L’ex abortista diventata pasdarand di Antonella Rampino, La Stampa, 18/12/2008, pag. 21, 18 dicembre 2008
Non sempre le colpe dei padri ricadono sui figli innocenti, come diceva Giovannino Guareschi. Qualche volta, possono essere le inclinazioni delle figlie a riflettersi oscure sull’immagine dei padri
Non sempre le colpe dei padri ricadono sui figli innocenti, come diceva Giovannino Guareschi. Qualche volta, possono essere le inclinazioni delle figlie a riflettersi oscure sull’immagine dei padri. Inutile chiedersi come avrebbe reagito Franco, il Roccella più famoso, fondatore e parlamentare del Partito radicale, poi socialista demartiniano, polemista apprezzato nei fogli dell’Eni e rimpianto anche da Ciriaco De Mita, di fronte a Eugenia, la figlia laureata in lettere che nell’odierno ministero della salute (il Welfare), retto dal laico socialista Maurizio Sacconi, è hegeliano ”sottosegretario all’etica”. Eugenia è una donna minuta di 55 anni, di ferrea volontà ed eloquio fluente, «sembra timida, ma è uno degli avversari più temibili, proprio perché si dice laica e viene dalla sinistra» secondo la deputata gay del Pd Paola Concia. Ed è Eugenia che ha suggerito a Sacconi la circolare ministeriale che blocca la possibilità di metter fine alla indicibile non-vita, secondo i suoi genitori, di Eluana Englaro. «Lei non voleva morire, lo so, ho letto le carte. Lo sa anche Sacconi, che è un socialista, ma anche un credente», dice Roccella al telefono. E a parte il doloroso caso all’oggetto delle cronache, doloroso ormai per tutti, ministri e genitori, soggetto e spettatori, il vero caso è proprio lei, Eugenia Roccella. Anche lei emblematica dell’Italia che in trent’anni non ha prodotto trasformismo, ma cambiato direttamente coscienza. E’ infatti inutile chiedersi cosa ne penserebbe Franco di Eugenia che nel 1975 non solo propagandava l’aborto con Adele Faccio, ma scrisse anche un manuale, «Aborto: facciamolo da noi» (edizioni Napoleone, Roma, pag.128), e oggi grida «l’embrione è una persona!». E’ inutile chiderselo perché l’Eugenia che oggi crede di battersi contro l’eugenetica anche disputando l’aborto in casi di stupro su undicenni in zone tribali, era in realtà una delle leader del Movimento di Liberazione della Donna romano, dunque nella piena battaglia genere ”il corpo siamo noi”, non certo l’Udi di Nilde Jotti. Ed è inutile, soprattutto, perché lei queste cose ampiamente le rivendica. «Quello radicale è un metodo che non si dimentica». E secondo quel metodo, ecco che il corpo, la sua vita e la sua morte, sono oggetti contundenti da impugnare sulla scena politica, nella migliore o peggiore, a scelta del lettore, tradizione pannelliana. Giuliano Ferrara, che l’ha lanciata davvero sul «Foglio» prima, molto prima della candidatura nella fila berlusconiane con tendenza-Ruini, prima molto prima che lei scendesse in piazza come co-portavoce con Savino Pezzotta del Family-day, Giuliano Ferrara la chiama l’«Eugenia dei due mondi», forse perchè lei al contrario di Garibaldi che fece costruire gli argini al Tevere ha piuttosto avvicinato a Oltretevere l’altra sponda, quella della politica laica per cui si batté De Gasperi. Perchè dopo anni e anni di femminismo, di radicalismo, di aborti e di piazza, «nella mia vita privata è successo qualcosa, ho capito di essere stata credente in modo profondo e inconfessato», racconta Roccella. Quel che è accaduto non è stato solo il matrimonio assai saldo col professor Cavallari, non solo la nascita di due figli oggi di 16 e 26 anni. No, è stata la morte della madre, spentasi dopo un coma vegetativo proprio nei giorni in cui negli Stati Uniti c’era il casso Terry Schiavo, e lei che sul «Foglio» pubblicamente racconta - oltre a quello che semplificatoriamente e freudianamente si potrebbe definire ”rifiuto del padre” - di non averla voluta staccare, quella spina. E di non averla voluta staccare per pietà. Sentimento che per lei «significa riconoscere nell’altro qualcosa di me, le persone in stato vegetativo sono affidate all’altro», sostiene. Affidate all’altro «anche se avessero testimoniato volontà diverse, anche se l’avessero lasciato scritto», dunque anche in caso di testamento biologico, fino al limite del libero arbitrio. «La libertà non è e non può essere autodeterminazione», sostiene Roccella. Ed è proprio questo lo strano caso di Eugenia. Lo strano caso dell’Italia, che su se stessa non ha più nemmeno la possibilità di scelta, quel libero arbitrio che i padri invece hanno avuto.