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 2008  dicembre 18 Giovedì calendario

Attenzione alle date e ai numeri, perché lo scontro politico in atto per il controllo della televisione ha senso solo se inquadrato aldilà dell’immediata contesa sulla Rai o sull’Iva di Sky

Attenzione alle date e ai numeri, perché lo scontro politico in atto per il controllo della televisione ha senso solo se inquadrato aldilà dell’immediata contesa sulla Rai o sull’Iva di Sky. Entro il 2012 in tutte le case degli italiani non si potrà più vedere la vecchia tv ma solo la nuova digitale con il decoder e un menù di reti davvero potenzialmente molto ampio. Il governo ha appena fissato il nuovo calendario di riconversione, che prevede il passaggio al digitale delle regioni pubblicitariamente più ricche già tra la seconda parte del 2009 e il 2010. E sarà una rivoluzione, non c’è dubbio. Per capirlo, basta un dato esplosivo di questi giorni. Da novembre l’Auditel rileva che cosa sta accadendo nella prima regione dove il passaggio al digitale è stato sperimentato, la Sardegna (la seconda sarà con l’anno nuovo la Valle d’Aosta). L’offerta complessiva è passata dai 26 canali (10 nazionali e 16 locali) di prima, ad una nuova scelta digitale gratuita ed accessibile a tutti di oltre 59 canali (29 nazionali e 30 locali). Ovviamente in prima battuta l’ascolto non si è così frazionato, eppure non sono mancate vere e proprie sorprese. Per esempio, la tv regionale più radicata, Videolina, raggiunge una rete blasonata nazionale come La 7. E la tv di Stato appare nettamente più in affanno soprattutto sulla prima delle tre grandi reti generaliste, ma si può consolare con il risultato davvero eccellente della nuova offerta messa a punto da Carlo Freccero nei palazzi di Raisat e lanciata col marchio Rai4. Alla prima uscita pubblica paritaria, con una programmazione per ora quasi solo di repliche e di fondi di magazzino Rai, la nuova tv digitale stacca addirittura di una lunghezza l’agonizzante La7. Certo, con l’aria di tagli che spira a viale Mazzini e l’idea governativa di limare il canone compensando con una più efficace lotta all’evasione, sarà molto arduo per Freccero ottenere risorse per Rai4 e altre nuove iniziative che la Rai potrebbe varare facilmente. Ma ecco i dati: se l’Italia con un balzo indietro al 1720 tornasse al regno di Sardegna, lo scenario televisivo apparirebbe così rivoluzionato nel giorno medio: Rai Uno: 19.12%; Rai Due: 10.95%; Rai Tre: 8.52%; Canale 5: 22.06%; Italia 1: 8.50%; Rete 4: 5.81%; La7: 2.15%; Rai4: 3.43%; Videolina: 2.13%. Da notare che a fronte di un dato nazionale complessivo di tenuta delle sei reti principali intorno all’82,5 per cento (giorno medio, autunno 2008), col digitale in Sardegna il duopolio Rai-Mediaset alla prima prova scende tutto insieme sotto al 75 per cento (dati dal 2 al 23.11). Ora, è evidente che la Sardegna non è l’Italia, ma fanno riflettere alcune caratteristiche socio-demografiche di questo universo Auditel di 1 milione e 600 mila persone. E rendono ancora più preoccupante il risultato della riconversione digitale della tv generalista, soprattutto se si guarda l’età molto alta della popolazione sarda (l’aspettativa media di vita è calcolata dall’Istat in oltre 77 anni per gli uomini, e addirittura 83,6 per le donne). L’insediamento più forte della vecchia tv in Italia è proprio sul pubblico meno giovane, ma il caso della Sardegna dimostra che basta un’alternativa reale a cambiare le abitudini di tutti.