Varie, 17 marzo 2009
Tags : Josef Fritzl
Josef Fritzl
• Amstetten (Austria) 9 aprile 1935 • «[...] l’ingegnere [...] che nascose in cantina per 24 anni (dal 1984) sua figlia Elizabeth, allora 19enne, di cui abusò e da cui ebbe sette figli (uno morto appena nato, e subito bruciato nel giardino di casa). Il tutto senza che la moglie e i vicini, nella tranquilla cittadina di Amstetten, sospettassero nulla. E, per giunta, facendo credere a tutti che la ragazza fosse fuggita per unirsi a una setta di fanatici [...] accusato di omicidio preterintenzionale, riduzione in schiavitù, violenza privata, sequestro di persona, stupro e incesto – si è dichiarato colpevole di stupro, incesto e segregazione, ma non di omicidio (nei riguardi del figlio nato dall’incesto e morto nel 1996) e riduzione in schiavitù. [...]» (Stefania Angelini, ”La Gazzetta dello Sport” 17/3/2009) • «[...] Quando non gli toccava fare il bravo marito con la vecchia Rosemarie, o non era troppo indaffarato a fare il nonno buono coi tre figli-nipoti che aveva finto di prendere in affido, ”quella disgraziata di mia figlia Elisabeth ce li ha mollati perché lei non può mantenerli!”; quando non si premurava di raccontare barzellette al bar o di radere l’erba o d’andare a pesca o di dare una mano ai vicini, ”quant’è bravo ad aggiustare gli elettrodomestici!”; quando non spariva ore nello scantinato a lavorare, ”guai a chi va lì dentro!”, e in realtà apriva la botola segreta per dar da mangiare ai suoi schiavi; quando la sua doppia faccia non si doveva dividere fra la normalità e l’orrore, allora l’ingegnere Josef Fritzl aveva finalmente il tempo d’occuparsi anche di loro, gli uccellini, povere bestioline. Dalla Dammstrasse lo vedevano tutti, lassù. A dare miglio e attenzione. A fare l’unica cosa che gli riusciva bene: accudire una gabbia. Josef ha impiegato una vita a ingannare tutti e un giorno solo a confessare tutto. Sì, ha rapito sua figlia. L’ha segregata 24 anni. Ha avuto sette figli-nipoti da lei e uno, neonato e morto, l’ha bruciato nella caldaia. Tre se li è cresciuti al piano di sopra come se niente fosse, assieme alla moglie-moglie Rosemarie. Gli altri li ha sepolti vivi là sotto, con la moglie-figlia Elisabeth... [...] Elisabeth sparisce nell’agosto 1984, ma il piano della cantina è di due anni prima, quando lei stanca di violenze scappa di casa per qualche giorno. Josef la minaccia, la ragazza torna ma diciottenne, barista in un autogrill, se ne rivà. lì che il padre passa all’azione: lascia che la fuggiasca rincasi e due settimane dopo è lui, con la moglie, a denunciare costernato l’ennesima fuga. Elisabeth è già drogata e ammanettata in cantina, ma l’Interpol la cerca per mezza Europa. Josef va perfino all’autogrill, ad accusare i responsabili d’avere mobbizzato la ragazza. ”Folle ma solido”, dice la psichiatra forense Sigrun Rossmanith, l’uomo ha deciso di crescere la figlia ribelle come una schiava del sesso, ”un animale da punire soddisfacendo intanto bisogni animaleschi”, e prepara una versione che reggerà un quarto di secolo: Elisabeth che scrive lettere perché nessuno la cerchi più, che lascia i figli davanti a casa, lui che da brav’uomo li manterrà... Incredibile, eppur credibile. Incredibile come questa prigione di 60 metri quadri [...] La porta di cemento armato che sbarra la botola, nascosta dietro una falsa parete dello scantinato e telecomandata da un codice elettronico che solo Josef conosceva. Un corridoio stretto, cinque metri per arrivare a due stanzette con due letti ciascuna, un metro e 70 d’altezza, niente finestre, un malandato angolo cottura, un cesso con lavandino e doccia. Le pareti imbottite, insonorizzate. Un impianto di ventilazione. Qualche poster, un elefantino di gomma. Stelle colorate e disegni di bambini su piastrelle bianche e sozze. Gli schiavi avevano solo una radiolina, un videoregistratore, una tv. Proprio la tv, li ha salvati: quando Elisabeth ha sentito che la stavano cercando, che sua figlia Kerstin era stata portata in ospedale moribonda e c’era bisogno della madre, non ha resistito e ha convinto il padre aguzzino a portarla là. Lui aveva pronta l’ennesima balla (’mia figlia è tornata con i suoi ragazzi!”), ma nessuno dei medici c’è cascato. [...]» (Francesco Battistini, ”Corriere della Sera” 29/4/2008).