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 2008  novembre 19 Mercoledì calendario

JACOPO JACOBONI PER LA STAMPA DEL 19/12/2008

Non c’è più religione. Uno i sequestri se li aspetta al Bagaglino, non all’Ambra Jovinelli. La direzione artistica non c’entra nulla, ma è come se nella foga anti-sinistra le inchieste divorassero infine anche i simboli.
L’Ambra così nacque, un simbolo di un piccolo gruppo di artisti-satiri-cinematografari romani che all’inizio forse aveva solo avuto un’intuizione, siccome non c’è (più) la sinistra nella realtà, ce la inventiamo sul palcoscenico. Vedere i sigilli apposti, ieri, alle mura del teatro evocava allora quasi l’immagine della fine di un mondo. La programmazione andrà avanti regolare, perché l’indagato è solo il proprietario del teatro, il presidente del Siena, Giuseppe Lombardi Stronati, al quale sono stati sequestrati beni per 400 milioni. Sostiene la procura di Roma che ha reimpiegato capitali illeciti in una serie di operazioni immobiliari, una delle quali col teatro al centro, e ha omesso la dichiarazione dei redditi. L’«Ambra Jovinelli srl» non c’entra, replica secca, ed è quella la società che produce e pensa i calendari e gli eventi. Però il cortocircuito show-politica-inchieste appare terminale, riassunto genialmente dalla bigliettaia del teatro ieri mattina, un’anziana signora che non sarebbe stata male neanche sul palcoscenico, «eccerto, qua ce stanno a tempestà de telefonate, gli spettatori, vogliono sapè si ce chiudeno...». No, the show must go on. Non si chiude, ma qualcosa s’è rotto.
Il nuovo Ambra non aveva la crudeltà romanesca degli anni trenta, quando ai poveri diavoli di attori come il leggendario Cacini poteva capitare di beccarsi gatti morti tirati dal pubblico (e lui: «Lassateme lavorà, so’ ”n ”artista»); ma certo restava una cosa profondamente romana. Racconta David Riondino, per anni alter ego della sua amica Sabina Guzzanti, una delle socie onorarie, che «l’Ambra non è diventato simbolico, come l’Apollo 21, la vecchia palestra dove suonava l’orchestra di piazza Vittorio; l’Ambra è nato, simbolico. Fu pensato per essere così, un punto d’aggregazione di un mondo, un gruppo di artisti che volevano provare a vedere se esisteva ancora una Roma satirica, ma non volevano andare al Brancaccio, o al Valle. Eppure all’inizio non era un gruppo formalizzato, come il Bagaglino, che aveva peraltro più una vocazione alla maschera, alla parodia. All’Ambra, centrale è stata da sempre la satira del potere».
C’è voluto un attimo, alla riapertura del 2001, a passare dalla satira del potere al potere della satira. Alla satira supplente. E allora le serate per Biagi-Luttazzi-Santoro, con Nanni Moretti che ripete l’urlo di piazza Navona, e Michele Santoro che canta ”Bella ciao” (aprile 2002); gli eventi con Sergio Cofferati, Gino Strada e Alex Zanotelli per protestare contro la guerra in Iraq (settembre 2002); persino Massimo D’Alema che a guerra finita compare nel tempio-Dandini e cosa dichiara, lui ex interventista democratico? «Che la guerra stia finendo ci riempie di gioia, anzitutto perché finiscono le uccisioni delle persone».
Se Luttazzi veniva censurato, l’Ambra si muoveva. Se la sinistra latitava, l’Ambra la sostituiva. Spopolava Bossi? Quel genio di Corrado Guzzanti inventava Hannibal. Il «nano»? Un soprannome uscito di lì, con «L’ottavo nano» di sua sorella Sabina. Persino il «Parla con lei» della direttrice Serena Dandini e Dario Vergassola è nato all’Ambra; il format su Rai tre è stato un succedaneo. E se Silvio andava a vedere Pippo Franco al Bagaglino, Romano si sedeva nel vecchio teatro di Petrolini, Macario, Rascel e Totò per vedersi Enrico Bertolino (o tempora). All’Ambra è passato il meglio - Marco Paolini e Ascanio Celestini - e il peggio della sinistra, le due Simone che non sapevano se condannare o «capire» i loro rapitori. Girotondini? In una fase: eppure l’Ambra fu ristrutturato nel ”97 come ultimo regalo di Francesco Rutelli sindaco (ora l’assessore Umberto Croppi vorrebbe farli traslocare di fronte ai problemi economici tra proprietà e gestori del teatro). Persino la destra si fece sedurre; Pietro Taricone arrivò a dire «io, il massimo prodotto del berlusconismo tv, quando Berlusconi ha detto quelle cose di Biagi e Santoro, beh, mi sono sentito una m... Che dovevo fare, ho preso l’autobus, e sono venuto all’Ambra Jovinelli». Potere, davvero, questo sì.

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GIUSEPPE VIDETTI PER LA REPUBBLICA DEL 19/12/2008
ROMA - Cent´anni fa, nel 1908, posero la prima pietra in quella che era Piazza Guglielmo Pepe. Il Teatro Jovinelli, un trionfo di stucchi liberty progettato da Ulderico Bencivenga, fu inaugurato il 19 marzo 1909 con una macchietta in romanesco scritta per l´occasione da Raffaele Viviani. L´anno dopo Giuseppe Jovinelli scritturò Ettore Petrolini, un trionfo durato quasi tre anni. Tra le due guerre, il teatro fu il tempio della comicità popolare: Pasquariello, Brugnoletto, Cacini e Totò, che qui fece il suo debutto romano. Nel dopoguerra fu trasformato in un cinema-varietà, negli anni Settanta ridotto a sala a luci rosse con siparietti di spogliarello per militari di leva in libera uscita. Quando nel 1982 fu devastato da un incendio era diventato una sorta di alcova per incontri furtivi e trasgressivi all´ombra della Stazione Termini. Il fuoco fece giustizia. La famiglia Jovinelli si decise a vendere e il teatro rinacque dalle ceneri con una nuova dignità. Nel 1997 un progetto di ristrutturazione marciò di pari passo con un piano di riqualificazione del quartiere.
Il 25 gennaio 2001 l´Ambra Jovinelli riaprì i battenti come teatro comico con la direzione artistica affidata a Serena Dandini. Nuova facciata, nuovi interni e una programmazione che l´ha trasformato nel salotto buono della sinistra (70mila presenze nel 2007), come dimostra il programma della stagione in corso. Col ferro e col fuoco, dedicato alla tragedia della Thyssen, una rilettura teatrale della Gomorra di Saviano, Concha Bonita di Alfredo Airas e René de Ceccatty (versione italiana di Nicola Piovani e Vincenzo Cerami), Paletti il nuovo spettacolo di Sabina Guzzanti, Promemoria, monologo di Marco Travaglio sul malcostume italiano. Infine la musica: Mi Buenos Aires querido di Luis Bacalov e Elio è... Frankenstein con Elio e Le storie Tese.
«Qui ho scoperto Ascanio Celestini, ci ho suonato diverse volte», ricorda il premio Oscar Nicola Piovani. «Concha Bonita è stata un´impresa eroica, un´avventura che nessun teatro italiano avrebbe mai affrontato. Quello dell´Ambra Jovinelli è un team produttivo pionieristico, spavaldo». Già mesi fa si era parlato di problemi col il rinnovo del contratto, si era ventilato un cambiamento di sede. «Sarebbe stato un errore», dice Piovani. «Ogni teatro vive anche del rapporto con il suo pubblico. Eduardo diceva che un teatro si porta attaccate alle pareti le storie di tutte le compagnie che l´hanno popolato». «Il pubblico ci ha premiati, è lui il nostro unico editore», dichiarò Serena Dandini alla conferenza stampa di presentazione della nuova stagione, quando il rischio della chiusura minacciato nel 2007 sembrava scongiurato. Oggi di concerto con la direzione del teatro comunica: «Siamo totalmente estranei alle vicende che vedono indagato l´avvocato Lombardi Stronati, proprietario dell´immobile. La programmazione artistica non subirà alcuna variazione. Gli spettacoli avranno luogo regolarmente». «Ogni volta che si chiude un teatro è un lutto per la civiltà», ci ha detto ieri Piovani quando è circolata notizia della bufera. «Un teatro indipendente come questo, autonomo da logiche conformate più che conformistiche, ha il diritto di esistere. Lo dico come cittadino e come spettatore: che l´Ambra Jovinelli resti aperto nella sua sede storica».