Simone Carletti, Liberazione 20/12/2008, 20 dicembre 2008
INTERVISTA DI LIBERAZIONE A ANNA MAZZAMAURO
Da quarant’anni calca le scene dei principali teatri italiani, dove ha interpretato drammi, commedie, spettacoli musicali. Anna Mazzamauro frequenta anche la televisione, ma è stato il cinema a darle la popolarità con il personaggio della signorina Silvani, la donna dei sogni del ragioniere Fantozzi. Senza un nome di battesimo, inguainata nei suoi abiti rosso fuoco e con i suoi capelli color rame, il personaggio della Silvani ha fatto perdere la testa a Paolo Villaggio in decine di film e fatto ridere milioni di italiani.
Oggi Anna Mazzamauro è una stimata attrice di teatro. Ha persino un record al suo attivo: è stata l’unica donna al mondo a poter sfoggiare il grosso naso di Cyrano de Bergerac sul palcoscenico. Fa ridere e appassiona con la semplicità delle grandi interpreti del passato. Non è un caso che per anni abbia incarnato Anna Magnani nel recital Nannarella .
Da qualche mese è impegnata a portare in giro per i teatri della penisola lo spettacolo Caro bugiardo , reso celebre dall’autore Jerome Kilty e riscritto e attualizzato dalla stessa attrice, impegnata nel ruolo dell’inglese Stella Campbell, l’amante di George Bernard Shaw. Al suo fianco Corrado Tedeschi nei panni del commediografo americano. Dopo il teatro Ghione a Roma, dov’è andato in scena fino a domenica scorsa (7 dicembre), lo spettacolo andrà a Verona e a Bologna.
in tour con l’apprezzata pièce di Jerome Kilty "Caro bugiardo" che racconta l’amore tra George Bernard Shaw e l’attrice Stella Campbell attraverso uno scambio epistolare…
Era famosa perché l’aveva scritta Jerome Kilty, adesso è famosa perché l’ho riscritta io. In realtà non scherzo. Le precedenti versioni, con Rina Morelli e Paolo Stoppa, con Albertazzi e la Proclemer, sembravano già teatro off per il fatto che due attori stessero accanto a due leggii parlandosi l’un l’altro e leggendosi l’un l’altro. Se avessi fatto oggi una cosa del genere non sarebbe venuto nessuno a vederla perché la gente, abituata ai riflessi ahimè ignobili della televisione, ha bisogno di vedere sul palco tanti oggetti e personaggi. Allora ho salvato molte lettere di Jerome Kilty, costruendoci intorno un’altra commedia, del teatro nel teatro. Ci sono due palcoscenici: uno, quello naturale che ci ospita ogni sera; l’altro raccontato dallo scenografo Alessandro Chiti con il sipario che si vede al rovescio, dove noi dovremmo debuttare la sera con Caro bugiardo .
La bugia, intorno a cui ruota la storia, è un elemento fondante dell’arte e soprattutto del teatro. Gli stessi attori in fondo possono essere ritenuti dei "gran bugiardi"…
vero, in quanto sono costretti a usare le parole degli altri e la finzione è già una bugia. Ma in questo spettacolo il termine "bugiardo" si estende. Perché è ambientato in un’epoca in cui l’amante si poteva avere ma nascosta ed essa non aveva alcun diritto; la moglie era estremamente lodevole e perpetua, in tutti i sensi, perché puliva casa e doveva essere per sempre. Contro tutte queste cose Stella Campbell, in un atteggiamento ante litteram da femminista, ha lottato e non ha avuto paura di mostrare al mondo che per 40 anni è stata l’amante, l’amica, la nobile donna amata da Bernard Shaw. Pur sposandosi due volte, forse per dispetto, e dunque bugiarda anche lei. Pure lui bugiardo, perché le prometteva che avrebbe lasciato la moglie senza farlo mai.
Ha iniziato a recitare quando era molto giovane. Cosa significa per Anna Mazzamauro essere un’attrice?
Significa vivere la mia vera dimensione. Quando si risponde a questa domanda si corre il rischio della retorica. Però per raccontare delle cose vere ogni tanto c’è bisogno della retorica. Io sono nella vita una donna assolutamente inutile, ad esempio a livello sociale. Sento delle mie colleghe che hanno occupazioni sociali, si preoccupano degli altri. Io no. Appena mi sveglio la mia giornata è finalizzata allo spettacolo serale. L’igiene, il trucco, la mia casa, le mie letture, le mie telefonate: tutto va verso lo spettacolo perché è quella la mia verità. Io sono "cara bugiarda" durante la giornata, mentre sono verissima sul palcoscenico, anche se bugiarda in quanto attrice. La mia verità di attrice è proprio quella di essere bugiarda e io sto bene in una dimensione dove, usando parole di altri, riesco ad essere davvero me stessa.
Non si può non domandarle dei film di Fantozzi. Tutti la ricordano per il celebre personaggio della signora Silvani...
Me lo sento strettissimo. Oramai l’ho superato. Per due anni, fino all’anno scorso, ho sbattuto il personaggio della Silvani in scena facendo uno spettacolo. Ne ho avuto paura per anni, più che altro per l’impiego che altri ne hanno fatto: un’immaginetta, un santino, un’icona. In realtà è stata una fortuna grandiosa per una come me, così atipica, che altrimenti al cinema non sarebbe potuta andare neanche come cliente, come spettatrice. Perché ho il culo basso, il naso lungo… A me non importa assolutamente nulla di queste cose. Io sono Anna che vive sul palcoscenico e lì sono bellissima. La mia fortuna è stata proprio quella di usare tutti questi elementi negativi nella vita, per gli altri naturalmente, in una creatura quale la signorina Silvani che ne ha abusato per diventare protagonista. Non posso che ringraziarla. La conseguenza principale è stata una: in Italia infatti c’è una regola per cui il pubblico, se ti vede uscire con un personaggio di successo, ti vuole sempre in quel modo.
Al cinema ha interpretato soprattutto personaggi comici. Eppure lei a teatro è considerata un’eccellente attrice drammatica…
Non amo la distinzione tra attrice comica e attrice drammatica. Per me un’attrice è tale, poi affronta a seconda dei casi un personaggio in modo comico, drammatico o addirittura tragico. Quando, unica donna al mondo, ho osato portare sulla scena Cyrano de Bergerac , dove davo di spada ed ero vestita da Cyrano, la gente dopo i primi dieci minuti di sconcerto e indecisione si abbandonava a questo gioco teatrale, dove io ero semplicemente un essere umano che soffriva, gioiva, esortava ai duelli, era ironico e autodistruttivo. qui che ho vinto: proponendo sempre una teatralità in opposizione alla signorina Silvani, fuori da ogni cliché.
Accanto al cinema e al teatro nella sua carriera c’è stata la televisione, anche se in piccola parte. Che rapporto ha con questo mezzo?
Nessuno, anche se quando vado come ospite in televisione, come la scorsa settimana da Gigi Marzullo, sono felice perché posso apparire come desidero. Intendo dire durante un’intervista, non con quei testi del cavolo che la gente è abituata purtroppo ad accettare. Sono uscita dalla comune e non mi vedranno mai più. L’ultima cosa che ho fatto in tv qualche anno fa è stata una fiction orrenda, Ma il portiere non c’è mai? , dove mi sentivo così fasulla. Spero di non fare più certi lavori, ma mai dire mai. Se proprio dovessi rimanere senza occupazione… Speriamo di no.
Quale considera il suo più grande successo artistico?
Lo spettacolo che ho scritto su Anna Magnani, Nannarella , che ho fatto per 40 anni.
C’è un ruolo, al cinema o al teatro, che avrebbe tanto voluto interpretare, senza mai riuscirvi?
Non ho sogni nel cassetto perché i miei cassetti sono tutti aperti. Quando desidero realizzare un sogno cerco di farlo mio con tanta forza da convincere pure gli altri. All’orizzonte c’è Medea, però noi privati, non trovandoci in un teatro stabile dove arrivano i soldi dello Stato e dove quindi puoi fare anche spettacoli diversi dal gusto del pubblico, siamo costretti a scegliere un certo tipo di testi, raffinati ed eleganti senza dubbio, privi di battutacce, ma più vicino alle esigenze degli spettatori, che cercano sempre rappresentazioni divertenti. Forse hanno ragione loro. Stiamo vivendo un momento così terribile in cui un sorriso serale può confortarci.
Oggi, guardandosi intorno, come giudica il mondo dello spettacolo a cui appartiene?
Secondo me non bisogna mai giudicare il mondo dello spettacolo perché è in continua evoluzione. Un giudizio negativo che posso dare adesso si trasforma in positivo domani se ci sono esigenze improvvise, come una guerra ad esempio. L’artista non va giudicato perché è innocente, fanciullo, vecchio, terribile, a volte già morto. Come si fa a giudicarlo quando ha in sé la composizione di tutto quello che c’è nell’universo. A volte lo mostra, a volte lo nasconde: è un susseguirsi di emozioni.