Paul Krugman, La Stampa 5/4/2009, 5 aprile 2009
Il governo può aiutare la ripresa dell’economia, e come? Il settore privato sta tagliando enormemente sulle spese
Il governo può aiutare la ripresa dell’economia, e come? Il settore privato sta tagliando enormemente sulle spese. Il tasso di risparmio è passato dallo zero di non molto tempo fa al 3,8% e probabilmente tornerà presto verso l’8%. Gli affari vanno male, il mercato della casa è ancora in caduta che si deve proprio al calo nella richiesta dai privati. Normalmente si potrebbe pensare che la Federal Reserve sistemerà tutto tagliando i tassi d’interesse e incoragggiando la gente a spendere, ad acquistare case. Oggi questo non si può fare. Il tasso d’interesse Fed è già a zero. E comunque, nessuno compra casa per il clima di sfiducia generalizzata e perché i prezzi degli immobili sono ancora troppo alti. Una risposta ordinaria, con crollo della domanda come quello di questo periodo, non serve. Il governo deve spendere Se la gente non spende, può farlo il governo. Che può creare domanda e anche sostenere le entrate, in modo da non far calare troppo i consumi. Questi, a loro volta, sosterranno il commercio in modo che gli investimenti non vengano tagliati drasticamente. Se il governo decide di costruire un secondo tunnel ferroviario sotto l’Hudson un gran numero di persone troverà un lavoro, e si darà impulso all’acquisto di cemento: ritorna la domanda. Agendo così, ogni dollaro del debito federale crea un dollaro per l’attività economica. Forse anche di più, perché la gente avrà più soldi e quindi ne spenderà di più. Secondo la maggior parte delle stime un dollaro speso dal governo, cioè investito in infrastrutture o in qualche altra forma di intervento diretto, ne genera almeno uno e mezzo di prodotto interno lordo. Questo sistema ha un lato debole:ci vogliono anni per progettare, per tracciare i piani, per ottenere i permessi e iniziare a lavorare. L’alternativa più rapida è fornire aiuti ai governi statali e locali che stanno tagliando le spese. E poi si può dare direttamente soldi alla gente, invece di acquistare beni e servizi. Sistema discutibile, perché non è chiaro cosa gli americani potrebbero fare di questi soldi: metterli da parte, saldare i debiti delle carte di credito, prendersi una vacanza. Forse, limitando questa soluzione a chi è davvero in difficoltà - i disoccupati e chi ha perso l’assicurazione sanitaria - lo stimolo potrebbe rivelarsi abbastanza efficace. Non tanto efficace costruire nuovi ponti, ma senz’altro più rapido. Infine, si possono tagliare le tasse. Si può fare in fretta, ma è assai probabile che la gente non spenda il denaro risparmiato in questo modo. Gli sgravi fiscali Il piano di stimolo del governo americano, è molto buono per due terzi: la parte relativa agli investimenti. Il resto sono sono tagli fiscali. quello che Obama chiama far rendere il lavoro. In sostanza: per metà si tratta di credito d’imposta contro parte delle trattenute in busta paga. Non mi sembra una politica molto efficace, ma era una promessa elettorale. Il resto sono sgravi fiscali per le imprese: e questi mi sembrano inefficace, misure che non hanno alcun impatto sugli investimenti. Insomma, soldi buttati. Più che un piano di ripresa, sembra un modo per rallentare la corsa verso l’abisso. Per ammissione degli stessi economisti dell’Amministrazione l’effetto del piano sarà di ridurre il tasso di disoccupazione a fine 2010 dall’8% previsto al 6,2. Non è molto, anche se è senz’altro meglio di come potrebbe andare altrimenti. Non solo: questo è il tipo di crollo che rischia di diventare cronico perché l’economia è depressa e tutti hanno cominciato a tagliare le spese. Questo aumenta il peso del debito, perché il debito americano è in dollari ma se gli Usa entrano in deflazione si creerà l’aspettativa che i prezzi continuino a scendere e nessuno vorrà fare dei prestiti pensando che al momento del rimborso il dollaro varrà più di oggi. E’ quello che è successo in Giappone negli Anni 90. Più a lungo dura il crollo, più diventa rischioso. Quindi è essenziale, anche se non si riesce a creare una vera ripresa, fare di tutto per diminuire l’entità e la durata della depressione: questo è lo scopo dello stimolo. E bisogna farlo in fretta, l’orologio corre e ogni mese che passa il rischio di una crisi pluriennale diventa più concreto. L’esempio del Belgio C’è poi il nodo del debito. Quanto a lungo può resistere una nazione avanzata, con un governo relativamente stabile, a un indebitamento pesante prima di iniziare a perdere la fiducia degli investitori? Ci sono numerosi esempi a cui fare riferimento. Bisogna terere a mente che stiamo parlando degli Stati Uniti e cioè di un Paese con una forte volontà politica, con un’enorme abilità nel raccogliere tasse e nell’onorare il debito. Ora come ora il debito americano rappresenta circa il 45% del prodotto interno lordo. Gli Usa uscirono dalla seconda guerra mondiale con un debito pari al 110% del Pil e riuscirono a venirne fuori. Certo oggi la situazione è diversa, non c’è una guerra. Il termine di paragone adatto è il Belgio, un paese che ha un debito che rappresenta l’87% del Pil. Il Belgio non ha nulla di speciale, è appena un po’ meno stabile della maggior parte dei Paesi avanzati per via delle differenze etniche e linguistiche. Ma questo non crea allarme sociale. L’esempio belga suggerisce che gli Sates possono aumentare il debito ancora del 40%, se fosse necessario: fra i 5,5 e i 6 trilioni di dollari (migliaia di miliardi). Le colpe della Fed Un’ultima osservazione, rivolta al passato. Quanta colpa ha l’ex governatore della Fed Alan Greenspan? Nessuno è responsabile di questa crisi. Ma se si volesse proprio individuare qualcuno a cui tirare uova marce allora toccherebbe proprio a Greenspan, perché più di ogni altro avrebbe potuto fare qualcosa almeno per ridurre la portata dell’evento. Quando è esplosa la bolla immobiliare - e il problema era evidente - insisteva a dire che non c’era nessuna bolla. Era stato avvisato con precisione sui subprime e non fece nulla, opponendosi sempre a qualsiasi regolamentazione. E continuava a rassicurare tutti che le cose andavano benissimo, rifiutandosi di prendere provvedimenti. La crisi ci sarebbe stata anche se alla guida della Fed ci fosse stato qualcun altro. Forse, senza Greenspan, non sarebbe stata altrettanto devastante. / Stampa Articolo