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 2008  dicembre 17 Mercoledì calendario

Il debito pubblico italiano – il 104% del Pil e il terzo più grande al mondo – non è tanto come un elefante in salotto quanto come un orco nell’attico

Il debito pubblico italiano – il 104% del Pil e il terzo più grande al mondo – non è tanto come un elefante in salotto quanto come un orco nell’attico. Fa paura, perché si teme che scappi e devasti tutto, non solo in Italia ma anche nel resto dell’area euro. E il 3 dicembre si è sentito un sinistro scricchiolìo della porta dell’attico. stato quando a Maurizio Sacconi, ministro del Welfare del governo Berlusconi, è stato chiesto se stesse litigando con Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, su quanto spendere per le misure di stimolo dell’economia. ”Anch’io sono preoccupato dal debito pubblico, e anch’io temo il rischio di default” ha detto Sacconi negando che ci fosse un conflitto con il collega. Apparentemente inconsapevole dell’effetto delle sue parole, il ministro è andato avanti: ”C’è qualcosa di peggio della recessione, ed è la bancarotta di stato: ipotesi improbabile ma comunque possibile”. Se il Tesoro non sarà in grado di trovare compratori per i suoi bot e btp, ha concluso Sacconi, l’Italia farà la fine dell’Argentina, che ha fatto default nel 2001. Il mercato dei bond statali è diventato più difficile per le nazioni che cercano finanziamento. Molte nazioni, di cui tante con un credit rating molto migliore di quello italiano, hanno bisogno di ottenere denaro. Ma se i rendimenti dei bond italiani salgono, il governo potrebbe dovere pagare ancora più interessi, rischiando di farsi sfuggire di mano il deficit. E se questo accadesse, si eroderebbe ancora di più la fiducia degli investitori, portandoli a esigere rendimenti ancora più alti. Nel clamore che ha seguito le parole di Sacconi, Tremonti ha negato che ci fosse un rischio default. Ma poco dopo lui stesso ha confermato che questo rischio sta crescendo. Ha spiegato a una commissione parlamentare che la minaccia maggiore per le spese pubbliche non sono più le regole di Maastricht che fissano i tetti ai deficit di bilancio, ma i limiti imposti dalle regole di mercato. Difatti gli economisti vedono nell’ampio aumento dello spread tra i bund tedeschi a dieci anni e i corrispondenti bot italiani – salita a 144 punti base dai 38 di maggio – il primo segno di una ”dinamica del debito avversa”. Anche se Brian Coulton di Fitch sottolinea che la differenza riflette la caduta dei bund (dato che gli investitori cercano prodotti ultra sicuri) piuttosto che la crescita dei bot italiani ”dato che quest’ultimi sono allo stesso livello della fine del 2007”.Dal lancio dell’euro i governi italiani hanno fatto in modo di impedire che i rendimenti potessero schizzare in avanti. Anche grazie al passato governo di centrosinistra le finanze pubbliche italiane non sono pià disastrate come qualche anno fa. In primavera Tremonti ha varato attraverso il Parlamento un programma di spesa triennale che prevede tagli pesanti. Ma ci sono due questioni aperte: se riuscirà a tagliare davvero e quanti soldi in meno lo Stato incasserà in tempi di recessione. Sulle tasse non si sa se l’aumento degli incassi dei mesi passati sia solo ciclico o anche strutturale. Sulla recessione si prevede che la crisi sarà minore in Italia rispetto al Regno Unito, ma superiore rispetto alla Francia e alla Germania. Ma il pacchetto anti-recessione di Berlusconi è stato molto modesto (con extra-spese per solo 6 miliardi), e proprio a causa dei 1.575 miliardi di euro di debito pubblico. L’orco è ancora là nell’attico, e finché là rimane è ben incatenato.