Uragano Madoff su Wall Street di Mario Platero, Il Sole 24 Ore, 14/12/2008, pag. 5, 14 dicembre 2008
Ieri c’è stato il terrore delle perdite individuali, il terrore di molti protagonisti del jet set internazionale che con il fallimento Bernard Madoff e il buco da 50 miliardi di dollari hanno perso gran parte delle loro fortune
Ieri c’è stato il terrore delle perdite individuali, il terrore di molti protagonisti del jet set internazionale che con il fallimento Bernard Madoff e il buco da 50 miliardi di dollari hanno perso gran parte delle loro fortune. Oggi, con l’avvicinarsi delle aperture dei mercati di domani, c’è il terrore per l’effetto domino: chi sarà il prossimo fondo a cadere? Come finirà il settore hedge funds sull’onda delle redemption, che dalle prossime ore saranno inevitabili e travolgenti? Che cosa succederà a uno dei più remunerativi business delle banche, quello appunto che serviva gli hedge funds? Dove si andranno a recuperare i soldi perduti? La storia di questo buco colossale, che vale tre volte quello di Parmalat ed è persino più grande del fallimento Lehman insomma, è appena cominciata. Il fondo più a rischio oggi è il Fairfield Greenwich Group, circa 16 miliardi di dollari in gestione, uno dei fondi gestione più conosciuti nel jet set internazionale grazie allo straordinario lavoro di marketing della famiglia Noel. Fairfield aveva investito ben 7,5 miliardi di dollari del suo patrimonio in gestione nel fondo di Madoff, circa la metà della sua dotazione totale. E quando un fondo perde anche il 30% del suo valore, in genere ha il destino segnato. Pare che nel crack subiranno perdite colossali molti protagonisti della comunità ebraica di New York e alcune organizzazioni istituzionali, ad esempio la Yeshiva University, che aveva Madoff fra i suoi consiglieri. Fra gli altri fondi colpiti, in Europa c’è il King Gate, 2,8 miliari di dollari investiti esclusivamente con Madoff, sembra in buona parte in provenienza dall’Italia grazie all’intermediazione di Federico Ceretti e Carlo Grosso da Londra. In America, Ascot Partners, gestito da Ezra Merkin, presidente della ex Gmac, la divisione finanziaria della Gm. Ascot aveva 1,8 miliardi di dollari in gestione, di fatto tutti investiti con Madoff. Ci sono poi il fondo Sterling Equities, di Fred Wilpon, il proprietario dei Mets e quello di Norman Braman, l’ex proprietario della squadra di footbal Eagles di Filadelfia. Il fondo Tremont, che avrebbe investito un miliardo di dollari con Madoff e il Maxam Capital Management. Proprio il Maxam ci dà la dimensione di uno dei più grossi problemi con cui si confronteranno managers e fondi a partire da domani mattina: la richiesta da parte delle autorità di restituire un rimborso che potrebbe essere stato illegale. A novembre, quando le cose erano ancora in apparenza tranquille, Maxam chiede a Madoff la restituzione di 30 milioni di dollari. Madoff paga immediatamente. La sua puntualità nei rimborsi era leggendaria, fino a quando negli ultimi giorni, le richieste di rimborsi non sono salite a 7 miliardi di dollari. A quel punto Madoff si è reso conto che non ce l’avrebbe più fatta e che il suo schema di ripagare i vecchi clienti con i fondi investiti dai nuovi sarebbe saltato. La domanda centrale a questo punto è chiara: Maxam e altre centinaia di investitori che come lui avevano recuperato i fondi prima del fallimento, possono tirare un sospiro di sollievo o dovranno restituire i loro rimborsi? Pare che non ci siano dubbi: chi ha ottenuto rimborsi dopo che Madoff era tecnicamente fallito dovrà quasi certamente restituirli. La legge americana infatti prevede il recupero di fondi erogati da una istituzione finanziaria dopo il fallimento "tecnico" per proteggere egli altri investitori. Se ad esempio un investitore aveva dato 100 milioni a Madoff cinque anni fa, ne ottiene in restituzione oggi circa 200 grazie a un ritorno composto medio del 10% all’anno. In realtà i 100 milioni originari erano stati investiti male e si erano ridotti diciamo a 25 milioni di dollari. Per proteggere la sua immagine e evitare il panico, Madoff continuava a rimborsare i vecchi clienti con i fondi dei nuovi investitori, in coda per avere accesso ai suoi prodotti, leggendari per stabilità dei ritorni, circa il 10% all’anno. Non un ritorno strabiliante dunque, non il 20 il 30% all’anno come riuscivano a fare alcuni fondi hedge prendendo più rischi, ma proprio per questo, per la stabilità e la continuità dei ritorni, il fondo di Madoff sembrava più conservatore e sicuro. Gli investigatori ora dovranno ricostruire il momento preciso del fallimento tecnico di Madoff e riallocare le perdite, andando a chiedere quattrini a chi li aveva incassati ignaro (e felice) magari cinque anni fa. Per questo le ramificazioni di questo fallimento saranno catastrofiche. Si partirà sul piano degli investimenti privati, ma le conseguenze saranno anche sistemiche: chi ha perso i soldi con Madoff e dovrà far fronte a pagamenti avrà due possibilità: dovrà dichiarare fallimento e dovrà prelevare soldi da altri fondi che si troveranno a loro volta in difficoltà. Per questo, e per l’improvvisa paura che oltre al mercato debolissimo vi sia il rischio di truffe, l’intero settore dei fondi hedge, già debole, oggi è ad altissimo rischio sul piano sistemico. Il terzo capitolo che si aprirà domani sarà quello delle cause, e delle vendette personali. Decine di studi legali a New York sono stati mobilitati per procedere con recupero crediti. Ma c’è chi teme anche la vendetta fisica: si dice che molti investitori nei fondi americani che appoggiavano Madoff fossero sudamericani e colombiani in particolare.