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 2008  dicembre 19 Venerdì calendario

Correva l’anno 1991, Giulio Andreotti era presidente del Consiglio e i partiti della Prima Repubblica ricevevano un mucchio di soldi dallo Stato, un finanziamento equivalente a 80 milioni di euro

Correva l’anno 1991, Giulio Andreotti era presidente del Consiglio e i partiti della Prima Repubblica ricevevano un mucchio di soldi dallo Stato, un finanziamento equivalente a 80 milioni di euro. Tanto denaro, che alimentava apparati elefantiaci, ma alla fine non bastava: sotto traccia i partiti di governo «mangiavano» a quattro palmenti, incassavano montagne di tangenti, anche se tutto questo si sarebbe scoperto soltanto l’anno dopo grazie a Mani Pulite. Diciassette anni dopo, nel 2008, i partiti della Seconda Repubblica - pur avendo ridotto all’osso gli apparati - ricevono molti più soldi di prima: 200 milioni di euro l’anno, quasi 400 miliardi di vecchie lire. Più del doppio del 1991. E allora ecco la prima, strutturale differenza tra Prima e Seconda Repubblica: oggi i partiti pur avendo micro-apparati, sono ricchissimi e dunque a Roma sembrano avere meno «fame» di quanta non ne avessero nel passato. In questo fenomeno c’è anche una prima risposta alle domande che iniziano a serpeggiare tra l’opinione pubblica: siamo ad una nuova Tangentopoli? Come è cambiata la criminalità politica? E ancora: si rubava più allora o oggi? Annuisce il professor Franco Cazzola, l’antesignano negli studi sulla corruzione in Italia: «Essenzialmente sono due le novità rispetto al passato. La prima: oggi non esistono più i partiti come li abbiamo intesi per decenni, ma Comitati con finalità pubbliche anche decorose, ma senza presenza sul territorio, regole interne e di selezione che connotavano i vecchi partiti. Per cui, l’individuo è lasciato solo con le sue ambizioni, le sue frenesie, con una corruzione più parcellizzata di prima. E con una conferma di un problema atavico del nostro Paese: leggendo le intercettazioni colpisce questa incapacità di capire ciò che è lecito, tenendo separato il pubblico dal privato. Come quel signore che si fa installare l’antenna da Ligresti e lo considera ovvio». E dunque, ecco una prima traccia: oggi si ruba, o si organizzano «pasticcetti» assai più a livello locale che non a Roma, che semmai diventa «appoggio» per operazioni periferiche. Nell’era di Tangentopoli, come documentato da tante inchieste, invece era tutto centralizzato. Corrotti e corruttori mettevano su organizzazioni stabili, disponevano dei loro strumenti - bilanci falsi, fondi neri, società e conti bancari off shore - e a Roma i cassieri del partito giocavano un ruolo centrale. Oggi siamo al «fai da te»? L’ipotesi è incoraggiata da uno che ha fatto politica in entrambe le Repubbliche. Sostiene il ministro Gianfranco Rotondi: «Tra allora e oggi nessuna differenza nel tipo dei reati, tantissima nella qualità: nella Prima Repubblica si consumavano maxi-corruzioni finalizzare a fini politici, oggi siamo ad una micro-criminalità finalizzata all’arricchimento personale. Oggi, se qualcuno ruba, non ha attenuanti». Ma si rubava più nell’era di Tangentopoli o oggi? I dati sono interessanti: per quanto riguarda le quattro tipologie «classiche» di reato politico - peculato, corruzione, concussione e abuso d’ufficio - tra il 1996 e il 2006 le sentenze passate in giudicato sono drasticamente diminuite: per la concussione si è passati da 555 condanne a 53, per la corruzione da 1159 a 186. Ma allora la criminalità politica è diminuita? Uno che se ne intende come Antonio Di Pietro la spiega così: «No, oggi è soltanto più sofisticata. Ai tempi di Tangentopoli c’era soprattutto la brutale mazzetta, oggi c’è l’«ingegnerizzazione» del sistema e il trasferimento dei benefici viene spesso mascherato da atti leciti. Attraverso la consulenza, l’incarico. A Pescara ci sono ipotesi di consulenza a giornalisti e si può immaginare si tratti di una «marchetta» mascherata. Non è un reato, ma la stampa locale è «mappata» E ancora: gli incarichi giudiziari ed extragiudiziari, le nomine nei Cda. Alcuni imprenditori, prima delle elezioni, danno denaro a tutti i partiti, così chiunque vince, loro vincono comunque. Oggi scoprire i reati è più complicato». Eppure il caso-Abruzzo sembra indicare che i vecchi sistemi sono sempre in auge. Dice un personaggio «informato dei fatti» come Ottaviano Del Turco: «Nelle regioni, il ruolo un tempo degli apparati di partito oggi viene svolto dalla Sanità, come grande collettore di consensi. Con una divisione del lavoro tra centro e periferia: a Roma si nominano i parlamentari e si incassa il finanziamento pubblico e alla periferia si fa capire: per il fabbisogno provvedete da soli». Ma dalle intercettazioni spunta un’altra enorme differenza rispetto a Tangentopoli: allora i partiti la facevano da padroni, oggi i politici elemosinano piccoli favori. Come il passaggio in aereo o il pagamento della vacanza. Dice Andrea Orlando, portavoce del Pd: «Dalle ultime vicende emerge una desolante debolezza della politica, troppo servile nei confronti di alcune imprese».