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 2009  aprile 07 Martedì calendario

IL FMI: PARACADUTE EURO PER SALVARE I PAESI DELL’EST


Usare l’euro come paracadute per evitare il collasso dei Paesi del centro e dell’est Eu­ropa più esposti alla crisi finanzia­ria mondiale. La propo­sta è contenuta in un rapporto confidenzia­le, rivelato ieri dal Fi­nancial Times, che è stato preparato circa un mese fa dal Fondo monetario internazio­nale con l’obiettivo di servire da base per un piano d’azione concor­dato con la Banca Mon­diale e la Banca Europea per la Ri­costruzione e lo Sviluppo (Bers). Ma il piano per «euroizzare» le economie dei paesi dell’Est più a rischio (così lo hanno definito esponenti dello stesso Fmi) si è per ora scontrato con la netta op­posizione sia della Banca centrale europea sia di diverse nazionali dell’Unione, sia all’interno (in pri­mo luogo la Germania) sia al­l’esterno della zona euro. E non è difficile capire il perché. Il piano prevede che sia concesso ai paesi in difficoltà din adottare subito l’euro al posto della propria mo­neta, tanto da diventare «quasi» membri dell’euro pur senza entra­re a pieno titolo nell’euro-zona composta dalle 16 nazioni che at­tualmente utilizzano la valuta co­munitaria. Di contro, visto che non ne hanno i requisiti, dovreb­bero essere «allentati» i criteri per aderire alla divisa unica. «I re­quisiti per l’euro sono quelli san­citi dal Trattato e non possono es­sere cambiati», ha ribadito ieri la Bce.

Il documento dell’Fmi parte dalla convinzione che le econo­mie emergenti del continente ri­schino il collasso se non si mette­rà subito mano a un piano di sal­vataggio «complessivo», e che il loro crollo produca inevitabil­mente effetti gravi sulle stesse economie della zona euro. In par­ticolare, il Fondo indica i casi di Lettonia e Ucraina (che hanno già fatti ricorso a crediti d’emergen­za dell’Fmi), dell’Ungheria, della Romania (prossima a chiedere l’intervento del Fondo) ma anche di nazioni come la Polonia, la cui situazione finanziaria sta deterio­randosi rapidamente. Con il pro­sciugarsi del credito, i buchi lega­ti ai titoli tossici che sono nei por­tafogli di molte banche locali (spesso filiali di banche dell’Euro­pa occidentale), la perdita di valo­re delle monete locali e la gelata dell’intera economia, gli «emer­genti » d’Europa si trovano con 413 miliardi di dollari di debito estero in scadenza nel 2009 e con la necessità di finanziare anche 84 miliardi di dollari di deficit del­le partite correnti. Tutto questo senza disporre delle risorse suffi­cienti, e con un’erosione delle lo­ro valute che non fa che ampliare la voragine. Anzi, con tutta proba­bilità Ucraina, Lettonia non riusci­ranno neppure ad applicare le ri­cette economiche anti-crisi detta­te dal Fondo monetario come condizione per concedere credi­to.

Il rapporto dell’Fmi stima che l’Europa centro-orientale (com­presa la Turchia) si troverà que­st’anno con un «gap finanziario» di 123 miliardi di dollari e 63 mi­liardi il prossimo.

Quel che è certo è che il docu­mento del Fondo s’inserisce in una fase di revisione degli equili­bri dollaro-centrici fissati a Bret­ton Wood 55 anni fa. Lo stesso G20 di Londra ha segnato un pas­so decisivo in questi senso, con un’attribuzione al Fondo di nuo­ve risorse (oltre mille miliardi di dollari) per alimentare la disponi­bilità di «diritti speciali di prelie­vo », cioè la «moneta» dell’Fmi composta da un paniere che oltre alla valuta Usa comprende euro, sterlina e yen. Proprio nella dire­zione di una «divisa globale», del resto, punta apertamente la Cina. Ad alimentare il confronto con­tribuisce ovviamente la crisi at­tuale. Ieri Lorenzo Bini Smaghi, esponente del board della Bce, ha ammesso la situazione di instabi­lità sul mercato dei cambi, legata in parte anche alla necessità di fi­nanziarsi in dollari che hanno gli Usa. Il che ha portato molte istitu­zioni a convertire euro in valuta americana attraverso swap in di­visa estera. Bini Smaghi è arriva­to a prefigurare un intervento di­retto della Bce sul mercato dei cambi.

E sulla crisi è tornato ieri a par­lare anche il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, presi­dente del Financial Stability Bo­ard, che una volta di più ha sotto­lineato l’esigenza che le banche tornino a erogare credito.