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 2009  aprile 04 Sabato calendario

LA BOLLA IMMOBILIARE E I PERCH DEL PESSIMISMO


In principio era la bolla immobiliare. La bolla ha innescato la crisi, finanziaria prima, economica poi. Una crisi epocale, nata da una bolla epocale. Dal 1997 al 2007, i prezzi delle abitazioni negli Usa si sono moltiplicati per 2,6 volte; circa quanto in Francia e Scandinavia; triplicati in Spagna e Gran Bretagna. Più gonfia la bolla, più fragoroso il botto. Così, negli Stati Uniti i prezzi sono crollati: -30%. E non sembra sia finita: il Tesoro americano, per valutare la solidità delle banche, ipotizza un ulteriore -22% per quest´anno, e -7% per il 2010. Se c´è qualcosa che sta andando peggio che nel ´29, è proprio il mattone.
Da noi, di bolla del mattone non si parla. Non viene considerata una fonte di rischio per l´economia italiana. Si ha la sensazione che, a differenza degli altri paesi, non ci siano stati aumenti eccessivi: una bolla che non c´è, non può scoppiare. L´anno scorso il prezzo medio delle abitazioni in Italia è sceso poco più del 2%; molti stimano un -9% per il 2009 e prezzi piatti nel 2010. Sarebbe una correzione contenuta, in linea con quanto avvenuto dal 1993 al 1997 (-11%), alla fine del precedente ciclo immobiliare.
In realtà, dal 1997 al 2007 i prezzi delle abitazioni italiane sono raddoppiati. Un´enormità, soprattutto a confronto con il potere di acquisto degli italiani: il prezzo delle case deflazionato per il salario medio è salito del 60%; meno che negli Usa (95%), ma pur sempre tanto. Dovrebbe preoccupare che questo rapporto, anche scontando un -10% complessivo dei prezzi nel 2009 e 2010, e un +3% annuo dei salari, alla fine resterebbe comunque superiore al livello del 1993, all´apice del precedente ciclo immobiliare. Quindi, la bolla c´è anche da noi. E c´è spazio per una discesa dei prezzi più marcata; anche perché la bassa inflazione attesa rende necessaria una maggiore discesa dei prezzi per riportare in equilibrio il valore reale degli immobili.
La corsa dei prezzi delle case italiane non è stata causata da fattori permanenti (cambio della struttura demografica, aumento del reddito), ma da un aumento della domanda speculativa (acquisto a scopo di investimento) alimentata dai tassi bassi, la liquidità generata da bonus e guadagni in borsa, la creazione dei fondi immobiliari (con conferimenti di immobili da altre società, che però hanno avuto un effetto sui prezzi), le operazioni immobiliari di tante imprese per poter sfruttare la leva finanziaria. Una domanda che svanisce con la stessa velocità con cui appare. L´impatto sui prezzi non è immediato: prima crolla il numero di transazioni, poi gradualmente si aggiustano i prezzi. Il processo è lento; l´inerzia forte. Siamo solo agli inizi.
Si afferma che il basso livello di indebitamento degli italiani dovrebbe metterci al riparo dalle conseguenze negative di un´eventuale caduta di prezzi. Vero, ma fino a un certo punto. Gli immobili sono la componente principale della ricchezza delle famiglie italiane (60%): una riduzione del suo valore avrebbe un effetto depressivo sul tenore di vita percepito, a prescindere dall´onere del debito. Nessuno vende i mattoni per mangiare, ma molti spenderanno meno se il valore complessivo del risparmio, accumulato a scopo precauzionale, si riduce. Questo vale soprattutto per chi ha comprato dal 2004 in poi (il 46% del totale dei mutui delle famiglie), quando i prezzi erano già saliti del 60% dai minimi, e ora rischia di vedere il suo investimento andare in perdita. E poi, le famiglie hanno poca leva, ma le società immobiliari ne hanno tanta: quelle quotate hanno perso in media l´82% del proprio valore e spesso i creditori devono convertire il debito in azioni per scongiurare il dissesto ed evitare la vendita forzata di immobili. Quale poi sia la leva complessiva utilizzata dalle imprese per operazioni immobiliari, non si sa. Quanto basta perché lo scenario non sia così roseo.