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 2008  dicembre 18 Giovedì calendario

«Italoooo!!». Silenzio. «Italooooooooo, ma che caz...». Quei pochissimi che nei primi anni Novanta a Montecitorio si avventuravano giù giù, sino al sottoscala, prima missino e poi di An, dove regnava Pinuccio Tatarella, spesso si imbattevano in questa scena: il capo che cerca e maltratta il suo aiutante, seduto in un angolo, dietro un piccolo tavolino

«Italoooo!!». Silenzio. «Italooooooooo, ma che caz...». Quei pochissimi che nei primi anni Novanta a Montecitorio si avventuravano giù giù, sino al sottoscala, prima missino e poi di An, dove regnava Pinuccio Tatarella, spesso si imbattevano in questa scena: il capo che cerca e maltratta il suo aiutante, seduto in un angolo, dietro un piccolo tavolino. Il malcapitato era un ragazzo di 25 anni, veniva da Napoli, era educato, parlava affettato, non sembrava un missino, si chiamava e - si chiama ancora - Italo Bocchino. Perennemente assediato da ritagli di giornale che divorava e compulsava, di gran lunga il più creativo tra i capi della destra, Tatarella aveva un debole per quel ragazzo sveglissimo, che oltretutto sapeva sopportare le sue sfuriate. E nel 1996 è proprio Pinuccio a proporre a Fini di lanciarlo in prima linea: «Gianfranco, a Italo lo facciamo diventare deputato?». Proposta accettata. Bocchino entrerà in Parlamento a 29 anni. Ben sposato (con Gabriella, figlia del ricco imprenditore napoletano Eugenio Buontempo), ora Italo di anni ne ha 41 e ieri sera, nel giorno più difficile della sua carriera, il figlioccio di Pinuccio ha ricordato la lezione del suo maestro: anziché chiudersi a riccio, ha convocato una conferenza stampa e lì ha fatto battute: «Una vicenda kafkiana: chiedere l’arresto per aver consigliato un cuoco ad un amico...». Anche se molto poco kafkiano era stato l’infortunio mediatico che tre settimane fa aveva fatto salire Bocchino alla ribalta, quando in diretta tv lesse, come fossa farina del suo sacco, quel suggerimento sotto forma di «pizzino», scritto dal pd Nicola Latorre. La «prova tv» di un feeling trasversale che sicuramente legava i rispettivi capi: Massimo D’Alema e Pinuccio Tatarella si stimavano e avevano il coraggio di dirselo in pubblico. Il destino vuole che anche l’altro deputato finito sotto la lente di ingrandimento della magistratura, Renzo Lusetti, sia un figlioccio d’arte e che pure lui sia entrato in Parlamento alla bella età di 29 anni. Emiliano, figlio di un camionista e di una sarta, in politica Lusetti non si è fatto ”da sè”: nel 1987 è eletto nelle liste Dc nella Circoscrizione campana con una montagna di preferenze, 78.000. Un miracolo delle cordate clientelari di quegli anni: bastava che il «padrino» ordinasse e anche un paracadutato come Lusetti poteva farcela. Il suo capo Ciriaco De Mita gli disse: «In lista ti metto al settimo posto». E l’altro: «Perché?». E Ciriaco: «Diremo ai nostri: vota Lu’ sette...». Di capi, nella sua vita, Lusetti non è ne ha avuti tanti. L’ultimo, l’attuale è Francesco Rutelli, del quale è stato una sorta di «agenzia turistica». Gli ha organizzato il pullman del 2001 e tutte le feste estive della Margherita. Estroverso ed emotivo, Lusetti ha reagito in modo opposto a Bocchino e ieri sera ha fatto diffondere un breve comunicato: «Non ho niente da nascondere, sono estraneo ai fatti, sono favorevole all’uso delle intercettazioni». Una reazione all’insegna di quell’understatement democristiano appreso dal suo primo maestro, don Camillo Ruini, il parroco che portava i suoi giovani a fare esercizi spirituali nella Bassa, in una casa nota per gli esorcismi. Eletto nel 1987 a capo dei Giovani dc in un congresso - sarà un segno premonitore? - nel quale irruppero i carabinieri per venire a capo di una «partita» di deleghe sospette. Gran fucina il Giovanile di Lusetti: ci sono Dario Franceschini, Enrico Letta, Angelino Alfano. Il simpaticissimo Renzo, amico di star del rock come Zucchero, si fa voler bene anche per l’arte di fare imitazioni: perfetta, nella calata irpina e nei tic, quella del suo padrino De Mita. Anche se memorabile - gli amici che l’ascoltarono, 25 anni dopo ancora ridono - l’imitazione doppia Fanfani-De Mita, prodotta davanti ad un giornalista che ne scrisse per un giornale di Firenze. Se l’avesse saputo, il vecchio Amintore se la sarebbe presa assai, tanto è vero che l’indomani gli uomini dello staff gli dissero: «Presidente, la rassegna stampa purtroppo non è disponibile...».