Cecilia Zecchinelli, Corriere della Sera 17/12/2008, 17 dicembre 2008
A neanche un mese dagli attacchi du Mumbau, già in cantiere 18 film sul massacro di CECILIA ZECCHINELLI PER IL CORRIERE DELLA SERA DEL 17/12/2008 Va bene che Mumbai-Bombay è la più grande, la più intrigante, certo la più vitale città del subcontinente (e ieri ne ha dato l’ennesima prova: gli hotel Taj e Oberoi, teatro-vittime delle stragi di novembre, hanno annunciato che a giorni riapriranno)
A neanche un mese dagli attacchi du Mumbau, già in cantiere 18 film sul massacro di CECILIA ZECCHINELLI PER IL CORRIERE DELLA SERA DEL 17/12/2008 Va bene che Mumbai-Bombay è la più grande, la più intrigante, certo la più vitale città del subcontinente (e ieri ne ha dato l’ennesima prova: gli hotel Taj e Oberoi, teatro-vittime delle stragi di novembre, hanno annunciato che a giorni riapriranno). Va bene che gli indiani sono «abituati» a bombe e attentati (ormai solo l’Iraq li batte nella macabra classifica per morti del terrorismo), che la loro voglia di voltare pagina è nota e comprensibile. E va bene anche che Bollywood (200 film all’anno) è la più grande industria cinematografica del mondo, negli ultimi tempi soffre come tutti della crisi finanziaria, ed è famosa (nel bene e nel male) per buttarsi sull’attualità. Ma che a poco più di due settimane dagli attacchi costati quasi 180 vittime ci siano già in cantiere una ventina di pellicole sui quei tre giorni da incubo è qualcosa che a molti indiani, perfino negli studios, non va giù. «Taj Terror», «Operation Five Star Mumbai», «26/11 Mumbai Under Terror» sono alcuni dei 18 titoli già depositati all’Associazione dei Produttori Indiani. Il primo, ha fatto sapere la stessa associazione, è stato registrato il 28 novembre, mentre l’assedio ai terroristi asserragliati nei due hotel e in un centro ebraico era ancora in atto. «Certa gente si butta su ogni tragedia per far soldi», ha denunciato il documentarista Anand Patwardhan. Sui media e sui blog molti sono ancora più duri: «I baroni di Bollywood non si fermano davanti a niente – dice Badru Nissa, casalinga ”. La città ha appena cremato e sepolto i suoi morti e loro già vogliono trovarci un profitto». Che gli studios avessero individuato un nuovo filone (o meglio un nuovo episodio nella già collaudata serie di film di terrorismo) lo si era capito subito. Il celebre regista Ram Gopal Varma era stato universalmente accusato di sciacallaggio per la sua visita al Taj, il 30 novembre, con il figlio attore Ritiesh e l’allora primo ministro del Maha-rashtra, Vilasrao Deshmuk, dimessosi quattro giorni dopo. «Pura coincidenza», aveva dichiarato Varma. Ma nemmeno nel mondo del cinema nessuno l’aveva difeso. «Che crede, Varma? Non è un sito turistico », aveva detto l’attore Aashish Chaudhary, ancora sconvolto dalla morte della sorella e del cognato all’Oberoi. «Conoscendo Varma è lecito sospettare che voglia fare un film, è indecente», aveva aggiunto il regista ed (ex?) amico Anurag Kashyap. In realtà, al di là dello scandalo, qualcuno ricorda come molti dei recenti film in hindi sul terrorismo siano stati un trionfo di nazionalismo indù. «Quasi nessuno esplora l’estremismo islamico, mentre propaganda visioni di parte, guarda all’India in bianco e nero», sostiene il regista Piyush Jha. Altri si chiedono invece che senso abbia, commercialmente, inondare gli indiani con nuovo «terrore in technicolor» (titolo sul Hindustan Times): «Non crediamo che la gente avrà lo stomaco per sorbirsi di nuovo quell’orrore: siamo stati tutti incollati tre giorni alle tv, più che sufficiente». E infine c’è chi denuncia la «bancarotta creativa» di Bollywood e del suo star-system: «Le storie davvero belle in India ci sono, i talenti pure – denuncia il critico cinematografico Riyaz Nazish ”. Possibile che la scelta sia solo tra stupidi film miliardari d’amore e quelli sull’attacco al Taj? E’ tempo che Bollywood cambi strada».