Federico Rampini-Giovanni Pons, la Repubblica 8/1/2008, 8 gennaio 2008
Sembra di assistere ai primi segnali di una ritirata delle banche occidentali dalla Cina. La prima a disimpegnarsi è stata la svizzera Ubs: all´inizio della settimana ha venduto 3,4 miliardi di azioni che deteneva nella filiale di Hong Kong della Bank of China, per un ricavato di 835 milioni di dollari
Sembra di assistere ai primi segnali di una ritirata delle banche occidentali dalla Cina. La prima a disimpegnarsi è stata la svizzera Ubs: all´inizio della settimana ha venduto 3,4 miliardi di azioni che deteneva nella filiale di Hong Kong della Bank of China, per un ricavato di 835 milioni di dollari. Ubs aveva acquistato la sua quota (pari all´1,3% del capitale di Bank of China) nel 2005 con il vincolo a non rivenderla per tre anni. Ieri è stata la volta della Bank of America, che ha venduto 5,6 miliardi di azioni che deteneva nella China Construction Bank. D´altronde perfino Li Ka-shing, il più noto miliardario di Hong Kong e uno dei più ricchi magnati di tutto l´Estremo Oriente, ha deciso proprio in questi giorni di disfarsi di una parte delle sue azioni Bank of China per incassare 500 milioni di dollari. Per quanto riguarda la Bank of America, la sua vendita del pacchetto di azioni le ha consentito di incassare 2,8 miliardi di dollari, ma ha provocato un brusco scivolone nelle quotazioni di China Construction Bank che hanno perso il 16,6% in una sola seduta. China Construction Bank è il numero due nel settore bancario cinese per volume di asset, dietro la Industrial & Commercial Bank of China. La Bank of America per disfarsi della quota ha accettato di venderla a un prezzo di 3,92 dollari di Hong Kong per azione, inferiore del 12% al valore di chiusura nella precedente seduta di Borsa. Federico Rampini [Dove sono finiti i Tremonti bond? ] Nei momenti più caldi della crisi finanziaria, non più tardi di un mese fa, sembrava che le principali banche del paese si potessero salvare soltanto ricorrendo all´emissione obbligazionaria sottoscritta dallo stato, i cosiddetti Tremonti bond. Dopo tre decreti legge, di cui l´ultimo sullo specifico punto, e il via libera giunto dalla Ue ora si stanno aspettando i decreti attuativi che il ministero dell´Economia sta mettendo a punto. Sembra però che ci sia meno attesa, meno necessità di correre rispetto a qualche settimana fa. Un po´ perché la Borsa ha dato qualche sollievo alle quotazioni dei titoli bancari, un po´ perché ancora non si è capito quale dovrebbe essere il rendimento di questi strumenti. Il timore dei banchieri è che la cedola da corrispondere al bond venga in qualche modo legata alla distribuzione dei dividendi agli azionisti. La volontà di Tremonti, invece, è che i soldi eventualmente erogati dallo stato servano ad alimentare il credito alle imprese e non a remunerare gli azionisti anche in tempi di magra. Punti delicati, certo, ma è meglio un chiarimento oggi, con meno pressione sulle spalle, piuttosto che aspettare la prossima bufera finanziaria. Giovanni Pons