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 2008  dicembre 19 Venerdì calendario

la Repubblica, venerdì 19 dicembre 2008 Il ridicolo, il patetico, il meschino, perfino il nero di questi sordidi anni diventano in lui leggerezza, grazia, ironia

la Repubblica, venerdì 19 dicembre 2008 Il ridicolo, il patetico, il meschino, perfino il nero di questi sordidi anni diventano in lui leggerezza, grazia, ironia. Nessun artista come Paolo Poli conserva il talento di rendere tutto chic, nobile, spensierato. E il suo teatro metafisico, vitalmente immobile da cinquant´anni, ha la vocazione di trasformare il peggio in meglio: il bigottismo nello scoppiettante cult Rita da Cascia, le beghe di potere nel travolgente Caterina de´ Medici, la cultura alta in cultura pop come in Aldino mi cali un filino. Nel 2009, a maggio, Paolo Poli compirà 80 anni. Il corpo è un po´ più stanco, ma in scena sorprendentemente è sempre il bel giovanotto che sgambetta, canta, si traveste e regala ancora le sue belle scoperte. Un tempo Niccodemi, Ada Negri. Ora un grande dimenticato come Goffredo Parise e i suoi Sillabari, la bella raccolta di storie minime che lo scrittore veneto scrisse per raccontare l´Italia, la gente comune. Lo spettacolo sta girando da sud a nord, a Firenze fino a domani, a Torino dal 26, a Milano dal 14 gennaio, a Napoli dal 15 febbraio e poi a Roma dal 14 aprile, e dovunque non fa che pienoni. «Sono come Eduardo - dice serafico Paolo Poli - La gente dice: bisogna vederlo perché ha un piede nella fossa». Le spiace? «Ma no, porta buono. E poi mi guardi, sono un amore. Lavoro tanto e mangio poco: solo a pranzo come il cane, e la sera una banana. E chi ha orecchie per intendere...». C´è da arrossire. «Ma via, è come la carota che alle monache bisogna darla grattugiata... Sono classici. Mi creda: il sesso non è fra le gambe ma nel cervello». E l´amore? «A 80 anni??? Ormai ho solo affetti. Ho Lucia, mia sorella che per me è come un figlio. Io avevo 20 anni, lei 9. Le facevo i compiti, la portavo a scuola, una volta le tagliai i capelli come Ingrid Bergman in "Per chi suona la campana"... Le ho spiegato tutto sulla vita e sulle donne. Semplificavo. Come la mia mamma, che era un genio». Perché? «La mia mamma era una maestra montessoriana e quando in terza elementare una sua scolara si scoprì maschio, lei si limitò a dire: "invece del grembiulino bianco col fiocco rosa si metta il grembiulino nero col fiocco azzurro"». A lei cosa diceva? «La mia mamma credeva nella bontà della natura. Come Jean Jacques Rousseau credeva il bambino perfetto, sbagliata la società». Dunque è vissuto tra gli allori. «Quando io portavo a casa le ragazze - perché ho avuto anche quelle - lei diceva "Paolo non mi pare molto adatta per te. La prossima volta si fa una cenetta con quel ricciolino dell´altra volta"». Che ne pensa del Vaticano che non depenalizza l´omosessualità? «Ma chi se ne frega. Siamo rimasti solo noi in Italia a dargli ascolto. Perché? Perché è l´unico sovrano italiano. D´altra parte Gioberti diceva facciamo le Repubbliche con a capo quello lì... Ed ecco il risultato». Le sembra meglio il ciclone Luxuria? «L´ho incontrata una volta in albergo. Mi fa il portiere tutto eccitato: "C´è Luxuria". "O chi è", rispondo. Io lavoro negli orari della tv e quando finisco non son pantofolaio, mi piace vedere amici che fanno mestieri diversi. Quindi tornando a quella volta di Luxuria non so nemmeno perché è venuta a farmi tutte quelle tenerezze come fossi l´antesignana portafiaccola della maratona dei froci». A lei non piacciono le gay parade? «Mah, dico solo che un po´ di perversione piace anche al marito sposato. Amici travestiti mi hanno confidato che anche ai camionisti non dispiace frugare e trovare che lì c´è una sorpresa. L´infedeltà se è speciale, non fa che bene». Ci stiamo avvicinando all´umanità di Parise. «Parise lo conobbi negli anni Sessanta quando ero a Roma a casa di Laura Betti. L´ho conosciuto con Pasolini. Erano questi professori veneti che negli anni del boom a Roma scoprirono un nuovo linguaggio: Pasolini quello dei Ragazzi di vita, Parise la semplicità dello scrivere. E i Sillabari ne sono la prova». Quali ha scelto per lo spettacolo? «Anima, Bacio... ho scelto quelli che mi sembravano riducibili per il teatro e per il pubblico ormai abituato alla tv, pigro, Mediaset. Un pubblico per Berlusconi che è bravissimo». In che senso? «In queste cose: tv, case editrici, giornali. Certo fa politica, ma in Italia piace così. Vi ricordate quando chiedevano a Cicciolina come stavano le finanze italiane, e le barzellette ad Andreotti? Per questo pubblico io ho scelto, tra gli altri, il racconto sulla spiaggia dei nudisti, Mistero, dove c´è chi ha la vena straripante bluastra e lucida, chi un bottone di carne occhieggiante tra i peli del pube... Le cose pecorecce che il pubblico gradisce, ma col linguaggio di Parise, fresco, garbato». La sua semplicità era molto profonda. «Certo. Come è più profondo il Leopardi dell´Infinito che della Canzone all´Italia». Perché Parise ha scontato a lungo l´etichetta di autore disimpegnato? «Perché non divideva il mondo in buoni e cattivi. Io stesso quando vedo un ennesimo film coi cattivi tedeschi mi annoio, perché mi ricordo del tedeschino buono che mi dava le fette di pane, o il capitano tedesco con cui ballavo il valzer». Non li aveva in odio? «Non me ne fregava niente. Sono stato precoce ma su altre cose. I miei genitori erano poveri ma compravano libri, così a scuola ho cominciato dalla terza, perché sapevo leggere e far di conto, come Pinocchio. Mio padre mi trattava come un grande e ho vissuto molto accanto a lui». Come mai? «In quarta mio padre si ammalò di turbercolosi e andammo sul lago di Como. Noi due. Passai un anno con lui, si parlava, si giocava, si rideva. Tra noi c´era molta intimità. Credo di essere diventato frocio lì. Per amore». Anna Bandettini