Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 18/12/2008, 18 dicembre 2008
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
NAPOLI – Questa storia si può leggere come una Mani pulite alla rovescia. Perché quindici anni fa si scoprì che i politici comandavano sugli imprenditori, mentre ora sono gli imprenditori a dare ordini ai politici e li tengono al loro servizio. ciò che sostengono i magistrati della Procura di Napoli, nell’atto d’accusa sfociato nei provvedimenti di ieri, che si conclude con la richiesta d’arresto in carcere anche per il vicecapogruppo del Popolo della libertà alla Camera, Italo Bocchino, e per il deputato del Partito democratico Renzo Lusetti. Previa domanda di autorizzazione da inoltrare a Montecitorio, ovviamente; punto sul quale il giudice dell’indagine preliminare si è riservato la decisione.
«Se l’indagine Mani pulite aveva portato alla luce un "sistema" in cui l’anello forte erano i rappresentanti della classe dei partiti tesi a soddisfare le loro "esigenze economiche" – scrivono i pm napoletani Falcone, D’Onofrio e Filippelli, con la supervisione del procuratore Lepore e dall’aggiunto Roberti ”, nella presente indagine si è potuto accertare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che sono costoro ad essere al soldo dell’imprenditore, il quale è colui che dirige la loro azione e che "detta" finanche la linea politica e programmatica che i rappresentanti dei partiti fedelmente attuano». Tutta finalizzata all’interesse dell’imprenditore, aggiungono. Che nel caso specifico è l’avvocato Alfredo Romeo, l’uomo al centro dell’inchiesta perché al centro del tentativo di aggiudicarsi appalti pubblici per un valore complessivo di 400 milioni di euro. Grazie al «sistema» che aveva messo in piedi Romeo, attraverso quella che i magistrati chiamano «associazione per delinquere», e che si configura come una «struttura organizzata unitaria» della quale fanno parte a pieno titolo i funzionari pubblici e i politici coinvolti nell’inchiesta.
Senza distinzioni di appartenenze e schieramenti.
Per i magistrati è lo stesso onorevole Bocchino a «confessare» questa realtà in una delle tante telefonate intercettate con Romeo, nella quale gli dice (con soddisfazione, notano i pm): «Quindi poi ormai... siamo una cosa... quindi... consolidata. Un sodalizio... una cosa... solida fusione di due gruppi quindi...». E un’altra persona che pure i procuratori volevano arrestare, ma non hanno fatto in tempo perché s’è suicidato poche settimane fa, l’ex assessore del Pd Giorgio Nugnes, dice «esaltato e autocompiacendosi» a Romeo: «Eh... guagliò... si nu grand’... tien’ nu grande amico assessore».
Nella ricostruzione dell’accusa, gli atti amministrativi che hanno portato alla definizione degli appalti «sono illeciti fin da momento genetico », perché studiati e portati avanti dall’inizio secondo le esigenze delle società che fanno capo a Romeo. Il quale nel suo sistema aveva inserito anche degli «appartenenti alla forze di polizia» che sono tornati utili per informarlo sullo stato delle indagini, quasi un anno fa, dando il via a tentativi di depistaggio che i pubblici ministeri ritengono di aver smascherato e neutralizzato. Anche per evitarne altri hanno sollecitato, tre mesi fa, l’arresto degli inquisiti.
«L’inquinamento probatorio – scrivono – dimostra ulteriormente quanto radicato e ben strutturato sia il "comitato d’affari" oggetto della presente indagine». Messo in piedi dall’avvocato Romeo, «che ha letteralmente "in pugno" la città di Napoli a cui, non a caso, l’amministrazione comunale (ma non solo) ha consegnato simbolicamente anche le chiavi nella misura in cui, da anni ormai, incurante persino delle condanne per corruzione che egli riceveva dal tribunale e dalla corte d’appello di Napoli, gli ha affidato la gestione del proprio, immenso, patrimonio immobiliare».
quasi uno sfogo, quello degli inquirenti napoletani, che ritengono di aver svelato «le vere facce di molti pubblici funzionari, i quali si pongono letteralmente al servizio non già del pubblico interesse, bensì di quello privato del potente imprenditore, garantendosi laute e sostanziose ricompense».
Per far entrare in gioco le sue aziende, Alfredo Romeo ha bisogno che il Comune di Napoli qualificasse l’appalto sotto la categoria «di servizi » e non «di opere», come lui stesso spiega chiaramente a Nugnes: «Se così non fosse io non posso partecipare, hai capito?». Nugnes, nella ricostruzione dei pm, capisce e si dà da fare. Con i suoi colleghi e con la sua maggioranza di centrosinistra. Ottenendo in cambio dei favori che i magistrati ritengono di aver individuato. Per esempio in una telefonata del 22 aprile 2007 tra l’ex assessore e l’imprenditore dove «si discute di una delle "controprestazioni" che il Romeo avrebbe dovuto fornire al Nugnes in cambio degli illeciti favori che questi gli stava procurando: la sponsorizzazione del Nugnes nei confronti dell’on. Francesco Rutelli affinché questi affidi al primo un incarico di governo, ovvero una futura candidatura parlamentare».
Ma problemi per l’imprenditore «padre padrone di uno dei maggiori gruppi imprenditoriali nazionali» potevano venire anche dal centrodestra, che a Napoli stava (e sta) all’opposizione. Ecco allora che entra in gioco Bocchino, parlamentare di Alleanza nazionale in ascesa, al quale Romeo si rivolge per intervenire sul consigliere di An Marco Nonno, che aveva in animo di presentare un emendamento «pericoloso» per l’imprenditore. «Avevo sentito che questo... Nonno voleva fare un emendamento», spiega preoccupato Romeo. E Bocchino: «Non credo proprio... Non credo proprio, me la vedo io». Quattro giorni dopo nel gruppo di emendamenti presentati dai consiglieri di An, quello temuto da Romeo non c’è. «Segno evidente che l’intervento di Bocchino vi è stato ed è andato a buon fine», commentano i magistrati.
Tra i contatti istituzionali di Romeo c’è pure il tenente colonnello Vincenzo Mazzucco, in servizio presso la Direzione investigativa antimafia di Napoli (lo stesso organismo di polizia che ha svolto la gran parte delle indagini), amico suo e dell’ex assessore Gambale. Per i pm che si definiscono «agghiacciati» dalla «condivisione degli obiettivi e comunanza di interessi» del colonnello con l’imprenditore, Mazzucco non può definirsi servitore dello Stato ma «servitore di Romeo». E in questa veste si sarebbe spinto, il 31 gennaio scorso, fin nella stanza del procuratore di Napoli Lepore per cercare di carpire notizie o conferme su un’indagine di cui – secondo la «netta» sensazione del magistrato – era già a conoscenza. Di qui la consapevolezza del «sistema Romeo » di essere finito nel mirino degli inquirenti, con le conseguenti contromisure. Fra queste, molte telefonate «pilotate», per cercare di cambiare il senso a ciò che avevano detto in precedenza e finanche cercare di «intimidire» i magistrati, come nella telefonata-«distillato di sceneggiata napoletana» tra Romeo e l’onorevole Paolo Cirino Pomicino.
Le informazioni che circolavano sull’inchiesta non hanno prodotto solo i depistaggi, ma probabilmente anche la fibrillazione che nelle ultime settimane ha attraversato Napoli e i suoi «palazzi», sull’inchiesta-terremoto e le ricadute politiche. Fino a provocare, alla vigilia degli arresti, le dimissioni di un assessore e il suicidio di un ex. Vittime e protagonisti insieme, secondo l’atto d’accusa dei magistrati, della «corruzione ambientale » che si respira in questa città.
Sotto assedio Il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino attorniata dai giornalisti ieri al suo arrivo nella sede del Pd
NAPOLI – Imprenditori.
Due assessori e due ex assessori del Pd. Un colonnello della Guardia di Finanza. In tredici sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli su quattro appalti: due Global Service per la manutenzione delle strade, uno per la gestione di mense scolastiche e uno per la pulizia di immobili. Al centro dell’inchiesta l’imprenditore Alfredo Romeo, ora in carcere. Arresti domiciliari per gli assessori Felice Laudadio (Edilizia) e Ferdinando Di Mezza (Patrimonio), per gli ex assessori Enrico Cardillo (Bilancio, dimessosi il 29 novembre) e Giuseppe Gambale (Scuole), per l’ex provveditore alle Opere pubbliche della Campania Mario Mautone e per il colonnello della Guardia di Finanza, già in forza alla Dia, Vincenzo Mazzucco (accusato di essere la talpa che rivelava agli indagati lo stato dell’inchiesta). Le accuse vanno dall’associazione a delinquere alla turbativa d’asta alla corruzione.
Indagati a piede libero i parlamentari Renzo Lusetti (Pd) e Italo Bocchino (An).
L’operazione è stata condotta dalla Dia e dai carabinieri di Caserta. L’inchiesta è stata coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il sindaco Rosa Russo Iervolino non è toccata dall’inchiesta. Lo ha detto il coordinatore della Dda Franco Roberti. Il magistrato ha comunicato che «così come ci sono politici, c’è anche qualche magistrato al servizio di Romeo».