sottoscrivere questa lettera: Il direttore è garante primo della redazione. Nell’attuale e difficile congiuntura dell’editoria, non solo italiana, non può, e non sarebbe serio, assicurare il mantenimento del livello attuale degli organici. Ma il direttore si impegna a salvaguardare il patrimonio e le risorse interne mettendo in pratica tutte le iniziative editoriali ed organizzative dirette ad assicurare l’occupazione sostanziale dei giornalisti del Corriere della Sera, forza centrale e preziosa dell’intero gruppo. Ciò significa che, d’intesa con il Cdr e l’azienda, verranno esplorate tutte le possibilità di risparmio ed efficienza che non gravino direttamente sulla redazione. Qualora venissero proposti altri tipi di intervento, il Direttore avvierà preventivamente, insieme con il Cdr, una ricognizione, settore per settore, dell’attuale organizzazione redazionale.