Marco Zatterin, La Stampa 18/12/2008, pagina 37, 18 dicembre 2008
finita come una partitissima di Champions League, coi deputati che abbracciano il relatore, Alejandro Cercas, socialista spagnolo
finita come una partitissima di Champions League, coi deputati che abbracciano il relatore, Alejandro Cercas, socialista spagnolo. Con un risultato che solo qualche settimana fa sarebbe sembrato impossibile, il Parlamento europeo ha battuto ieri il Consiglio (cioè governi) sulla direttiva Orario di lavoro, bocciando la possibilità di alzare in alcuni casi il limite settimanale da 48 a 65 ore. Allo contempo, l’assemblea ha chiesto che siano considerati come tempo di lavoro i periodi di guardia delle professioni mediche e dei servizi d’emergenza (pompieri, ad esempio), mentre i Ventisette volevano distinguere fra impegno «attivo» e «inattivo». Larga la maggioranza, con popolari e sinistra uniti, e una clamorosa spaccatura nel Partito della Libertà, dove Lega e An hanno votato con la maggioranza e Forza Italia contro. Non succede spesso che Strasburgo capovolga il verdetto di Bruxelles. Tuttavia, in questo momento di grande difficoltà economica, il Parlamento ha voluto bloccare la deriva deregolamentatrice del Regno Unito appoggiata da una dozzina di altri paesi. La direttiva, in discussione da anni, sarà adesso negoziata in ”procedura di conciliazione” fra deputati e Consiglio con la Commissione che dovrebbe fare da arbitro. Nel negoziato sarà possibile rivedere tutto il testo. Se entro 90 giorni non ci sarà un compromesso, la proposta cadrà e l’esecutivo dovrà presentarne un’altra. Il principale punto di scontro è sulle 65 ore. Londra aveva ottenuto che fosse introdotta una deroga che, a certe condizioni, permettesse di non rispettare la 48 ore. Bulgaria, Cipro, Estonia, Malta hanno recepito l’opt-out in tutti i settori. Cechia, Francia, Germania, Ungheria, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Spagna lo hanno previsto laddove vi è un esteso ricorso ai periodi di guardia. Bocciata anche la definizione introdotta dal Consiglio a proposito del servizio di guardia, non definito nella direttiva in vigore. I deputati non contestano la differenziazione fra periodo «attivo» e «inattivo». Uno è quello in cui «il lavoratore è obbligato a tenersi a disposizione al fine di intervenire, su richiesta, per esercitare le propria attività o funzioni». L’altro è quando il lavoratore a disposizione, non è chiamato a prestare la sua opera. Strasburgo chiede che entrambe le formule siano retribuite, mentre il Consiglio puntava far pagare solo la prima. Serena la reazione del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. Per l’Italia «non cambia nulla», ha precisato, «come non cambiava niente il compromesso prima, poiché la direttiva prevede il rinvio, per un paese come il nostro, alla contrattazione collettiva». E la divisione nel Pdl? «Non è bello che abbiamo votato così - ha precisato -. Se però le occasioni di divergenza sono queste, non c’è motivo di preoccuparsi».