Richard Newbury, la Stampa 6/1/2008, 6 gennaio 2008
RICHARD NEWBURY PER LA STAMPA DI MARTEDì 6 GENNAIO 2009: STERLINA, LA FORMULA DI NEWTON
Agli occhi di J.M.Keynes, uno dei figli scientifici dell’Università di Cambridge, Newton eclissava, come suo eroe intellettuale, sia Bacone sia Darwin. «Soffriamo dell’abitudine di interpretare i grandi uomini del passato riferendoci a ciò che è venuto dopo di loro anziché a ciò che aveva nutrito la loro gioventù. La tradizione tratta Newton come puro XVIII secolo, lo vede come una figura di razionalità quasi volterriana. Invece tutto il suo pensiero e il suo carattere erano radicati in ciò che lo aveva preceduto. Fu l’ultimo dei maghi e non il primo degli scienziati dell’età della ragione».
Keynes scrisse i suoi Memoir nel 1942, in occasione dei trecento anni della nascita di Newton. Newton era perciò cresciuto sotto Oliver Cromwell, che vedeva tutto come Rivelazione Divina, da cercare magari nel libro dell’Apocalisse. Così, per esempio, in privato era un eretico contrario alla dottrina della Trinità. E negava la divinità di Cristo non per una illuminata libertà di pensiero ma perché non ce n’era traccia nella Bibbia.
«Perché lo chiamo mago?», chiede Keynes. «Perché considerava l’intero universo e tutto ciò che esso conteneva come un enigma, un segreto che si poteva leggere applicando il pensiero puro ad alcuni segni, alcune tracce mistiche che Dio ha sparso nel mondo per consentire alla Fratellanza esoterica una sorta di caccia al tesoro filosofica». Keynes è stato il primo a ri-unire gli scritti di Newton, che al 90 per cento - un’eresia, per i moderni scienziati positivisti - riguardavano l’alchimia o la speculazione teologica. Il calcolo infinitesimale, invece, Newton lo teneva segreto perchè gli serviva per l’alchimia; usava il termine «gravità» per evitare il termine occulto «attrazione», dato che sia l’alchimia sia l’antica teologia biblica avevano una parte nella scoperta della «legge di gravità».
I diversi studi di Newton, tutti corretti e rilevanti, facevano parte di un unico progetto per arrivare alla Verità a partire dalle verità parziali dedotte dalle profezie bibliche, dalla teologia e dalla filosofia antiche, dalla matematica creativa e dagli esperimenti con i prismi, il pendolo, i minerali vegetanti, la luce o l’elettricità. Il risultato di venticinque anni di pensiero intenso, i Principia Mathematica di Newton, fu pubblicato nel 1687, alla vigilia di quello spartiacque scientifico, filosofico, politico ed economico che fu la Gloriosa Rivoluzione del 1688-89. Essa creò, sotto la direzione dell’amico di Newton John Locke, la monarchia costituzionale controllata dal Parlamento, che rispecchiava nella sua struttura una società quotata in Borsa, insieme all’Atto di Tolleranza (religiosa) e alla formazione del capitalismo moderno attraverso la Banca d’Inghilterra, la Borsa valori e le assicurazioni Lloyds. Dopo Newton anche i cieli stellati dell’Universo non furono più (come la Francia del Re Sole) sotto il cieco arbitrio divino, ma sotto il governo dell’empirica, ma sempre divina, legge del movimento dei pianeti.
Il superlavoro, l’avvelenamento da mercurio e la fine, nel 1693, del legame d’amore e alchimia con il giovane matematico svizzero Nicholas Fatio de Duillier portarono Newton a un completo crollo nervoso. Ma nel 1695 un altro suo grande amico, Charles Montagu, conte di Halifax e cancelliere dello scacchiere, gli offrì il posto di guardiano della Zecca reale e, più tardi, di direttore. Quella carica era considerata una sinecura, ma Newton applicò all’economia la stessa determinazione travolgente che aveva applicato alla cosmologia.
Adesso l’alchimista a riposo si dedicava alla nuova coniazione delle monete inglesi. Senza quell’operazione, avviata nel 1696, la creazione della Banca d’Inghilterra, e il capitalismo e l’imperialismo inglese che ne seguirono, sarebbero stati impossibili. Monete bucate o alterate con altre leghe erano l’equivalente dei derivati sui subprime: non corrispondevano al valore nominale. «Prometto di pagare al latore della presente la somma di 5 sterline»: una banconota della Banca d’Inghilterra è ancora «incisa con la fiducia». L’alchimia dello Sterling Silver Standard - la lega della sterlina: 92,5 per cento di argento puro, 7,5 per cento di altri metalli, in genere rame - nel moderno mondo scientifico è ciò che permette al credito di crescere, al debito nazionale di essere finanziato, ai bond di essere potenziale liquidità, alle azioni di essere comprate e vendute e agli hedge funders di speculare sulla sterlina. Nel 1717, quando Newton fissò il valore di una ghinea d’oro a 21 scellini d’argento, l’oro divenne moneta corrente.
Newton non solo si applicò all’economia con lo stesso zelo riservato alla prisca sapientia, ma evitò che la nuova coniazione mandasse in rovina l’economia inventando, da quell’uomo tecnologico che era, nuove macchine da conio e creando, da esperto del tempo e del movimento, nuovi metodi di produzione. L’amore del mago per il potere e lo status portarono, attraverso la ricerca di antichi documenti, alla riconquista degli originari pieni poteri della sua carica. Con le vecchie monete ritirate a partire dal primo gennaio 1696, tutto dipendeva dalla velocità con cui si facevano affluire al mercato quelle nuove. Ad aprile solo 330 mila sterline erano state ritirate ma grazie all’organizzazione di Newton, con nuove zecche locali e nuove tecnologie, già a giugno ne erano state ritirate 4.706.003, rapidamente sostituite. Il contenuto d’argento delle vecchie monete si rivelò essere solo il 54 per cento del valore nominale e Newton stimò che il 20 per cento delle monete fossero contraffatte. Il Ministero del Tesoro non era coinvolto, ma lui patì questo affronto alla «verità» della sua coniatura.
Il meticoloso ed esigente Newton ora si trasformò in giudice inquirente, che sotto copertura batte i pub della malavita in tutto il Paese e in un documento chiede il rimborso di 120 sterline spese «per noleggiare carrozze e visitare taverne, carceri e altri luoghi alla ricerca di falsari». Tra il giugno 1698 e il dicembre 1699 interrogò 200 testimoni, sospetti e informatori; questi ultimi «scandalosamente venali». Dieci furono giudicati colpevoli e giustiziati.
La sua sfida più grande fu William Chaloner, un ricco imbroglione con amici nelle alte sfere, che aveva accusato la Zecca reale di fornire ai falsari gli strumenti di contraffazione, presentando poi una petizione al parlamento perché gli affidasse il compito di ispezionarla e produrre monete più difficili da falsificare. Newton si sentì oltraggiato e cominciò a investigare segretamente su di lui, scoprendo così che era un falsario. Per nulla intimidito dal fatto che avesse usato i suoi influenti rapporti per cavarsela nel primo processo, Newton perseverò ostinatamente e il 23 marzo 1699 Chaloner fu giustiziato per Alto tradimento, subendo la pena del falsario: impiccato, sbudellato e squartato. Esattamente la punizione che sarebbe toccata a Newton se fosse riuscito a fabbricare l’oro con la pietra filosofale.