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 2008  dicembre 19 Venerdì calendario

MARCO ACCOSSATO PER LA STAMPA DI VENERDI’ 19 DICEMBRE 2008


SI SVEGLIATA DA UN BUIO LUNGO DUE ANNI. Grazie a un trasmettittore di impulsi dalle dimensioni di un pacemaker, a due piccole placche impiantate nel cervello e a un intervento mai compiuto prima, una ragazza torinese coinvolta nel gennaio 2006 in uno spaventoso incidente stradale è uscita dallo stato vegetativo permanente e da un «sonno» che sembrava destinato a non finire. Greta Vannucci, oggi, vive in uno «stato minimamente cosciente»: significa che dopo ventiquattro mesi nelle stesse condizioni di Eluana Englaro, ora riesce a masticare, può deglutire e nutrirsi, sta in piedi se sorretta, e risponde a comandi semplici: «Alza un braccio, abbassalo, rialzalo».

UN CASO CLAMOROSO. E’ stato annunciato ieri all’ospedale Molinette di Torino, appena giunta dal Journal of Neurology l’email di conferma della pubblicazione della tecnica sul prossimo numero della rivista internazionale. E il pensiero, immediatamente, è andato a Eluana, proprio nel giorno in cui la Englaro avrebbe dovuto essere trasferita a Udine per interrompere l’alimentazione e iniziare a morire. I due neurochirurghi delle Molinette e del Cto che hanno eseguito l’intervento dopo 15 anni di studi sulle aree cerebrali che sottendono allo stato vegetativo, Sergio Canavero e Barbara Massa Micon, sostengono che «la tecnica che ha risvegliato Greta è applicabile a tutti i pazienti in stato vegetativo permanente», anche se occorreranno molti altri casi per definirne con precisione possibilità e percentuale di successo. In base uno studio recente, ritengono comunque che «il 50 per cento circa dei malati nelle condizioni di Eluana e di Greta potrebbe essere riportato a uno stato ”minimamente cosciente”».

«ABBIAMO SUPERATO LA BARRIERA DELL’INSUPERABILE», dichiarano con entusiasmo i dottori Canavero e Massa Micon: «La coscienza - è il punto di partenza - è il risultato di un sistema di segnali sincronizzati. Nei pazienti in stato vegetativo permanente le bande di frequenza sono de-sincronizzate, il che compromette le aree responsabile del ”senso del sé” e della coscienza». L’intervento - proseguono i neurochirurghi - è tecnicamente semplice: dopo aver superato la calotta cranica, vengono posizionate le piastre nel lobo parietale posteriore e nell’area primaria motoria, da cui dipendono rispettivamente il controllo esecutivo cognitivo e la percezione dello schema corporeo. Gli impulsi modificano in positivo la plasticità cerebrale e ricreano la sintonia persa nel trauma». In passato, nel mondo, sono stati compiuti altri tentativi per ridare coscienza al cervello in queste condizioni. Inutilmente, anche se da quei tentativi sono state ricavate indicazioni preziose.

GIORNO DOPO GIORNO i due neurochirurghi torinesi hanno misurato amperaggio, frequenza e lunghezza dell’impulso per trasmettere al cervello di Greta la giusta forza elettrica. «E’ questa la vera difficoltà: esistono oltre 10 mila combinazioni, uno solo è l’impulso corretto». Dopo alcuni mesi dall’impianto le condizioni di Greta hanno cominciato a peggiorare: «Abbiamo capito che il sistema era da ritarare». Poi il risveglio, e il sogno di un futuro di nuovo possibile: «Andremo anche in Cina per un trapianto di staminali, se sarà necessario», dice la madre.