Sergio Rizzo, Corriere della Sera 18/12/2008, 18 dicembre 2008
ROMA – Raccontò ai giudici con le lacrime agli occhi: «Erano come le cavallette! Come le cavallette! »
ROMA – Raccontò ai giudici con le lacrime agli occhi: «Erano come le cavallette! Come le cavallette! ». Anzi. «Iene, ecco che cos’erano! Gli ho moltiplicato per sei gli incassi degli affitti degli immobili del Comune. Per tutta risposta mi sono saltati addosso come iene inferocite, minacciandomi di cancellare la concessione se non avessi pagato». E lui, Alfredo Romeo, che poteva fare? Partito da una famiglia modesta, aveva cominciato, faticosamente, con una piccola agenzia immobiliare. Adesso, a quarant’anni, era sulla rampa di lancio. Perciò, a Napoli, pagava. Pagava la Dc e pagava il Psi. Tirò fuori qualcosa come sette miliardi. Si beccò una condanna a quattro anni in primo grado, a due e mezzo in appello e la prescrizione in Cassazione. Ma fu come nascere una seconda volta, imprenditorialmente parlando. Quindici anni dopo essere scivolato nel tritacarne di Tangentopoli, Romeo si è ritrovato fra le mani un impero. Ha cinquecento dipendenti, un patrimonio immobiliare di 48 miliardi di euro da gestire, 160 milioni di incassi l’anno e un cash flow che cresce come un soufflé. Adesso, addirittura un albergo di lusso in quello che fu il quartier generale di Achille Lauro, un tempo il padrone di Napoli. Insomma, Romeo ha fatto i soldi con la pala. Praticamente tutti con gli enti pubblici. L’Inps, l’Inpdai, l’Agenzia del Demanio, il ministero dell’Economia, la Consip, gli Iacp sparsi per tutta Italia. Poi i Comuni: Napoli, Pozzuoli, Firenze, Milano, Venezia. E Roma. Quando Romeo nel 1997 vinse la gara voluta dal sindaco di Roma Francesco Rutelli per gestire le migliaia di immobili di proprietà del Campidoglio, i suoi affari erano a una svolta. Aveva appena subìto la condanna per i fatti di Napoli e, come raccontò il settimanale il Mondo, si era visto «interdire per un anno i rapporti con la pubblica amministrazione». Ma gli bastò sommergersi appena, lasciando tutte le cariche sociali. E si aggiudicò l’appalto. Assessore al patrimonio era allora un inflessibile magistrato della Corte dei conti, Angelo Canale. Che difese la decisione a spada tratta, contro tutte le critiche scagliategli contro dalla destra. «Non è un caso che a sollevare le polemiche sia stato il Giornale di Paolo Berlusconi, proprietario della Edilnord. Che nella gara da noi bandita è stata sconfitta dalla società di Romeo», scandì. L’aver battuto a Roma il fratello del Cavaliere gli consentì di vincere anche qualche diffidenza nel centrosinistra? Probabilmente non risultò decisivo, se è vero che Romeo aveva già conservato l’incarico di gestire gli immobili napoletani anche con l’arrivo di Antonio Bassolino. A Napoli il sindaco socialista Nello Polese si era dimesso per essere finito nella stessa bufera che avrebbe travolto Romeo. Una bufera che il Pds locale aveva cavalcato politicamente, chiedendo lo scioglimento del consiglio comunale. Per bocca di chi? Ma del segretario regionale Antonio Napoli, futuro assessore della giunta guidata da Antonio Bassolino, quindi nello staff di Massimo D’Alema alla presidenza del Consiglio, poi con Claudio Velardi fondatore della società di comunicazione Reti. E amico, Napoli, anche di Alfredo Romeo. Di più: socio in affari. Fra le varie imprese controllate da Romeo e da sua moglie Maria Vittoria Parisio Perrotti ce n’è una che si chiama Isvafim spa, a sua volta titolare dell’8,3% di una società (A Casa Aziende Agricole spa) della quale è azionista al 16,7% l’azienda agricola Allevamento del Girasole. La quale fa capo, appunto, ad Antonio Napoli. Ma chi pensa che Romeo abbia limitato a questa amicizia il suo raggio d’azione, per così dire, politico, si sbaglia di grosso. Perché fino allo scorso anno era pure azionista del quotidiano l’Indipendente, a testimonianza della sua altra importante amicizia partenopea, quella con il capogruppo del Pdl alla Camera Italo Bocchino. Mentre sua moglie Maria Vittoria Parisio Perrotti conserva ancora un pacchetto di azioni della Edizioni Dlm Europa: la società che edita Europa, il giornale della Margherita (partito, fra gli altri, anche di Renzo Lusetti). Un pacchetto piccolo, di 195 euro appena. Ma ben più che simbolico, considerando che gli altri azionisti si chiamano Tiziano Treu, Elio Matacena, Andrea Marcucci, Luigi Lusi... Evidentemente non si diventa Romeo senza avere buone relazioni con tutti. E l’elenco dei suoi soci in affari è molto istruttivo. Per esempio, nella stessa società che Romeo ha con il suo amico ex assessore di Bassolino, c’è pure l’ex presidente della Confindustria della Campania Tommaso Iavarone, che un giorno ebbe pubblicamente questa preveggenza: «Il tono della vita politica in Campania non lascia molte speranze in materia di buon governo». Ohibò. Per esempio, nel portafoglio della Isvafim ci sono 50 mila azioni di Nomisma, il centro studi fondato da Romano Prodi. Per non parlare della milanese Hat, Holding All Together. Tutti insieme con Romeo: da Francesco Bellavista Caltagirone all’industriale di Lumezzane Rino Gambari, azionista della Serenissima, all’editore Sergio Giunti, all’imprenditore napoletano Pasquale Graziano, alla famiglia dei Fiore, titolari della Firema, quella del consorzio Trevi che produce i treni dell’Alta velocità. Fino a Giorgio Viganò, immobiliarista milanese che fa parte del comitato scientifico di una rivista: Ideazione, legata a Forza Italia. Sergio Rizzo