Roberto Satolli, 7 aprile 2009
DARWIN E I TUMORI
Tra i conflitti dichiarati da un presidente degli Stati Uniti e mai vinti ce n’è uno che registra quasi 8 milioni di morti all’anno nel mondo e non accenna a recedere: è la guerra al cancro dichiarata da Richard Nixon nel 1971. Eppure si sono investiti centinaia di miliardi di dollari, la biologia molecolare del cancro è una delle scienze che hanno progredito di più, insieme con le tecniche diagnostiche, ed è incessante la scoperta di nuovi farmaci. Quale diabolica tecnica di guerriglia tiene sotto scacco un tale dispiegamento? Francesco Colotta, oncologo molecora che dirigie il Centro di Nerviano, la più grande concentrazione in Europa di ricercatori i nquesto settore, ha scritto un libro "Darwin contro il cancro" per mettere sul tavolo un’idea semplice che in un colpo solo spiega il paradosso e indica una possibile strada per uscirne. Le cellule tumorali, che una volta si definivano "impazzite", sono invece elementi che hanno acquisito la capacità di evolversi molto rapidamente, come i batteri e i virus. Non solo proliferano in modo incontrollato, ma da una generazione alla successiva mutano di caratteristiche, per effetto di diversi meccanismi ormai ben noti, che si riassumono nel termine "instabilità genetica". Il risultato è che all’interno di una massa tumorale o nelle sue metastasi non c’è praticamente una cellula uguale alle altre, e gli sforzi delle difese immunitarie di ucciderle non fanno altro che selezionare quelle più adatte, non solo a sopravvivere in un ambiente ostile, ma a trarne addirittur vantaggio. Il guaio è che lo stesso accade anche con i farmaci che via via si sperimentano. E’ come mirare a un bersaglio mobile: se una nuova chemioterapia uccide le cellule che possiedono una certa caratteristica molecolare, il trattamento selezionerà nuove cellule senza quel target, e così ia in una rincorsa senza fine che si può solo perdere. Ecco spiegata la resistenza ai farmaci: in sostanza il cancro ci appare imbattibile perchè si evolve in modo darwiniano. Se l’analisi è giusta, tutta la ricerca sta sbagliando bersaglio: bisognerebbe avere come target non questa o quella molecola o recettore, ma il motore stesso della variabilità, sfruttabdo la mancanza di proteine di controllo e di riparo del Dna nelle cellule tumorali. E si può scommettere che molti sono già a lavoro, non solo a Nerviano, per saggiare questa possibilità in laboratorio. Alcuni obietteranno che il vero motivo per cui non si riesce a sconfiggere il cancro è un altro: si è puntato troppo sulla terapia e sulla diagnosi precoce, e troppo poco sulla vera prevenzione, quella che individua e rimuove le cause. Ma in ogni caso il ibro di Colotta è il modo migliore per dimostrare come il pensiero di Darwin, nel suo bicentenario, sia tuttora in evoluzione e capace di generare modi completamente nuovi di vedere e comprendere le manifestazioni della vita.