Robert D. Kaplan, Corriere della Sera 28/12/2007, 28 dicembre 2007
Nelle scorse settimane in Grecia si sono visti negozi e alberghi saccheggiati, mentre ospedali, aeroporti e mezzi di trasporto sono stati costretti a fermarsi
Nelle scorse settimane in Grecia si sono visti negozi e alberghi saccheggiati, mentre ospedali, aeroporti e mezzi di trasporto sono stati costretti a fermarsi. Miccia dei tumulti è stata la morte accidentale di un ragazzo di quindici anni, Alexandros Grigoropoulos, colpito dai proiettili della polizia. Ma come sempre in casi simili, i motivi sono in realtà molteplici e vanno ben al di là delle apparenze. L’intera Unione europea lamenta un’elevata disoccupazione giovanile, che in Grecia tocca cifre preoccupanti, tra il 25 e il 30 per cento. Con scarse prospettive di lavoro e l’impoverimento dei ceti medi contrapposto alla prosperità dei nuovi ricchi, un sistema universitario pubblico in sfacelo, un apparato amministrativo sovradimensionato e con urgente necessità di riforme, e un governo conservatore sempre sulla difensiva, che può contare su una maggioranza parlamentare di un unico seggio, i tempi sono maturi per la protesta, e questa si è data come obiettivo la caduta del primo ministro Costas Karamanlis. La Grecia potrebbe trovarsi a una svolta, che occorre spiegare con qualche richiamo storico. Subito dopo la Seconda guerra mondiale, la Grecia fu travolta da una guerra civile, nella quale si scontrarono la vecchia guardia della sinistra filosovietica con una destra violenta e retrograda. Per decenni, la vita politica del Paese fu segnata da profonde cicatrici, che spinse i partiti di destra e di sinistra a trincerarsi dietro barricate ideologiche, ancor più infiammate da rancori personali scaturiti dagli anni di guerra. A questo si aggiunse la politica campanilistica dell’intrigo e della corruzione, gestita senza scrupoli da importanti dinastie, tipica malattia di un Paese povero che si sforzava di far emergere un ceto medio moderno. La fragilità stessa della Grecia, abbinata alla sua posizione strategica nel Mediterraneo orientale durante la Guerra fredda, lasciò campo libero all’invadenza americana, che condizionò pesantemente l’evoluzione del Paese. Se la dottrina Truman salvò la Grecia dal comunismo dei suoi vicini balcanici al nord, i greci non si mostrarono affatto riconoscenti, proprio per le ingerenze di tipo sudamericano inflitte dagli Stati Uniti. Nel 1967, con un colpo di Stato i colonnelli si impadronirono del potere e governarono con una brutalità che portò alla forma più deleteria di sviluppo sregolato, tipico del Terzo Mondo. Benché odiati in patria, i militari godettero dell’appoggio degli Stati Uniti. La prima crepa nel regime militare si verificò nel novembre del 1973, quando le proteste scoppiate nel Politecnico di Atene provocarono la caduta di un leader della giunta e l’ascesa di un altro, il cui governo fu a sua volta rovesciato l’anno successivo, segnando il ritorno alla democrazia. Da allora, le proteste studentesche in Grecia sono accompagnate da una sorta di legittimità storica e da una coloritura nettamente di sinistra, e da questa ala politica traggono spunto per lanciare la loro sfida all’autorità. Le agitazioni odierne nulla hanno a che vedere con l’America, quanto piuttosto con la legittimità di un governo che è al potere da quattro anni senza aver prodotto alcun risultato. Incalzata dalla recessione globale, la Grecia ha disperatamente bisogno di difficili riforme e di interventi di privatizzazione per aiutarla ad attirare investimenti stranieri, dai quali dipende gran parte della sua crescita economica, in una lotta darwiniana per la sopravvivenza. Il problema è che nonostante la prospettiva di nuove elezioni, la Grecia sembra destinata ad attraversare un periodo di governi deboli, che non possiedono il capitale politico per avviare le riforme indispensabili. Il partito conservatore della Nuova Democrazia è stato messo al tappeto dai tumulti, mentre l’Unione socialista pan-ellenica (Pasok), di centrosinistra, è compromessa per gli stretti rapporti con i sindacati, con i quali bisognerà scontrarsi se si vorranno introdurre cambiamenti significativi. Certo, il Pasok potrebbe avviare le riforme – come Richard Nixon, presidente di destra, che seppe aprire alla Cina – ma ci riuscirebbe solo con una forte maggioranza parlamentare, che probabilmente non otterrà mai. C’è invece da aspettarsi una maggior influenza da parte di partiti piccoli e più radicali, come i comunisti. prevedibile anzi che la Grecia finisca col temporeggiare, rischiando la paralisi politica. Si è tentati di accantonare questi eventi come faccende esclusivamente greche, che poco hanno a che vedere con il resto del mondo. Ma la crisi economica globale assumerà forme diverse nei diversi Paesi, innescando disordini e sommosse. Certo, l’emarginazione dei giovani in Grecia è condizionata da vicende storiche uniche, come evidenziato brevemente sopra. Ma è influenzata anche dalle grandi tendenze internazionali di sviluppo non equilibrato, in cui le accelerazioni e i rallentamenti incontrollati del capitalismo si sono lasciati dietro una scia di rancori tra i meno abbienti, che in Europa sono spesso i più giovani. E questi giovani hanno oggi la possibilità di organizzarsi in tempo reale, grazie agli sms e altri mezzi di comunicazione, senza aspettare passivamente di ricevere notizie dai giornali e dalla televisione. La tecnologia ha dato potere alle masse – o ai teppisti, se preferite. Fate attenzione alla Grecia: in un’era di grandi sconvolgimenti economici, potrebbe lasciar presagire futuri sussulti in qualche altra parte del pianeta nel 2009.