La Cina alla guerra dei pirati di Francesco Sisci, La Stampa, 18/12/2008, 18 dicembre 2008
La Cina è «pronta» a inviare per tre mesi una sua flotta a combattere i pirati della Somalia. L’ha scritto ieri il quotidiano China Daily, citando una fonte militare: il vice ministro degli Esteri cinese He Yafei ha annunciato alle Nazioni Unite che Pechino sta «seriamente considerando» di mandare un distaccamento militare nel Golfo di Aden e nell’oceano al largo della Somalia
La Cina è «pronta» a inviare per tre mesi una sua flotta a combattere i pirati della Somalia. L’ha scritto ieri il quotidiano China Daily, citando una fonte militare: il vice ministro degli Esteri cinese He Yafei ha annunciato alle Nazioni Unite che Pechino sta «seriamente considerando» di mandare un distaccamento militare nel Golfo di Aden e nell’oceano al largo della Somalia. Questa operazione da parte della potenza emergente cinese - la prima missione di guerra fuori dal suo bacino d’influenza - suona come una sfida oggettiva al dominio totale americano sui mari, una dichiarazione di forza che vibra contro la grande cassa armonica della storia. La decisione pare sia stata in realtà già presa ma la forma prudente usata dal ministero degli Esteri lascia aperta una strada alla ritirata, nel caso vi fossero forti obiezioni internazionali alla mossa. Di certo, vista la grande prudenza con cui si muove la diplomazia di Pechino, è probabile che gli Usa siano già stati consultati. Il governo somalo ha espresso la sua approvazione. Al largo della Somalia opera già un significativo gruppo navale internazionale, inviato dalla Nato e dall’Unione europea. La pirateria tra il Golfo di Aden e l’Oceano Indiano è un grave problema internazionale, che sta facendo aumentare i costi di assicurazioni e di trasporti, spingendo molti convogli a prendere rotte alternative. Anche la Cina è già stata coinvolta: nei giorni scorsi, al largo delle coste kenyote, i pirati hanno catturato un peschereccio della Repubblica popolare e un mercantile battente bandiera di Hong Kong con 25 cittadini del territorio e un cittadino cinese. E tra i quattro attacchi delle ultime ventiquattr’ore, uno era un cargo cinese, l’unico fallito grazie alla strenua opposizione dei trenta marinai, che sono riusciti a tenere in scacco i pirati fino all’arrivo di elicotteri militari. Ancora non si conosce la dimensione della flotta cinese che andrà nel Golfo di Aden, ma secondo fonti militari di Pechino «si tratterà di una significativa operazione di peacekeeping». Già nei giorni scorsi il generale Jin Yinan aveva sollecitato il governo a inviare navi contro i pirati. In realtà non è un mistero che non sarà una semplice operazione anti pirateria: si tratterà di far notare la presenza della Marina militare cinese. Voci insistenti sostengono ormai da anni che Pechino sta lavorando alla costruzione di una sua portaerei. Per molto tempo le forze armate hanno discusso dell’opportunità strategica di possederne una. Alcuni generali erano contrari perché non ne vedevano l’effettiva utilità strategica in un conflitto ampio contro altre potenze: le portaerei sono bersagli troppo facili contro i missili della guerra elettronica. Alla fine però l’idea è stata approvata, per schierare la portaerei non contro un’altra super potenza, ma contro potenze piccole, come affermazione simbolica di forza e per eventuali futuri ruoli di sicurezza delle rotte oceaniche. La missione nel Golfo di Aden va dunque politicamente ben al di là degli invii di truppe cinesi in missioni di pace a Timor, Libano, Darfur o Haiti. Questa volta ha un rilievo diretto con alcuni interessi cinesi: le rotte commerciali che portano anche alla Cina. Nella storia millenaria cinese è una «prima»: mai la Cina aveva inviato una missione navale militare fuori dal suo stretto bacino di influenza.