Alessandra Farkas, Corriere della sera 8/4/2009, 8 aprile 2009
BOB DYLAN: «BARACK E’ COME TUTTI GLI ALTRI»
L’anno sorso aveva lasciato tutti di stucco quando, per la prima volta in vita sua, aveva pubblicamente appoggiato un candidato: Barack Obama. Ma l’amore, peraltro ricambiato, tra Bob Dylan e il presidente americano si è già affievolito. In un’intervista al critico musicale del londinese Times Bill Flanagan, il 67enne mito della musica prende le distanze da Obama in controtendenza con i recenti sondaggi che gli danno indici di gradimento al 66%. «Non sono affatto sicuro che sarà un grande presidente», afferma Dylan, cinico verso i politici in generale, «tutti personaggi – spiega – che entrano in carica con le migliori intenzioni, ma se ne vanno come uomini sconfitti».
«Johnson è un buon esempio – prosegue – così come Nixon, Clinton e Truman, e un po’ tutti gli altri. come se avessero volato tutti troppo vicino al sole, bruciandosi le ali».
In un’intervista allo stesso Times, nel giugno scorso, Dylan aveva spiegato i motivi del suo endorsement.
«L’America è in una fase di tumultuoso cambiamento – aveva teorizzato ”. La povertà è demoralizzante. Non ti puoi aspettare che la gente abbia la virtù della purezza quando è povera». «Però – aveva aggiunto’ ora abbiamo un uomo che sta ridefinendo la natura della politica partendo dal basso: Barack Obama».
Dieci mesi più tardi è già disilluso. «La politica, in fondo è solo intrattenimento e sport», dice. «Un’attività per i figli di papà, o per chi unge le ruote. Guardateli i politici», prosegue, «sempre vestiti in modo impeccabile, perfetto; tutti animali da feste di gala. I politici sono intercambiabili, uno vale l’altro». Alla domanda «Non crede nel processo democratico? », Dylan replica: «Sì, ma cosa c’entra ciò con la politica?». Secondo Dylan la politica «crea più problemi di quanti non ne risolva». Perché «il potere vero è sempre nelle mani di piccoli gruppi, gente che agisce dietro le quinte». Il menestrello del rock confessa di esser rimasto colpito da Obama dopo aver letto la sua autobiografia I sogni di mio padre. «Ha un passato interessante, è come un personaggio da romanzo, ma in carne e ossa. Ed è nato alle Hawaii. La maggior parte di noi pensa alle Hawaii come un paradiso, perciò penso che si possa dire che sia nato in paradiso». Anche i genitori di Obama lo intrigano: il padre, «un intellettuale africano, erede dei Bantu, Masai, e Griot, e di una tradizione di uccisori di leoni»; la madre «originaria del Kansas del mago di Oz: è così incongruo che due persone tanto diverse si siano incontrate ed innamorate ». «In un certo senso, avrei detto che la politica è l’ultima cosa che un uomo come lui avrebbe voluto fare. Ma Obama avrebbe potuto fare qualsiasi cosa. Se leggi la sua autobiografia, capisce che è stata la politica a cercarlo. Lui ha preso la palla al balzo ».
Il fatto che l’intervista abbia subito arroventato il Web non tocca Dylan che non è certo nuovo alle polemiche politiche. Basta pensare a quando si presentò ubriaco alla cerimonia di consegna del Tom Paine Award del National Emergency Civil Liberties Comittee, invitando le «teste calve» dei presenti ad «andarsene in pensione in Florida».
Il pubblico, perplesso, iniziò a fischiare quando Dylan aggiunse che credeva di capire cosa era passato per la mente di Lee Harvey Oswald, il quale, poco meno di un mese prima, il 22 novembre 1963, aveva sparato al presidente Kennedy.
La gaffe coincise con la fine del suo periodo di collaborazione con le organizzazioni politiche di base.