Ponzi, da Parma a Little Italy di Mara Monti, Il Sole 24 Ore, 14/12/2008, pag. 5, 14 dicembre 2008
un bancarottiere italiano, emigrato negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso, l’uomo che ha dato il nome al meccanismo delle piramidi finanziarie, società organizzate come catene di S
un bancarottiere italiano, emigrato negli Stati Uniti all’inizio del secolo scorso, l’uomo che ha dato il nome al meccanismo delle piramidi finanziarie, società organizzate come catene di S. Antonio, la cui unica finalità è truffare ignari investitori. Sebbene si tratti di un genere di truffa praticata da secoli, il nome di Ponzi ne è diventato il sinonimo nella tradizione americana. Lo schema del "maestro di Boston", ampiamente utilizzato anche oggi come il caso Madoff insegna, è molto semplice: il denaro versato dagli azionisti non è reinvestito in alcuna impresa, e gli utili vengono pagati utilizzando i versamenti dei successivi acquirenti di nuove azioni. L’intero castello crolla quando le risorse in entrata non riescono più a coprire gli impegni presi. Se Carlo Ponzi avesse depositato il brevetto dello schema che prese il suo nome, i discendenti avrebbero incassato royalties milionarie. Nato a Parma nel 1882, emigrò in Canada nel 1903. La sua natura «truffaldina» non tardò ad emergere e di lì a poco subì una condanna per falsificazione di banconote. Dal Canada, dopo la scarcerazione, arrivò negli Stati Uniti, dove fu nuovamente condannato, ma questa volta per contrabbando. L’anno della svolta è il 1919 quando a Boston escogitò un innovativo meccanismo per arricchirsi velocemente. Sposato con Rose Gnecco, giocatore d’azzardo, Ponzi applicò lo schema piramidiale ai francobolli internazionali prepagati: i "tagliandi internazionali di risposta", creati nel 1906 dai Paesi aderenti all’Unione Postale Universale, venivano acquistati dal mittente di una lettera, in genere gli emigrati negli Stati Uniti, che così pagavano in anticipo il francobollo per la risposta. A quell’epoca il costo della vita in Europa era molto basso e il prezzo d’acquisto di un francobollo equivaleva a un centesimo di dollaro, ma le Poste americane restituivano francobolli locali per un controvalore di sei centesimi. Ponzi fiutò il business, ma anche la truffa. Il progetto prevedeva un investimento in denaro a 90 giorni, con un interesse del 45% sul capitale. Nel giro di pochi mesi furono circa 10mila i cittadini di Boston che gli affidarono risparmi per un valore complessivo di circa 9 milioni e mezzo di dollari, una cifra enorme per quell’epoca. Ma lui non cercò mai di avviare la società. Si limitò ad utilizzare parte del denaro per pagare quanto pattuito ai primi investitori per dare credibilità al business. Il personaggio, con precedenti penali, balzò agli onori delle cronache, diventando perfino un guru della finanza tanto da riuscire a comperare una quota della Hanover Trust Company, una importante banca locale. Ben presto il business si rivelò una truffa. Ponzi, accortosi che le richieste di uscita erano maggiori delle nuove entrate e che la sua piramide stava per crollare, riuscì a distrarre e a utilizzare anche i fondi della Banca della quale era socio. La bolla finanziaria scoppiò nell’agosto del 1920 portandosi dietro un buco di circa 6 milioni di dollari nei confronti dei risparmiatori. Ponzi venne nuovamente arrestato e condannato a 7 anni e mezzo di reclusione per frode postale. Quando uscì di carcere il 14 febbraio 1934, si rifugiò in Florida dove tentò una nuova speculazione questa volta sui terreni edificabili che in realtà erano paludi. Finì i suoi giorni in un ospedale per poveri a Rio de Janerio dove morì nel 1949 completamente povero. In anni recenti, truffatori di varia natura hanno messo in pratica lo schema Ponzi in qualsiasi campo, da quello dei fondi di investimento, alle operazioni a premio, a quello delle proprietà immobiliari, ai contratti di acquisto, alle monete d’oro. Tra i tanti scandali si ricorda quello della Home Stake che si occupava di perforazioni di pozzi petroliferi, ovviamente inesistenti: per ingannare i compratori dei titoli della società, i truffatori arrivarono a dipingere di arancione i tubi per l’irrigazione di una fattoria in California, per farla sembrare un giacimento di petrolio. Quando la compagnia andò in bancarotta, gli ingnari azionisti persero cento milioni di dollari. Nell’elenco dei truffati anche Bob Dylan, Barbra Streisand, Liza Minnelli, Walter Matthau.