Glauco Maggi, La stampa 7/4/2009, 7 aprile 2009
TITOLI TOSSICI, IL CONTO SALE A 4 MILA MILIARDI
Se il Fondo Monetario Internazionale supera in pessimismo Nouriel Roubini, il primo economista a prevedere il collasso del sistema finanziario mondiale oltre due anni fa, le Borse ne prendono nota e rimandano i sogni di ripresa emersi in marzo. Così ieri, dopo che le piazze asiatiche e quelle europee avevano chiuso in calo, perdite più alte hanno afflitto a fine giornata Wall Street: il Dow ha ceduto il 2,35% a 7.787,04 punti, il Nasdaq è arretrato del 2,81% a 1.561,61 punti.
Secondo anticipazioni del Times di Londra, il Fmi alzerà considerevolmente nel suo prossimo rapporto del 21 aprile le stime sui bond tossici: la nuova cifra è di 4 mila miliardi di dollari, quasi il doppio dei 2.200 miliardi della previsione fatta lo scorso gennaio dallo stesso Fondo. E più elevata dei 3.600 miliardi di dollari di buco globale ipotizzati per la metà del 2010 da Roubini, presidente della società di ricerche Rge Monitor. Secondo il Fmi, saranno 3.100 nei soli Stati Uniti i miliardi di dollari in bond e in altri strumenti finanziari avvelenati che verranno a galla entro la fine dell’anno venturo: ai titoli legati ai mutui subprime, che hanno dato il via alla catena di svalutazioni, si aggiungeranno quelli contagiati dalla crisi del credito che, dai mutui, si è propagata alle obbligazioni ancorate ai prestiti personali generati dalle credit card, e ai finanziamenti ai privati e alle imprese per sostenere i consumi, dalle auto alle rette delle università. Alla cifra tonda di 4 mila miliardi si arriva con i 900 miliardi che il Fmi stima siano sommersi nei conti delle istituzioni finanziarie europee ed asiatiche.
Finora le banche e le assicurazioni hanno denunciato di avere 1.290 miliardi di dollari in bond tossici. Nemmeno una settimana dopo che i governi riuniti nel G20 hanno promesso di finanziare con circa mille miliardi di dollari il Fmi e la Banca mondiale perché diano sostegno agli Stati in sofferenza, la cifra ventilata dal giornale inglese renderebbe l’enorme sforzo inadeguato alla situazione. Peraltro, sia il Congresso americano sia il Parlamento inglese, dopo le iniezioni di fondi a favore delle rispettive economie, non possono realisticamente fare di più nel breve termine.