Mario Seminerio, epistemes.org 28/1/2008, 28 gennaio 2008
Al termine del negoziato tra l’Amministrazione Bush e la Camera dei Rappresentanti, il pacchetto di stimolo fiscale a sostegno dell’economia statunitense è divenuto più inclusivo delle famiglie a reddito basso e medio-basso, ma non è stato mondato di alcune incongruenze di policy che finiranno col renderlo complessivamente meno efficace
Al termine del negoziato tra l’Amministrazione Bush e la Camera dei Rappresentanti, il pacchetto di stimolo fiscale a sostegno dell’economia statunitense è divenuto più inclusivo delle famiglie a reddito basso e medio-basso, ma non è stato mondato di alcune incongruenze di policy che finiranno col renderlo complessivamente meno efficace. Il pacchetto di compromesso ha ridotto a 3000 dollari la soglia di reddito tassabile (gli earnings) che farà scattare l’erogazione minima dei rebates fiscali, fissata in 300 dollari per i singles e 600 per le coppie, oltre a 300 dollari aggiuntivi per ogni figlio. Nella formulazione di Bush, ad esempio, una coppia sposata e con un figlio avrebbe iniziato a beneficiare del rimborso fiscale solo con un imponibile di 21.400 dollari. Come si può agevolmente constatare, si tratta di differenze non marginali. Sotto questo profilo, l’efficacia dello stimolo ne verrà accresciuta perché, come noto, le famiglie sottoposte a stress di liquidità (cioè quelle che necessitano materialmente di soldi da spendere per esigenze fondamentali della vita quotidiana) sono quelle che, con alta probabilità, spenderanno immediatamente il rimborso, contribuendo ad innalzare il livello di domanda aggregata, come già evidenziato dal presidente della Fed, Bernanke. Sopra i 75.000 dollari per i single ed i 150.000 dollari per le coppie i rimborsi verranno progressivamente ridotti fino ad azzerarsi. Ma il pacchetto resta insoddisfacente sotto altri aspetti. Ad esempio, è noto che l’implementazione dello stimolo fiscale necessita di tempi amministrativi non brevi. Ciò implica il rischio che lo stimolo si dispieghi pienamente solo quando l’economia ha iniziato la ripresa, oltre al ritardo nell’alleviare lo stress finanziario di famiglie che riceveranno gli assegni di rimborso solo tra alcune settimane o mesi. Esistono anche altre debolezze del piano: in primo luogo, pur avendo ridotto la soglia di imponibile che fa scattare i rimborsi, restano 22 milioni di famiglie che non compilano la dichiarazione dei redditi, e che non saranno pertanto raggiunte dallo stimolo. Per risolvere questo problema di incapienza il Congressional Budget Office (CBO) aveva suggerito l’estensione temporanea dei sussidi di disoccupazione e l’aumento (sempre temporaneo) del valore dei food-stamps, i buoni-pasto in denaro destinati ai meno abbienti. Simulazioni del CBO hanno evidenziato la grande rapidità di trasmissione dello stimolo espansivo perseguito per queste due vie, oltre alla loro maggiore magnitudine in termini di moltiplicazione della domanda aggregata. Ma il suggerimento non è stato accolto dalla Camera, dove la stessa speaker della maggioranza democratica, Nancy Pelosi, ha erroneamente rimarcato l’esiguità del beneficio fornito dall’aumento di valore dei food-stamps. Altre inefficienze del pacchetto sono poi riconducibili all’assenza di misure a sostegno dei bilanci statali (che sono destinati a perdere gettito in conseguenza del rallentamento economico), oltre che per gli effetti di disposizioni fiscali federali, quali gli ammortamenti accelerati previsti dal provvedimento. Questa perdita di gettito costringerà gli stati, che sono vincolati al pareggio di bilancio, al taglio di programmi di spesa nell’ambito soprattutto di educazione ed assistenza, aggravando l’impatto recessivo sui soggetti economicamente più deboli. Ma queste sono solo le obiezioni per così dire ”endogene” al pacchetto di stimolo. Altre e ben più rilevanti sono relative al fatto che questa manovra si risolve di fatto in un’azione di deficit spending a cui non sarebbe estraneo il timing elettorale. Il pacchetto, in altri termini, non agirebbe sugli incentivi di lungo periodo alla crescita economica, e si limiterebbe a drenare risorse fiscali a supporto dei consumi, disinteressandosi di accrescere il potenziale di crescita. Altre obiezioni si fondano sulla Ipotesi del Reddito Permanente: rendere permanenti i tagli d’imposta consentirebbe ai consumatori di modificare i propri modelli di consumo, ma solo a patto di ridurre la spesa pubblica in modo equivalente, evitando il deficit. E questo proprio perché i consumatori sono anche contribuenti, e sanno che il maggior deficit di oggi dovrà essere ripagato domani attraverso maggiore tassazione. Di conseguenza si asterranno dal consumare il reddito addizionale ottenuto per via fiscale. Greg Mankiw ha raccolto i contributi di questa ”coalizione contro lo stimolo fiscale’. Noi riteniamo che obiettivo prioritario delle azioni di policy debbano essere gli incentivi alla crescita di lungo periodo, ma senza dimenticare che lo stimolo fiscale di breve periodo si dimostra efficace quando gli individui sono cash-strapped, soffrono cioè di tensioni di liquidità. Da una sintesi dei due approcci può derivare un’azione espansiva efficace ed efficiente.