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 2008  gennaio 06 Domenica calendario

PECHINO ORA SPINGE I CONSUMI


Al numero 550 di Huai Hai Lu è tutto pronto per il grande evento. Tra qualche settimana, nella via simbolo dello shopping shanghainese, aprirà il grande magazzino della Barbie. Sarà un palazzo di 3.400 metri quadrati distribuiti su sei piani, interamente dedicato alla bambola più famosa del mondo. Le bambine cinesi fremono all’idea di varcare la soglia di quel negozio da sogno dove potranno trovare oltre 1.600 prodotti legati alla Barbie: dalla bambola vera e propria, ai gioielli, ai cosmetici, al parrucchiere, giochi interattivi e così via. E la Mattel, che per costruire il flagship store di Shanghai ha investito la bellezza di 30 milioni di dollari, si lecca già i baffi pensando all’assalto prossimo venturo (perché di questo si tratterà) delle bimbe cinesi al suo maxi-negozio.
Il gigante americano del giocattolo non è l’unico a scommettere forte sul mercato cinese.
Negliultimimesi, nonostante i venti di crisi che iniziano a soffiare anche oltre la Grande Muraglia, molte società straniere del largo consumo hanno investito,o hanno rafforzato la loro presenza, nel Paese. Oggi, in Cina, ci sono almeno 150 milioni di persone (secondo alcuni, sarebbero addirittura 200 milioni) che hanno accesso al mercato dei consumi.
Ma il loro numero è destinato a lievitare negli anni a venire.
Iconsumidellefamiglierappresentano poco più di un terzo del Prodotto interno lordo cinese. In tempi di pace, nei grandi Paesi industrializzati, il contributo della domanda interna alla crescita dell’economia ammonta a quasi il doppio (negli Stati Uniti sfiora addirittura l’ 80%). A fronte di questi numeri, ci sono almeno due buone ragioni per ipotizzare
un’espansione futura della spesa domestica cinese. La prima: la crescita economica del Paese continuerà a innalzare il reddito disponibile della popolazione.
La seconda: l’incremento del reddito nazionale trainerà verso l’alto la propensione al consumo dei cinesi. Anche il Governo spingerà la gente a spendere di più. Trent’anni esatti dopo la svolta verso l’economia di mercato di Deng Xiaoping, il modello di sviluppo incentrato sulle esportazioni, che ha consentito alla Cina di diventare in pochi anni la quarta potenza economica mondiale, è entrato in crisi. Pechino aveva intuito il rischio da tempo, ma ora la gelata della domanda mondiale causata dal collasso finanziario globale ha
accelerato i tempi di maturazione di questa crisi.
Così, il sostegno della domanda domestica è diventato una priorità strategica per il Governo cinese. Mai come oggi, di fronte all’improvviso crollo delle esportazioni e alla conseguente chiusura forzata di migliaia di aziende manifatturiere, il futuro della Cina è legato alla sua stessa capacità di spesa. Spesa pubblica, spesa per investimenti, e anche spesa destinata ai
consumi privati. In questa nuova sfida, la classe media che affolla i grandi magazzini,
che frequenta i cinematografi, che viaggia per turismo, che guida l’automobile, giocherà
un ruolo cruciale. Ecco perché il Governo cinese sta facendo di tutto per trasformare un popolo di formiche (un po’ come l’Italia di una volta) in un popolo di cicale spendaccione.
In questa prospettiva, per tutti coloro che desiderano coronare il sogno millenario dell’Occidente ”vendere uno spillo o un frigorifero a uncinese su mille’ è giunto il momento di puntare sulla Cina. Adesso o mai più. Ma non sarà una scommessa facile da vincere. Il mercato del Dragone è un mercato difficile. Prova ne sia che, tra
le migliaia di aziende straniere grandi e piccole che negli ultimi vent’anni hanno deciso di investire in Cina sperando di conquistare anche solo una fettina del mercato locale, pochissime sono riuscite a guadagnare quattrini. Ci sono difficoltà di carattere
culturale. vero che ci sono 150 milioni di potenziali consumatori, e tra questi svariate decine di migliaia di nuovi ricchi. Ma non è detto che siano tutti disposti ad allargare allegramente il portafoglio.«Oggi il grosso della classe media è composto da persone nate negli anni ”50 e ”60 che ricordano bene i momenti duri del passato. Ecco perché,
sebbene il loro standard di vita sia migliorato enormemente nell’ultimo decennio, la loro
propensione al consumo resta piuttosto bassa» spiega Cidian Chen, dirigente marketing di
Shanghai Pepsi ColaBeverage. Insomma, il cinese resta una formica parsimoniosa. Per trasformarlo in una cicala spendacciona, gli esperti suggeriscono una ricetta: aumentare la spesa previdenziale, pensionistica e sanitaria, in modo da allargare la massa dei potenziali consumatori; incentivare le banche a sviluppare maggiormente il credito al consumo; rivalutare lo yuan, così da ridurre l’enorme trade surplus e dare più potere d’acquisto aic onsumatori cinesi (su questo punto,gli americani battono da anni).
Poi ci sono difficoltà di carattere socio-demografico. La Cina è un mercato estremamente frastagliato, composto com’è da oltre un miliardo di persone che hanno abitudini, gusti e preferenze molto diversi. Nel Paese continente più popolato del pianeta, infatti, i modelli di consumo cambiano radicalmente a livello geografico, sociale,climatico, culturale ed etnico. Infine, ci sono difficoltà di natura distributiva. Oggi, la rete reta il cinese è frastagliata tanto
quanto il mercato. Da anni, ormai, ilsettore attende un consolidamento che però stenta a partire. Il risultato è che oggi i primi 100 operatori commerciali del Paese rappresentano solo il 10% delle vendite al dettaglio nazionali. In questa situazione, per una società estera (ma anche per gli stessi cinesi) penetrare i mercati esterni alla fascia costiera può rivelarsi un’operazione assai complessa e rischiosa. Intanto, in attesa del boom prossimo venturo dei consumi, non resta che consolarsi con i dati del presente. Nel 2008, le vendite
al dettaglio cinesi hanno registrato un aumento in termini reali di circa il 15 per cento. Nel 2009 la crescita sicuramente continuerà, anche se, a giudicare dall’andamento
delle vendite dei grandi magazzini durante la festività nei primi tre giorni di gennaio
(+13%, contro +20% nello stesso periodo del 2008), non c’è troppo da stare allegri.
ganawar@gmail.com