Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  novembre 09 Domenica calendario

Ha preso un grande classico come l’insalata russa e, caramellandola, l’ha trasformata nell’antipasto più glamour e stupefacente di Milano

Ha preso un grande classico come l’insalata russa e, caramellandola, l’ha trasformata nell’antipasto più glamour e stupefacente di Milano. E, prima di questo piccolo miracolo al gusto di maionese, ha preso il nome di una storica gastronomia meneghina – il famosissimo Peck – e l’ha abbinato al proprio cognome, dando vita a un ristorante che vanta due stelle Michelin, tre forchette del Gambero Rosso e che dal 2007 è completamente suo. Carlo Cracco, quarantatrè anni, è uno dei cuochi più famosi d’Italia. E’ partito da Vicenza ed è arrivato a pochi passi dal Duomo passando per la Francia e per gli insegnamenti di Gualtiero Marchesi. Nella vita, grazie all’aiuto di una trentina di persone, crea insoliti e amatissimi abbinamenti culinari. Nonostante questo, con la riservatezza tipica dei veneti, si imbarazza davanti a chi gli dice che è una star, anche se un fuoriclasse dei fornelli lo è davvero. Racconta la genesi del suoi piatti con la semplicità di chi non ha inventato niente, ha solo scoperto qualcosa. Eppure il suo tuorlo marinato, trasformato in spaghetti e condito semplicemente con aglio, olio e peperoncino, è una leggenda. Durante l’estate ha partecipato al Festival della Mente di Sarzana, dove, fra filosofi e matematici, ha parlato per un’ora della sua "cucina cerebrale", che si gusta con il palato ma anche con l’immaginazione. A Milano, invece, ha firmato una cena "a emissioni zero" organizzata da Bmw in onore di Francis Ford Coppola, in città per il World Business Forum, con un menù a base di crema di zucca con raspadura, sfoglie di polenta croccante con crescenza alle erbe, tonno di coniglio con giardiniera di verdure e semifreddo al mascarpone con pere e cachi. Signor Cracco, le signore anziane sedute vicino a me hanno borbottato che è troppo magro per fare il cuoco.. (Ride) Sono i soliti luoghi comuni: per essere uno chef bisogna essere amanti della buona cucina e mangiare tanto. Li smentisco. Per essere un buon cuoco bisogna essere creativi e curiosi. E osservare attentamente. Osservare, dunque. Ma che cosa? Chi si siede a tavola nel tuo ristorante. Bisogna capire chi è, cosa gli piace, perché è venuto. Bisogna fare un po’ gli psicologi. Ma questo aiuta tantissimo quando si cerca di creare un nuovo piatto. Serve a prendere le misure, in un certo senso. E migliora il cuoco stesso. Ma quando Carlo Cracco crea un piatto, lo fa d’istinto o pianifica abbinamenti, testa sapori? La cucina è istinto. Ma non del tutto. Si parte sempre da una sensazione, da ingrediente che ti ha colpito. Ma poi si sperimenta. L’obiettivo è valorizzare qualcosa che ti piace o piace a chi è seduto a tavola. Eppure c’è chi ancora non apprezza la cucina troppo innovativa.. Innanzitutto direi che noi siamo i più conservatori tra gli innovativi. I nostri piatti sono ricercati sì, ma perché frutto di una ricerca impegnativa. Ma alla base ci sono ingredienti semplici che vengono proposti in una veste particolare solo per poterli esaltare in maniera insolita. Sa qual è la mia più grande soddisfazione? Mi dica, qual è? Riuscire a stupire una persona che assaggia un mio piatto. Ma non per avergli cucinato qualcosa che viene da un altro pianeta. Piuttosto per avergli fatto riscoprire un sapore familiare in una veste completamente nuova. Mi piace quando rimangono piacevolmente sorpresi nel dire «così non l’avevo mai provato». Lo stesso vale per me, quando assaggio un piatto «in costruzione». Punto sempre su ingredienti familiari, che hanno fatto parte della mia storia. Quanto è un lusso l’alta cucina? Oggi non parlerei di alta cucina, ma di cucina d’autore. Che punta sulla creatività e sulla qualità delle materie prime. Per molti versi è un lusso in termini di conto, sì. Ma personalmente non condivido la visione di chi la pensa così. Non grido allo scandalo davanti al prezzo elevato di una cena che sappia davvero soddisfarmi. Soprattutto se poi spendo l’equivalente in un paio di scarpe. E’ pronto ad aprire un ristorante a New York, città delle star per eccellenza? Mi piacerebbe, sul serio. Amo le nuove esperienze. Ma un cuoco deve essere presente in cucina. Se un giorno dovessi avere il dono dell’ubiquità…