Petroliere ferme al largo I big del greggio aspettano prezzi migliori di Guido Santevecchi, Corriere della Sera, 20/12/2008, pag. 37, 20 dicembre 2008
PETROLIERE FERME AL LARGO I BIG DEL GREGGIO ASPETTANO PREZZI MIGLIORI
Sono alla fonda, cariche di greggio, ma ai comandanti è stato ordinato di non scaricare. Perché compagnie petrolifere e armatori stanno aspettando che il prezzo del barile risalga, spinto dai tagli della produzione annunciati dall’Opec e nel frattempo hanno deciso di costituire riserve galleggianti.
I broker londinesi credono che ci siano almeno una ventina di superpetroliere affittate per lo scopo, «parcheggiate» al largo di grandi terminali come quello di Galveston in Texas e di Singapore, dopo il viaggio dal Medio Oriente. Dietro la manovra ci sarebbero Paesi produttori come l’Iran, le cui entrate sono determinate per l’80 per cento dal greggio e che dunque è particolarmente vulnerabile dalla corsa verso il basso della quotazione.
Il Fondo monetario internazionale ha calcolato che per sostenere il suo bilancio, Teheran non può sopportare che il barile scenda sotto i 95 dollari: con i prezzi che ieri erano al minimo di 34 dollari gli economisti della teocrazia islamica stanno vivendo giorni di ansia. Ma a Londra dicono che anche la Shell ha affittato tre tanker, anche se la compagnia non commenta.
La gara di resistenza in mare coinvolge anche i proprietari dei supertanker: il broker H Clarkson ha detto al Guardian
che gli armatori stanno guadagnando circa 60 mila dollari al giorno per l’affitto delle loro navi, un terzo rispetto ai 180 mila che ricevevano a luglio, quando il greggio era al massimo di 147 dollari.
«Continuo a pensare che dei fattori non fondamentali (vale a dire speculativi, ndr)
incidano sul prezzo, al rialzo come al ribasso», ha detto ieri al London Energy Meeting il ministro saudita Ali al-Naimi, sostenendo che la «valutazione equa dovrebbe attestarsi sui 75 dollari al barile».
L’Arabia Saudita, che è il più grande produttore dell’Opec è considerata anche la voce più moderata del cartello e fa sapere di non credere che tagli più netti rispetto ai 4,2 milioni di barili al giorno già decisi da settembre siano realistici. Un rapporto interno all’Opec valuta che l’osservanza complessiva della riduzione annunciata dai 13 Paesi dell’Organizzazione a novembre sia stata di poco superiore al 50 per cento.
Il ministro dell’Energia inglese Ed Miliband si presenta in maniche di camicia nonostante l’aria condizionata sia a livello glaciale nella sala del vertice a Londra: dovrebbe rifletterci, visto che ha anche la delega sul cambiamento climatico. Miliband, per battere la speculazione denunciata dagli alleati sauditi, annuncia la costituzione di una Global task force che proporrà regole di trasparenza su domanda e offerta e farà rapporto al G20 di aprile e al G8 energetico sotto presidenza italiana di maggio.
In attesa di risultati, la battaglia dei prezzi tra Paesi produttori e consumatori coinvolge anche gli equipaggi. Di fronte al solo porto di Fujairah, negli Emirati Arabi Uniti, ci sarebbero 300 navi inoperose, «in naftalina » come si dice in gergo.
Molti uomini sono bloccati a bordo, dice Mission for Seafarers, un’associazione che assiste i marinai. Aspettano le decisioni del mercato e dell’Opec e sperano in una svolta che li possa portare a casa per fine anno o che almeno dia ai comandanti il segnale di avviare i motori di questa flotta prigioniera dei prezzi del greggio.